Il cohousing e il riuso degli spazi in Trentino
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Nel documento, consultabile cliccando qui il cohousing viene inserito “nel contesto della pratiche resilienti di sostenibilità e collaborazione civica e si presta ad essere esempio di innovazione sia sul piano delle politiche pubbliche che su quello delle logiche economiche”. Con una disarmante chiarezza, vi si delineano le caratteristiche del cohousing come risorsa per il prossimo futuro, considerando che “il Trentino è un territorio in cui tradizione e innovazione si mescolano costantemente, facendo di esso un laboratorio di sperimentazione apprezzato a livello europeo e globale. In questo quadro, la pratica del co-housing attualizza due caratteristiche centrali della tradizione trentina, cooperazione e cura per il territorio, nel contemporaneo contesto socio-economico, caratterizzato dalla trasformazione dei bisogni sociali di base, la casa e le relazioni di vicinato in particolare”.
Il Comune di Trento si schiera senza mezzi termini a favore dell’abitare collaborativo e alla possibilità di riutilizzo di beni immobili per la collettività. E’ sceso in prima linea per “avviare il censimento degli immobili del patrimonio comunale attualmente non utilizzati che possono essere destinati al riuso come unità abitative” e per “prevedere nell’elaborazione del nuovo Piano Regolatore Generale (P.R.G.) un’azione specifica dedicata alle residenze solidali ed alla coabitazione, che favorisca – tramite sgravi, incentivi diretti e/o indiretti – il recupero del patrimonio edilizio privato”.
Nel resoconto di Giancarlo Sciascia, della redazione della Fondazione Bruno Kessler si legge: “sono state raccontate le esperienze locali già in essere e le sensibilità che costituiscono terreno fertile per sperimentare e innovare l’abitare collaborativo nel territorio” grazie all’intervento di Carmen Noldin (Comunità della Val di Non), Paola Andrighettoni (Comune di Trento) e Cinzia Boniatti ed Enrico Bramerini ( Cohousing Trentino 2WEL). “La seconda sessione è stata dedicata alla definizione delle questioni prioritarie: spazi, politiche e pratiche. Tre le voci autorevoli in ambito nazionale intervenute: Flaviano Zandonai ( Euricse), Giovanni Campagnoli (autore di Riusiamo l’Italia) e Tommaso Dal Bosco ( IFEL Fondazione ANCI). Nella terza parte, dedicata alle soluzioni possibili, sono state offerte alcune indicazioni per la sostenibilità sociale, ambientale ed economica dell’abitare collaborativo (a cura di Francesco Premi, Habitech, e Francesco Pisanu, Fondazione Franco Demarchi)”. Una conferenza a tutto tondo, in cui il tema è stato profondamente indagato e sviscerato. Anche l’aspetto solitamente meno considerato dall’amministrazione e dai “professionisti” legati alla filiera dell’abitare collaborativo, è emerso con forza nel convegno: “la centralità della costruzione di comunità, cui segue la co-progettazione del “condi-vivere” e l’importanza del ruolo dei facilitatori esperti nell’affiancamento di gruppi sia nel percorso di creazione che di manutenzione della comunità nel lungo periodo. E’ infatti fondamentale apprendere le competenze sociali per il “ben-vivere-insieme”, compresa la gestione degli eventuali conflitti”.
Non mi stancherò mai di dirlo, non c’è muro in bioedilizia o pannello solare che possano fare la differenza o continuare ad esistere se non c’è la comunità. E gli amici di Trento, questo, dimostrano di averlo compreso.
Con l’augurio di una prossima realizzazione, ringrazio a nome di tutta la redazione di Terra Nuova a coloro che, passo dopo passo, hanno creato le condizioni affinchè tutto questo si potesse realizzare.