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Fondare un ecovillaggio o un cohousing – parte 4.1

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Prosegue l’articolo a puntate “Fondare un ecovillaggio o un cohousing” in cui sono raccolte osservazioni utili per chi sta pensando di fondare una nuova comunità, che sia ecovillaggio o cohousing, o sperimentare per la prima volta questo stile di vita. A cura di Francesca Guidotti, autrice di Terra Nuova Edizioni ed ex presidente RIVE.
Fondare un ecovillaggio o un cohousing” è un articolo a puntate in cui sto condividendo quelle che ritengo essere osservazioni utili a chi sta pensando di fondare una nuova comunità, che sia ecovillaggio o cohousing, o sperimentare per la prima volta questo stile di vita. Lungi dall’essere esaurienti, gli articoli hanno lo scopo di mostrare a grandi linee alcuni aspetti che hanno in comune tutti i gruppi intenzionali, a prescindere dal proprio “credo” o “forma”.
Nell’ultimo articolo abbiamo iniziato a toccare il tema del “chi decide e come?“. Abbiamo visto che ci possono essere forme di leaderaggio esplicite o implicite, che l’integrazione dei nuovi membri nel processo decisionale è utile se il processo è lento e progressivo, che il denaro non è una discriminante sufficiente per integrare un nuovo membro e che distinguere il tipo di cerchio/riunione – da ora in poi userò indistintamente i due termini attribuendo il medesimo significato – è una buona strategia per non cadere nel caos e quindi nella mancanza di chiarezza che è un innesco potentissimo del conflitto. Ogni cosa a suo tempo e nello spazio giusto, meglio se esplicitata a priori.
In questa seconda parte, vorrei presentare alcuni elementi base di facilitazione delle riunioni che permettono al gruppo, progressivamente, di autogestirsi e autoregolarsi, limitando le “tirannie” di alcuni e la tendenza a delegare di altri.
SENSO E RITMO DELLA RIUNIONE


Se il vostro gruppo non ha l’abitudine di svolgere una riunione a cadenza fissa con un ordine del giorno esplicitato in precedenza, vi invito a farlo subito. La costanza d’incontro è preziosa perché il cerchio è una funzione vitale di una comunità, come mangiare, dormire, respirare lo è per ognuno di noi. La riunione è il cuore che pompa tutta l’energia del gruppo nei suoi obiettivi e alimenta le relazioni.
Il cerchio, di qualunque tipo sia, è lo spazio in cui si “fa” comunità ed è importante esplicitare sempre “perchè siamo qui”. In questo viene in aiuto la creazione di un “Ordine del Giorno – ODG”: una lista di punti di cui si intende discutere. Attenzione, questa lista deve essere credibile! Il fattore tempo è indice di realismo. Non è possibile parlare di 10 argomenti in 10 persone in un’ora! Se vogliamo garantire la partecipazione di ogni presente non possiamo certo dare 6 minuti ad argomento perchè vorrebbe dire dare un tempo di parola per ciascuno di meno di 36 secondi a testa! La credibilità di un ODG è data dalla tempistica esplicitata sul cartellone a fianco di ogni punto che si intende discutere, considerando anche un tempo iniziale di presentazione del punto stesso. E non dimenticate di dare un tempo anche all’apertura della riunione, al feedback finale e alla chiusura.
Se la vostra riunione dura più di un ora inserite nell’ODG anche le pause. La pausa non è solo auspicabile, personalmente la ritengo indispensabile perchè il calo attenzione è fisiologico ed è inutile insistere quando regna la stanchezza. Invito a fare pause di 15 minuti minimo. Nella mia esperienza, quando si dice “ma no! bastano 5 minuti” poi si trasformano comunque in un quarto d’ora. Evitiamo le frustrazioni e diamoci il tempo di cui abbiamo bisogno: riposare la mente ci aiuterà a svolgere più velocemente e con più lucidità i temi successivi.
Prima di presentare un ODG a tutto il gruppo, che ci ricorda “perchè siamo qui” e “cosa” andiamo a fare, e nel migliore dei casi ci dice anche “come” andremo ad affrontare quell’argomento, può essere estremamente utile definire insieme i nostri Accordi di base per la riunione. Questi costituiscono un patto relativo al come vogliamo stare insieme e quali intenti mettiamo e ci impegnamo a rispettare, per questo cerchio. Degli accordi potrebbero prevedere di spengere i cellulari per evitare distrazioni, non parlare o bisbigliare mentre qualcun’altro sta parlando,  esplicitare i “non detti”, non parlare degli assenti, o anche utilizzare un linguaggio in cui il solo soggetto è “io”.
A questo proposito, nelle riunioni la comuncazione gioca un ruolo importante e molte discipline come la comunicazione ecologica, quella empatica o anche quella non-violenta (© M.B. Rosemberg) invitano a porre le proprie osservazioni a partire da quello che “io vedo, io sento, io ho l’impressione che…” rifiutando le generalizzazioni e aiutando la singola persona a prendere contatto con il suo pezzo di verità, che è vero ma non è verità assoluta, ma un pezzo della realtà che è costituita dall’insieme della verità propria e altrui. E posso assicurare che spostare il proprio punto di vista dalla generalizzazione al sé, permette di compiere un passaggio culturale non indifferente che ribalta la nostra vecchia concezione di prendere decisioni insieme.

