Nel centenario nella nascita del sacerdote della scuola di Barbiana, ripercorriamo il suo pensiero ‘scomodo’ e l’influenza che ha avuto sulla nascita del progetto Orosia, comunità sorta tra anni ‘70 e ‘80, tutt’ora esistente. Tanti NO, all’esclusione, alla guerra, diventati dei SI grazie anche a lui. A cura di: Susanna Cielo.
Da poco si è festeggiato il centenario della nascita di Don Milani, (1913 – 1967), sacerdote, scrittore, docente ed educatore cattolico italiano. Vogliamo ricordare che Barbiana, piccola scuola da lui fondata a Vicchio nel Mugello, (FI), è stata un esperimento rivoluzionario che anticipa alcuni principi della pedagogia moderna. I suoi scritti ed il suo esempio come maestro diventano un manifesto della contestazione studentesca del 1968, in un dibattito centrale sulla scuola ed i modelli educativi.
Inevitabile l’incontro dei giovani di Orosia a fine anni ‘70 con il pensiero di Don Milani, per la loro attività di doposcuola in quartieri emarginati di Torino. Don Milani è da subito formazione per lo stile di vita che cercano, e il destino li porta proprio da quelle parti. Nel ‘79 i nostri giovani hanno fatto la loro scelta e si preparano ad andare a vivere insieme, in campagna. In un giro di perlustrazione arrivano in piccolo borgo di case diroccate vicino a Calenzano. Non c’è ancora nulla, solo un grande camino in una grande casa diroccata e un gruppo di persone che intende ricostruirle. Si dorme per terra in un inizio di autunno mite.
I giovani Orosia si fermano lì perché scoprono che tra quelle persone c’è chi arriva dalla scuola di Barbiana e ha avuto come maestro Don Milani, proprio quel Don Milani, quel loro mito. Per loro è garanzia di aver trovato una buona bussola. Quei giorni oggi sono impressi nella memoria come la magia di un altro mondo. Forse troppa magia per il nostro piccolo gruppo che arriva dal Piemonte, con le colline di Cesare Pavese, una terra che parla sempre un po’ sottovoce e malinconica. Così i nostri tornano in Piemonte. Ma anche se non ci siamo fermati nella sua terra, Don Milani è riferimento per idee che ancora oggi danno forza e senso alla vita di Orosia.
Lorenzo Milani da subito è un prete “scomodo” per la Chiesa: al suo primo incarico di cappellano a San Donato di Calenzano apre la sua prima scuola popolare, gratuita per operai e contadini. E da prete scomodo viene traferito a Barbiana, a Vicchio del Mugello. Alla scuola arrivano i bambini dei casolari dispersi attorno a Barbiana: una dozzina, quasi tutti provenienti da famiglie analfabete o semi-analfabete. Il tempo-scuola dura dall’alba al tramonto e non ci sono feste. I ragazzi per giungervi compiono chilometri, tra i campi, a piedi. Lì si pratica la tecnica della scrittura collettiva, si leggono e discutono i quotidiani, si organizzano conferenze ed incontri con sindacalisti, politici e intellettuali.
Due libri di Don Milani campeggiano nella libreria di Orosia e oggi, forse ancora di più, condensano posizioni che per molti di Orosia hanno segnato il cammino.
“Lettera ad una professoressa” è scritto con i ragazzi di Barbiana in seguito alla bocciatura di due studenti. E’ un’accusa del sistema scolastico italiano, che amplifica il divario fra ricchi e poveri, perché premia i figli della borghesia, respingendo i più poveri.
L’altro è “L’obbedienza non è più una virtù”. Nel 1965 don Milani scrive una lettera aperta di accusa ad un gruppo di cappellani militari che in un loro comunicato ufficiale avevano definito “… un insulto alla patria ed ai suoi caduti la cosiddetta – obiezione di coscienza- che estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà…” È un piccolo manifesto contro il potere e la servitù della mente e del cuore, in nome della libertà e delle responsabilità individuali. Certa disobbedienza è consentita perché c’è una legge che ancora non è scritta nei codici, ma è impressa nel cuore: la “legge di Dio” o “legge della coscienza”. A più di 40 anni dalla loro pubblicazione, gli scritti che formano il libro interrogano con forza ed estrema attualità le coscienze, alla luce di alcuni articoli della Costituzione considerati disattesi. A causa di queste posizioni, Don Milani viene rinviato a giudizio per “apologia di reato”. Al processo, non potendo essere presente perché malato, invia una lettera ai giudici difendendo le sue idee e affermando che… doveva ben insegnare come un cittadino reagisce all’ingiustizia…. La sentenza sarà di condanna nell’ottobre del 1967, quando Don Milani è morto da quattro mesi.
Per Orosia questi testi sono importanti anche per tutto il cammino che le donne hanno compiuto e compiono nella loro “emancipazione”, e così per altre lotte di civiltà nella vita e nel lavoro.
Forse l’insegnamento più grande per Orosia e per chi cerca modi nuovi e diversi di abitare il mondo è questa sua rigorosa e continua ricerca, anche con modi che sembrano sorpassati perché sono di quegli anni, per l’essere e diventare non persona ribelle, ma persona libera.
L’altro grande insegnamento è che tutti quei suoi NO, come commenta Don Luigi Ciotti, sono poi sempre diventati dei SI: ad un modo concreto di fare le cose, vivere le relazioni e costruire realtà diverse.