Si è da poco concluso l’appuntamento estivo della RIVE. Quest’anno non un raduno, ma un incontro atipico, ristretto e intimo, nel quale i soci hanno avuto modo di riavvicinarsi dopo un lungo periodo di distanza, confrontarsi e tessere assieme il futuro che verrà.
Siamo a Gaia Terra, l’ex fornace industriale che grazie al sogno di una danzaterapista, Debora Sbaiz, e ai suoi compagni di viaggio è diventata un luogo di riqualificazione ecologica e la dimora di un ecovillaggio.
Era qui che nel 2020 doveva tenersi il consueto raduno estivo della Rete Italiana Villaggi Ecologici, annullato a causa dell’emergenza sanitaria, ed è proprio qui che pochi giorni fa la RIVE si ritrovata per dar modo ai soci di riavvicinarsi fra di loro e all’associazione dopo un lungo periodo di distanza, fisica e dunque anche un po’ emotiva e relazionale.
Se il raduno estivo era solitamente un momento di apertura, una perfetta occasione per raccontarsi all’esterno, quest’anno l’incontro è stato dedicato ai soli soci, assumendo connotazioni e forme un po’ diverse dal solito. Una scelta, questa, dettata tanto dal desiderio di ritrovarsi e di favorire un confronto più intimo, quanto dalla volontà di fornire la possibilità di partecipare in sicurezza.
Durante l’incontro le comunità presenti si sono raccontate in modo simbolico, spesso auto ironico, evocando immagini e situazioni chiave della loro vita comunitaria e del loro percorso di vita collettivo, attingendo al teatro, alla mimica, alla metafora. La scarsità di partecipanti, che normalmente avrebbe reso difficile una messa in scena, è stata compensata con creatività dall’invito a “prendere a prestito”, durante le proprie rappresentazioni, membri di altri gruppi.
Quel “prendere a prestito”, oltre a rendere possibile la presentazione, ha poi assunto delle connotazioni simboliche, diventando una metafora dell’importanza che rivestono le persone esterne alla comunità, come i membri di altre comunità e i volontari, per la vita degli ecovillaggi. La stessa nascita della RIVE, dopotutto, è frutto del desiderio delle comunità di confrontarsi e sostenersi a vicenda. Nel tempo, inoltre, i soci sostenitori mossi dalla volontà di supportare gli ecovillaggi e i volontari hanno assunto un ruolo sempre più prezioso.
Una riflessione, questa, portata anche dal gruppo VERI – Volontari negli Ecovillaggi della Rete Italiana – che ha evidenziato come le esperienze di volontariato lasciano una fragranza, un profumo duraturo, tanto nella vita dei volontari che delle comunità che li ospitano.
L’incontro è stato costellato da preziosi momenti di riflessione e di confronto, stimolati da domande generative e supportati da vari strumenti e forme di facilitazione.
In particolare, la prima parte del raduno ha visto i soci interrogarsi sul futuro desiderato per l’associazione. “Preferiamo crescere come volume di attività, di risorse impiegate e di impatto o ridimensionare le attività, riconnetterci con i valori originari di supporto agli ecovillaggi e d’instaurazione di reti amicali fra i loro membri?” E ancora, “preferiamo mantenere le fondamenta delle nostre attività su base volontaria o riteniamo che sia giunto il momento di retribuire il lavoro svolto nell’associazione?”
Per meglio esplorare il tema dell’economia, sia ponendo attenzione ai vissuti personali e alle emozioni coinvolte, sia indagando le modalità e le strategie economiche virtuose già messe in atto da altre realtà, o ancora individuando nuovi modelli e strategie, è nato un gruppo di lavoro cosiddetto “X”.
Altro tema che ha fortemente caratterizzato l’incontro è stata la discussione in merito all’identità, tanto interna quanto esterna, degli ecovillaggi.
“Come veniamo percepiti dall’esterno? Come ci percepiamo noi dall’interno? Ci sentiamo ancora comodi nelle definizioni che abbiamo fino ad oggi adottato?”
A partire da tali quesiti sono molti gli spunti emersi a partire dai membri delle comunità e dai soci. Dall’importanza di armonizzarsi con le comunità locali e di svolgere delle azioni sociali sul territorio, all’utilità di un riconoscimento legale, affinché le persone e le istituzioni possano più facilmente identificarci e collocarci.
Dal velo di diffidenza che talvolta aleggia attorno alle comunità, alla loro mitizzazione e idealizzazione – che in entrambi i casi rivela una difficoltà di fondo nel restituire un’immagine aderente alla realtà dell’esperienza di vita comunitaria, che è spesso tanto ricca quanto complessa, stimolante quanto stancante, talvolta bella e altre volte difficile come ogni vita. Da qui l’intuizione che forse ogni realtà è un po’ un ecovillaggio in costruzione, ognuna in cammino verso il futuro migliore che in quel momento riesce ad immaginare.