LA FACILITAZIONE E I RUOLI DEL PROCESSO
Oltre all’ODG, la definizione dei tempi, gli accordi di base e la comunicazione, il processo decisionale partecipativo è sostenuto dall’assegnazione dei ruoli a supporto del processo stesso. Per processo decisionale intendo il percorso che va dall’esplicitazione di un argomento alla presa di decisione. E’ composto da tutto ciò che accade in quel lasso di tempo. È il “come” da “A” siamo arrivati a “B”. E’ l’insieme di sfumature che sono ignorate da chi vuole raggiungere subito il risultato. Sono i passaggi che determinano se una decisione è stata presa realmente in modo partecipativo o no.
La facilitazione è un modo per avere sempre presente in che fase del processo siamo. Per facilitazione intendo la volontà di esplorazione e guida non direttiva di un gruppo, gli strumenti che aiutano a ordinare e far emergere quello che è “vivo” in quel momento, e un ruolo – quello del facilitatore – che è custode e promotore della partecipazione nel processo di tutti i presenti. La facilitazione è usata in moltissimi ecovillaggi e cohousing e può assumere forme diverse in base al bisogno imminente della comunità. A volte sono necessarie facilitazioni tecniche, o per esplorare un argomento, o per creare spirito di gruppo, o per lavorare a livello emotivo-relazionale. In questa sede presento alcuni strumenti di base per gestire le riunioni decisionali.

Il facilitatore è un ruolo di supporto al processo. Viene definito come il “Custode del processo”, a cui non interessano i contenuti ma il processo stesso. Assicura la possibilità di partecipazione di ognuno e fa rispettare gli Accordi di base. Se viene perso il fuoco della discussione, il facilitatore o facilitatrice è lì per stoppare e ritornare al punto. La co-facilitazione, se fatta tra persone capaci di collaborare fra loro è, a mio avviso, è ancora più efficace e sicura. Il facilitatore prepara la riunione mettendo insieme le proposte dei punti dell’ODG, propone gli strumenti da utilizzare, fornisce le informazioni prima e dopo la riunione, propone se nessun altro lo ha fatto, come iniziare e chiudere la riunione – due fasi importantissime: si inizia e si finisce insieme! – magari invitando a fare un minuto di silenzio per “atterrare” in riunione tutti insieme, o cantare una canzone che piace al gruppo o invitare tutti a parlare di “come sto adesso”.

Se non avete mai visto un facilitatore in azione e non vi siete mai confrontati con uno di loro, vi consiglio di farlo prima di proporre la facilitazione al vostro gruppo. Il facilitatore ha un ruolo di aiuto e responsabilità ma anche di potere, come tutti gli altri ruoli, quindi va “indossato” con consapevolezza sennò rischia di scatenare l’effetto contrario.
Tra i ruoli, c’è il Custode del tempo, ovvero colui o colei che aiuta il facilitatore a rispettare i tempi dell’ODG e a segnalare l’inizio e la fine del tempo di parola di ognuno. C’è lo Scriba, che riporta sui cartelloni i punti principali della discussione dando così la possibilità a tutti di avere chiara la visione generale dell’argomento.

