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La Bolina, Spagna: integrazione, sostenibilità e rigenerazione

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Il progetto La Bolina, a Granada in Spagna, è un vero e proprio centro di sostenibilità ambientale ed umana: con i suoi programmi di formazione per migranti e rifugiati, l’applicazione dell’agroecologia e della Permacultura è un esempio virtuoso di presidio territoriale e integrazione interculturale.
Nata nel 2016 da un gruppo di giovani provenienti da vari Paesi del mondo, La Bolina è un virtuoso esempio di integrazione e biodiversità sito nella Valle de Lecrin vicino Granada, in Spagna. Un progetto che mira a sostenere i migranti e i rifugiati nell’inserimento territoriale e lavorativo attraverso progetti di agricoltura ispirata alla Permacultura e ai principi dell’agroecologia. Non solo, l’integrazione passa anche attraverso il rifornimento di prodotti ad una rete di acquisto solidale e un supermercato ecologico oltre ad attività di teatro e corsi di formazione per immigrati. Ne parliamo con Regina Valenzano, socia della Rete italiana villaggi ecologici, che ha appena concluso il tirocinio universitario presso l’associazione La Bolina.
 

“Con La Bolina tutto è cominciato sei mesi fa” racconta Regina “precisamente il 12 febbraio 2018, quando mi sono trasferita a Saleres, minuscolo paesino nei pressi di Granada, per svolgere il tirocinio curriculare necessario per poi laurearmi in Sviluppo Territoriale Sostenibile. La Bolina è un’organizzazione giovane e dinamica supportata da un eclettico team di persone appassionate e premurose che, attraverso valori come amicizia radicale ed un costante impegno, stanno lavorando per portare un cambiamento positivo a livello sociale ed ambientale. Tuttavia, chi ha avuto il privilegio di entrare a contatto con questo mondo, sa che è molto di più. Infatti, La Bolina è un uragano di idee che si concretizzano con l’obiettivo di rigenerare l’ecosistema e l’economia locale, così come le vite dei partecipanti al progetto. Da tornei di calcio a corsi di agroecologia e permacultura, passando per il teatro, le mozioni proposte e poi approvate dalle giunte regionali, i ristoranti pop-up e la produzione di marmellate. I migranti e la gente locale si uniscono per co-creare nuovi modi di vivere e stare insieme, sostenibili in ogni aspetto”.
 

La “visione” de La Bolina infatti, aspira a generare una rivoluzione multiculturale, dinamica ed ecologica nella zona rurale in cui il progetto ha sede, che abbia la capacità di creare nuovi mezzi di sussistenza sostenibili per residenti e nuovi arrivati, in particolare rifugiati e migranti, dando particolare attenzione alla rigenerazione della Terra e la valorizzazione della diversità culturale.
L’impegno del gruppo è volto a creare soluzioni positive sostenibili per i problemi della vita reale, in particolare lo spopolamento dei villaggi rurali, il degrado della terra, l’elevata disoccupazione locale e le esigenze di base non soddisfatte dei migranti e dei rifugiati. Per questo La Bolina si occupa anche di corsi di formazione e supporta i suoi associati nello sviluppo di microimprese, cooperative abitative e puntano a trasformare i problemi multidimensionali in opportunità concrete. Non solo, a livello normativo stanno facendo pressioni e presentando mozioni al Consiglio regionale affichè venga messa sempre più attenzione verso temi a loro cari, come lo sviluppo rurale e l’integrazione.

Chiedo a Regina che cosa le abbia lasciato questa esperienza, se ciò che viene definito “integrazione” è palpabile e concreta oppure in via di sviluppo: “Per quanto mi riguarda” risponde “oltre ad aver conseguito i miei obiettivi personali, termino questo tirocinio con una consapevolezza inaspettata, dovuta ad un cambio paradigmatico. Ero solita credere che l’essere “me stessa” non fosse altro che una raccolta di narrazioni, una pergamena di incontri intrecciati in specifiche dinamiche contestuali, per cui fosse sufficiente viaggiare, incontrarsi, condividere ed essere esposti all’alterità per sfidare i confini, sia quelli del pensiero e del comportamento e quindi culturali, sia nei confini geograficamente stabiliti. Ero solita proteggermi nel comfort della “cultura della cortesia” occidentale come un modo per evitare scontri che avrebbero potuto rivelare aspetti di me stessa che avevo paura di affrontare, storie di privilegio, di potere e di appropriazione. Questo stage mi ha insegnato come affrontare le mie contraddizioni e le controversie in modo onesto, consentendo una autodeterminazione più sfumata e dimensionale, che alla fine ha portato a essere in grado di creare lo spazio sufficiente per un dialogo significativo, per davvero co-creare me stessa nella relazione con gli altri, arricchendomi grazie alla diversità delle nostre identità e non intrappolandomi in esse”.
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Scritto a quattro mani da Reny Mia Slay e Bill Mollison, Introduzione alla Permacultura ha fatto conoscere in tutto il mondo l’arte di coniugare i saperi di discipline diverse (agricoltura naturale, orto sinergico, bioarchitettura, climatologia, economia, botanica, selvicoltura, ecologia) per progettare in armonia con la natura.
Insieme alla filosofia di vita, sistema di progettazione e proposta di soluzioni pratiche per un mondo ecosostenibile, la permacultura si fonda sui principi messi a punto dall’autore dopo lunghe, accurate e approfondite osservazioni della natura e dei suoi cicli. Al centro di questa nuova disciplina, decisamente non dogmatica, troviamo una sola regola: “assumersi la responsabilità delle proprie scelte”.
La permacultura può essere presentata anche come l’arte di tessere relazioni utili ed esaltare sinergie esistenti tra gli elementi naturali, risorse e attività umane con l’intento di contribuire alla creazione di una società ecosostenibile in grado di apprendere dalla natura a valorizzare la biodiversità. Continua a leggere…

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