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Emma, il tempo e l’ecovillaggio

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La dimensione del tempo è un aspetto molto particolare in molti ecovillaggi. Ho provato a raccontarlo attraverso un fatto realmente accaduto. Quanto riportato non è estendibile a tutte le realtà dei villaggi ecologici ma parla per molte di esse, fornendo uno spaccato di vita comunitaria.
Da alcuni giorni Emma è in visita all’ecovillaggio. Per “staccare” un po’ dalla vita universitaria, aveva deciso che, finiti gli esami, sarebbe partita. Era disposta a spalare letame per giorni, pur di fare questa esperienza. Così, stabilita la data, è salita sui mezzi pubblici ed è arrivata all’ecovillaggio a piedi, lungo una bellissima strada sterrata, irta in mezzo al bosco.
Fin da subito si è accorta che in quel luogo, quelle persone, avevano consuetudini molto diverse da quelle a cui era abituata. Era rimasta colpita, una delle prime sere, da un “cerchio” fatto con gli abitanti della comunità, dove si impiegava il tempo per parlare di come ognuno “stava” in quel momento della sua vita e come “stava andando” nel gruppo, nella vita quotidiana. Bello e bizzarro, pensò.
Questa mattina, Emma ha notato un orologio nell’atrio. È un pannello di legno di recupero, incastonato in una cornice di legno, di un dorato opaco e verde scuro. Una cornice vecchia, evidentemente. Sul pannello, numeri irregolari pirografati, segnano la misura delle ore. Due belle lancette nere e sinuose, sono insolitamente ferme. L’orologio segna mezzogiorno. “È ora che vada a dare una mano in cucina” e dopo essersi cambiata le scarpe, entra in casa.
Nel pomeriggio e poi a sera, le lancette hanno cambiato posizione ma continuano ad essere ferme, in un silenzio che traspira ironia. Emma, piena di curiosità, mentre frigge frittelle con Checca in laboratorio, decide di chiedere spiegazioni. “Che cosa segna l’orologio qui fuori?” “Le ore…” le risponde ammiccando la comunarda “…del turno caldaia. In questa comunità siamo pochi, come hai visto, e non riusciamo a fare turni prestabiliti per garantire il riscaldamento della casa e l’acqua calda per i sanitari. Così abbiamo creato l’orologio in cui segniamo l’ora dell’ultima volta che è stata caricata la caldaia. La legna va messa ad intervalli regolari per cui, chiunque è disponibile, vedendo l’orario, valuta se andare in caldaia o no. Così la responsabilità è condivisa, la casa è calda e non si appesantisce la vita quotidiana con costrizioni convenzionali”.
“Forte!” esclama Emma che, restando in tema, continua “mi colpisce come vivete il senso del tempo qui. Se da un lato siete sempre in movimento, c’è tanto da fare e le ore di lavoro sono incalcolabili, avete una curiosa rilassatezza, una serenità nell’accettare che quello che non è stato fatto oggi, si può fare domani. Il tempo per poter fare le cose… nonostante la sera crolli stanca sul letto, stare qui mi fa sentire in vacanza, ecco. Da quando sono arrivata il tempo si è dilatato: sarà che ho imparato così tanto che quasi mi aspetto di trovare cambiate anche le persone intorno a me”.
Emma fa una pausa, distratta dall’avvolgere i ribelli ricci castani nel foulard. “Ho notato anche che tutti voi vi esprimete con: per ora, per adesso, in questo momento”. Checca, la comunarda, sorride, realizzando forse per la prima volta che si è instaurata trasversalmente una consuetudine, una sorta di “cultura” condivisa nella sua comunità. Consapevole però dei rischi di una comunicazione imprecisa, sente di doverle una spiegazione. “Si, è vero, hai ragione! Lo diciamo. Questo non significa che non abbiamo una progettualità a lunga scadenza o un pensiero lungimirante ma vivendo in comunità, in mezzo alla natura, comprendi velocemente quanto è reale la dinamicità delle situazioni, la precarietà di un equilibrio, la mutevolezza delle relazioni e del contesto. Cominci a non dare più nulla per scontato, non esiste una dimensione fissa, stabile, immutabile. Così presti l’attenzione al momento, al presente, al qui e ora e rimani aperto a quello che la vita ti manda. Adesso andiamo, sennò nel nostro presente, si freddano le frittelle!”.
“In effetti” pensa Emma dopo cena, distesa sul letto mentre aspetta che Orfeo l’accompagni nel mondo dei sogni “tutto è mutevole, tutto diviene, nulla è. Lo diceva anche Eraclito: πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός tutto scorre come un fiume. Che non significa approcciare alla vita con superficialità e menefreghismo, incuria, inerzia o peggio, inettitudine. Esprime cognizione e consapevolezza. Il fil rouge è abbastanza semplice, quasi banale: qui ed ora, faccio ed esprimo il massimo, poi accoglierò ciò che arriva. Tutto più succedere. Questo modo di percepire la temporalità, questa transitorietà, la trovo una grande libertà di scelta: niente è per sempre, le cose hanno valore nel momento in cui le compi e le vivi, e quando non sarà più così muterai insieme ad esse”. E con uno sbadiglio lascia andare l’ultimo pensiero, l’ultimo riflesso della giornata: “Per ora, per adesso”.
Se vuoi saperne di più sull’ecovillaggio citato, vedi la pagina facebook della Torre di mezzo
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