C’è il Verbalista che, come suggerisce il nome, scrive il verbale – che non è la trascrizione alla lettera di quello che viene detto da ognuno bensì una raccolta delle informazioni essenziali rispetto all’argomento trattato e le definizioni approvate delle decisioni prese.
C’è il Custode della parola, che raccoglie gli interventi e chiama quelli successivi; se non volete usare questo ruolo, è possibile utilizzare il “Bastone della Parola” che identifica chi parla per il solo fatto di tenerlo in mano, e prosegue di mano in mano per tutta la circonferenza del cerchio in un senso o nell’altro dando ad ognuno la possibilità di parlare. Chi non vuole intervenire è sufficiente che passi il bastone alla persona successiva.
Molti gruppi utilizzano il Custode delle emozioni, ovvero una figura che tiene l’attenzione sull’umore e sull’energia del gruppo, e osserva le proprie sensazioni rispetto alle dinamiche relazionali durante la riunione. Può proporre un momento di silenzio se gli animi si stanno scaldando, o un gioco energizzante se il gruppo è stanco e si sta addormentando. Oppure può dire al gruppo “sento una tensione che non so da dove arriva. Qualcuno di voi la sente? Qualcuno ne riconosce il motivo?”, e così via. Aiuta a far emergere i non detti e a palesare conflitti striscianti di cui prendersi cura immediatamente o rimandare ad un momento dedicato. Questo è un ruolo particolarmente importante perché considera tutto ma proprio tutto ciò che agisce in una riunione, anche l’invisibile che, lo si voglia o no, agisce su di noi e le nostre decisioni. Questo custode permette ad ogni cosa di essere vista e di essere considerata, al momento giusto.
Si potrebbero aggiungere ancora altre figure a supporto del processo e spendere del tempo nel presentare strumenti a supporto della facilitazione ma per adesso ritengo sia sufficiente così. Questi ruoli sono il minimo indispensabile per iniziare a condividere la responsabilità all’interno di un cerchio ed è sano rivestirli a turno.
Se siete arrivati fino a qui, siete pronti per iniziare la vostra riunione e potete farlo utilizzando un metodo partecipativo e consensuale. Ma dovrete aspettare il prossimo articolo perché questi metodi, seppur non intenda darne una descrizione esaustiva che richiederebbe un libro intero, necessitano un articolo dedicato. Alla prossima puntata!
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Sono sempre più numerosi giovani e meno giovani che decidono di andare a vivere in un cohousing o in un ecovillaggio, una scelta dettata non solo da motivi economici (vivere insieme costa decisamente meno), ma anche dal crescente bisogno di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Il panorama delle esperienze comunitarie, in Italia e all’estero, è assai ricco e variegato. Sempre più spesso si riconosce il valore sociale oltre che ambientale del vivere insieme, tanto che anche in Italia sono in crescita le amministrazioni locali che promuovono bandi per l’assegnazione di terreni o edifici destinati al cosiddetto housing sociale; è successo in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e altrove. L’autrice racconta la storia e soprattutto il presente di ecovillaggi e cohousing già attivi in Italia, dei numerosi progetti in via di realizzazione e aperti a nuove adesioni, e delle esperienze internazionali più significative. Quella che emerge è una mappa completa e variegata, utile per chi vuole approfondire una tematica ancora poco conosciuta oppure per chi ha già avviato una riflessione e un percorso, e che nel libro può trovare suggestioni, stimoli e contatti per proseguire il proprio cammino. Scopri di più!

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Cohousing e condomini solidali è un testo dedicato all’abitare in condivisione. Partecipazione, progettazione intenzionale, servizi in comune e gestione diretta da parte dei residenti sono alla base di questa forma di vicinato dove, famiglie, singoli, coppie decidono di condividere alcuni spazi e servizi comuni, mantenendo però la propria casa. Oltre a una vasta panoramica del cohousing in Europa e negli Stati Uniti, in cui vengono riportate le testimonianze dirette di chi ci vive, nel testo si trovano preziosi suggerimenti su come avviare il proprio progetto, dalla gestione dei conflitti alla scelta dei materiali, dalla cura dei bambini alla gestione dello spazio esterno. A chiudere il libro un’analisi delle esperienze europee fino al promettente panorama italiano. Scopri di più!

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Beatrice Briggs, tra le più rinomate facilitatrici in ambito internazionale, è l’autrice di Guida pratica a facilitazione e metodo del consenso, uno strumento per chiunque voglia sperimentare un metodo decisionale più inclusivo e rispettoso delle opinioni di tutti.  A fronte della crisi della democrazia maggioritaria il metodo del consenso trova sempre maggiori seguaci, per facilitare i processi decisionali all’interno del lavoro di gruppo e uscire dalla logica della leadership e accogliere e comprendere tutte le voci coinvolte. Guida pratica a facilitazione e metodo del consenso offre suggerimenti pratici, procedure, strumenti e tempi per raggiungere la soluzione finale con descrizione dettagliata sui ruoli fondamentali e schede precompilate per organizzare al meglio verbali e ordini del giorno. Continua a leggere…

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