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La reciprocità in famiglia, comunità, ecovillaggio

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Vi proponiamo un articolo di Marco Fortunato abitante di Tempo di Vivere, un ecovillaggio in provincia di Modena. Un punto di vista personale sul rapporto di reciprocità all’interno della comunità. Un tema centrale della relazione, tanto necessario quanto delicato. 
“Per quanto un filo possa essere resistente, le sue capacità sono nulle di fronte a quelle di un tessuto” (cit.)
Cos’è la reciprocità?
Dopo aver scritto sull’ unicità, come caratteristica e condizione dell’essere unico, credo che la reciprocità sia il luogo in cui ogni unicità si incontra.
La reciprocità è un luogo creato dalle unicità.
Se penso alla reciprocità penso a tutto ciò che ho imparato durante i nostri cerchi di condivisione a Tempo di Vivere. La reciprocità la interpreto come un tessere, come un atto volontario proveniente, spontaneamente, da più parti e che si intreccia insieme ad altri atti, in un tessuto emozionale. La reciprocità è fatta di intenzione!
Mi ha particolarmente affascinato l’etimo di questa parola, dal latino tardo recus-procus che sta a significare un movimento di direzione di andata (re-cus) ed un movimento di ritorno (pro-cus).
Quindi un rapporto di movimento che va e che torna. La cosa più affascinate è che questa parola in questo significato di andata-ritorno veniva usata per descrivere il movimento delle onde del mare.
Fondamentale per la reciprocità è il riconoscimento di me e del mio valore.
Posso immaginare tanti modi in cui questo può accadere ma solo uno, credo, sia quel modo sano di dare e ricevere ed è quello del riconoscimento di me con lo stesso valore che do all’altro. Una bassa stima del mio valore mi porterà in dis-equilibrio nei confronti dell’altro, lo stesso vale per una alta stima del mio valore a scapito degli altri: la reciprocità è fatta di egual valore. In un rapporto di equa reciprocità, riconosco le mie caratteristiche ed i miei tempi, riconosco me (quindi l’altro) a prescindere, riconosco un valore intrinseco e me e all’altro, un valore che è la mia unicità, ed è quella, la mia unicità che arricchisce gli altri ed è l’unicità degli altri che arricchirà me. In questo senso, chiunque può arricchirci, chiunque può portarci ricchezza perché nell’essere se stessi, tutti apportiamo ricchezza.
Quale ricchezza possiamo portare agli altri?
A volte è difficile vedere la ricchezza che ci arriva da chi ci sta di fronte. A volte è difficile, molto difficile. L’umiltà è fondamentale per recepire la ricchezza altrui. Quando le mie barriere sono sollevate, quando mi arrocco nel mio paradigma, la ricchezza dell’altro mi appare qualcosa che mi espropria. In quelle situazioni è dura vedere chi mi sta di fronte come una fonte di ricchezza, piuttosto recepisco attacchi, recepisco imposizione, senza vedere che la grande, immensa ricchezza che mi viene offerta da chi mi vuole davvero bene ed ha scelto di vivere con me, altro non è ciò che ignoro di me. La ricchezza che ci arriva dagli altri è il rimando di me stesso, è lo specchio che mi mette di fronte ai miei “limiti”, ai limiti che io stesso decido di darmi e nei quali mi sento in trappola. Nulla è più pericoloso di qualcuno che si sente in trappola, perché in quella condizione (che è tutta creata dalle nostre mappe limitate e limitanti) siamo in posizione di difesa e quindi di attacco, siamo in posizione di dipendenza da ciò che l’altro può portare, da ciò che l’altro può dire.
La ricchezza che ci porta chi ci sta di fronte è tutta in noi, questa ritengo sia la reciprocità, quel movimento di dare avere incondizionato, basato solidamente sulla fiducia e sull’amore verso chi abbiamo scelto.
Se mi apro alla ricchezza che l’altro mi porta, mi apro alla possibilità di liberarmi dai miei limiti, dai recinti che mi sono costruito, questo posso farlo solo nell’accettazione totale dell’altro come essere capace di aiutarmi, (fiducia) e nell’accettazione di me come persona che può sbagliare.
La più grande lezione di reciprocità la sto ricevendo in questi giorni da mia figlia Daria di dodici anni, ogni giorno mi specchio in lei, vedo in lei tutto ciò che ho “costruito” fin ora, vedo tutti i limiti di ciò che ho fatto, pur nella piena consapevolezza che ciò che ho fatto per lei, l’ho fatto con tutti i mezzi in quel momento a disposizione. Daria è appena entrata nell’adolescenza e per me è stato come rimettere tutto in discussione. Mi rendo conto che per aiutarla in questo momento di transizione, ho bisogno di aiutarmi, per guidarla, ho bisogno di conoscermi, e solo ora mi rendo conto di quanto poco fin ora mi conoscessi. Tutto ciò che mi rimanda è per me un’occasione di crescita e di cambiamento. E’ per me un faro che mi illumina su tutto ciò che devo fare nei mei confronti, per consentirmi di aiutarla e guidarla, solo quando avrò raggiunto una sufficiente conoscenza di me, potrò allora permettermi di aiutare nella crescita mia figlia. Questo è ciò che ho imparato. Questo è ciò che sto imparando, e ringrazio ogni giorno me stesso, per darmi la possibilità di dedicarmi questo tempo, questo tempo di vivere!
Clicca qui per leggere altri articoli del Blog di Marco Fortunato  o del Blog di Tempo di Vivere

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