Vai al contenuto della pagina

Il cuore e la storia (3): i primi cerchi, tra hippy e anni di piombo

homepage h2

Continuiamo a raccontare il percorso del progetto Orosia, con i passi della memoria soggettiva, ma anche con i riferimenti a contesti, voci, figure culturali che hanno ispirato quella generazione: anni ’70.
E’ sul filo dell’utopia che inizia, nei primi anni ‘80, il cammino di un gruppo di giovani. A cura di Susanna Cielo.
Il cuore e la storia (3): i primi cerchi, tra hippy e anni di piombo
Sono Bernardo (Ber), Samuele (Sam), Elettra (Ele), Marianna (Mery). Con loro c’è anche una coppia (i Set) orgogliosa di essere coppia di ferro da anni. Utopia come stella cometa. La loro è una utopia non di grandi di società, collettività ideali, ma di un piccolo luogo dove abitare e coltivare pensieri e progetti per un mondo migliore: una casa comune in campagna dove chi condivide idee, valori, sogni possa trovare spazio per il loro sviluppo. Inizia l’avventura di “una comunità intenzionale”, la chiameremmo oggi.
A quei tempi non è così semplice trovare una cascina in affitto. Sono tempi storici complicati. Da una parte c’è in Italia il fermento culturale delle rivoluzioni del costume, delle conquiste dei diritti civili. Ricordiamo di quegli anni alcune leggi importanti per i diritti: la 180 per la chiusura dei manicomi, la 833 con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, la Legge per lo Statuto dei Lavoratori, sul Divorzio, sul Diritto di Famiglia. Dall’altra sono gli anni tragici del terrorismo, i cosiddetti anni di piombo. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, l’Italia è travolta da un’ondata di violenza politica e terrorismo da parte organizzazioni extraparlamentari di sinistra e da gruppi di destra, che si contrappongono a quelli di estrema sinistra nella lotta politica: dalla strage di Piazza Fontana, da parte della destra al rapimento e l’omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978 a tanti altri di terrorismo contro lo Stato e le istituzioni.
L’Italia è spaventata e l’immaginario collettivo è invaso dalla paura e da clima di sospetto, tanto più per giovani che si aggregano, che cercano alloggiamenti isolati o come i nostri giovani che si spostano in campagna alla ricerca di una cascina. E se non sono terroristi, c’è diffidenza per giovani che desiderano vivere nella natura: sono Hippy, “figli dei fiori”, appartenenti a quel movimento di controcultura giovanile iniziato negli Stati Uniti e presto diffuso in Europa e altrove. Controcultura fatta di rock psichedelico, rivoluzione sessuale, uso di droghe per esplorare e allargare lo stato di coscienza, ricerca della totale libertà, ma anche di slogan quali “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” e “Fate l’amore, non la guerra”. In quegli anni in Italia si formano numerose comunità Hippy, considerate spesso dall’opinione pubblica gruppi di drogati, vagabondi e nullafacenti.
I nostri giovani in realtà sembrano più usciti da oratori e scoutismo (vero per alcuni), ma il clima di sospetto non risparmiava nessuno. E così all’inizio i nostri si accontentano di abitare in una mansarda, normalmente affittata per ferie, ai margini del paese, modesta e bassa, ma sufficiente per insediarsi sul territorio, sviluppare le proprie strade professionali (medicina, insegnamento) e imparare coltivare la terra. In realtà candidato contadino è solo Bernardo che gira in cerca di lavoro agricolo nelle cascine intorno. Ne impara i segreti, e si cimenta subito con un orto per la comunità. Con la sua socievolezza conquista la gente del paese e presto lo vedi in tutte le saghe del paese a far festa e a danzare i balli paesani in costume. E mentre il Ber torna la sera inzaccherato e profumato di mucca, nella piccola cucina la Mery la vedi ogni sera a stirare con puntiglio il suo camice bianco, lindo e pronto per il lavoro in ospedale al mattino. Ele, oltre che dei suoi studi inizia a occuparsi in paese del dopo scuola per i bambini e con loro organizza spettacoli teatrali che emozionano le famiglie, con il sommo divertimento dei piccoli. Così oltre l’orto coltivano con il tempo anche fiducia ed un buon rapporto con il paese e presto i nostri giovani riescono ad affittare una casetta tutta loro.
Siamo ai primi anni ‘80. Sono anni in cui la “casetta nel bosco” diventa casa condivisa e abitata, attraversata da amici e idee. Nella casetta i lavori domestici sono gestiti dalla buona volontà e quando non c’è, da turni programmati scarsamente rispettati, ma cresce il confronto sul progetto di “comunità intenzionale”. Nei weekend ci sono “cerchi di confronto” con amici e amiche che vanno a trovarli. I “Cerchi di confronto” sono incontri, feste, spettacolini in cui ci si racconta, interroga con informazioni, riflessioni e progetti. Sono parole, ma ogni volta si cambia un po’. E con la bella stagione il “cerchio” è nei prati, nei boschi, vicino al torrente. Si finisce la giornata con la cena insieme ed un arrivederci.  Quel far festa insieme è come il “cerchio sacro” degli antichi, come simbolo di un luogo- tempo in cui si concentrano le energie materiali e spirituali, luogo cerimoniale per “celebrare” incontri che mettono in campo il vivere ed il come vivere. Il “cerchio sacro” degli amici veglia e favorisce la crescita del gruppo, ma non solo il “cerchio”. La natura è la grande madre e casa della piccola comunità. Albe e tramonti mai visti segnano il ritmo dei giorni.
In Inverno il tempo e le stelle passeggiano sulla casetta nel bosco con l’aria, la neve, il silenzio. La Primavera scalda la terra, che si apre al verde, all’odore intenso di fumo dei camini ed il rintocco delle campane. Nell’estate, di notte, la luna è regina assoluta del buio stellato. In Autunno gli alberi della valle ricamano la terra con tappeti multicolori di foglie.Con tutta questa meraviglia le stagioni accompagnano l’utopia, i “cerchi”, il primo cimento nel lavoro e nella professione dei nostri giovani.
Li forgiano alla gratitudine per la vita ed in un legame che è amicizia, solidarietà e vicinanza. Sullo sfondo campeggiano le storie delle proprie famiglie di origine e gli amori, dimensioni che progressivamente si rendono più visibili e presenti in modo armonioso, o conflittuale, o ingombrante in quell’orizzonte di vita sognata. E così i nostri giovani iniziano a capire che per mandare avanti la loro piccola comunità i conti da fare non sono solo quelli lavorativi ed economici, ma anche con i legami familiari e i legami amorosi che tessono i loro fili nel disegno del gruppo
Qui le cose si fanno più difficili.

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!