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La RIVE e gli Ecovillaggi, fucine di cambiamento

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“Si tratta, per dirla col sociologo Diani, di un movimento prefigurativo di transizione, ovvero un movimento sociale che promuove il cambiamento attraverso l’esempio. Non sono previste lotte né conflitti, né atti di disobbedienza civile o manifestazioni, bensì la realizzazione concreta di spazi di realtà in cui ciò che si vuole di diverso è concretamente portato in essere”.
Un reportage di un osservatrice esterna all’ultimo raduno RIVE.
La RIVE e gli Ecovillaggi, fucine di cambiamento
Immagina un luogo in cui chi vi lavora lo fa con amore e passione, per creare un sogno più grande. Forse non è troppo difficile da pensare, realtà del genere si possono ancora incontrare. Immagina un contesto in cui si lavora nel rispetto dell’ambiente naturale circostante, trovando le soluzioni meno impattanti per insediarsi. Comincia ad essere già più difficile pensarlo. Immagina un contesto in cui si da lo stesso spazio, cura e attenzione sia al lavoro che alla relazione; coordinatori che ritengono importante dedicarsi quotidianamente ad attività di costruzione del team e a collaboratori che si ringraziano sinceramente per il lavoro svolto. Questo diventa davvero più complesso da credere, non è vero?
Al raduno RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) l’ho visto coi miei occhi, realizzato da organizzatori, volontari e partecipanti che hanno vissuto nel prato a forma di cuore, immerso tra 36 ettari di bosco del Progetto Meraki, che ha ospitato circa trecento persone, che hanno parlato, cantato, ballato, abbracciato, pianto, e riso insieme per quattro giorni.
Nella settimana precedente, una sessantina di persone si sono coordinate come formichine operose per allestire il campo. In questo contesto, i sorrisi, gli abbracci, la gratitudine e la stima, sono tanto importanti quanto il lavoro o meglio, il valoro. Si chiama così l’attività che si svolge, perché la presenza che si dedica ad un’attività è energia che da valore al tempo speso per farla. Allo stesso modo, il tempo dedicato ad un abbraccio, ad un sorriso, a due parole gentili o alla risoluzione di un conflitto, è tanto importante quanto quello dedicato all’organizzazione dell’evento e alla fattualità.
“Qui le persone, sebbene sconosciute, si fermano, ti guardano negli occhi e si perdono con te in un abbraccio lungo e intenso, senza nessuna paura del contatto e senza alcun tipo di malizia o ambiguità”, mi spiega una giovane volontaria che da mesi viaggia per realtà comunitarie in tutt’Italia. Ed è proprio questo che cercano i numerosi giovani che ho intervistato durante il raduno, la relazione, quella con la R maiuscola. “Cerco un livello di relazione più facile e accessibile” dice Alessia (22 anni), “la facilità con cui qui si riescono a creare momenti di condivisione musicale, spazi di confronto, contatto e relax con sconosciuti è sorprendente”. E dopo aver trascorso gli ultimi anni tra le gabbie della pandemia, per tanti giovani come Alessia trovare un luogo dove il contatto fisico è spontaneo e immediato anche tra sconosciuti, è un toccasana per l’anima.
“Tutto è più difficile nella mia città, la distanze sono date per scontate, il contatto fisico, i sorrisi e la gentilezza sono visti con sospetto, le interazioni sono meno spontanee e tutto è avvolto da un’aura di paura e individualismo”, spiega Federica (25 anni). “Frequento il più possibile realtà comunitarie ed ecovillaggi. Ciò che mi piace di contesti come questo è l’importanza che si attribuisce al sentire, alle emozioni, anziché alla mente, al cognitivo. Il cognitivo da spazio al calcolo, alla strategia, ed è uno strumento molto utile, ma ha portato avanti una narrazione che pone distanze tra i corpi e tra i cuori. Il tempo è denaro per la mente, il sentire è una perdita di tempo, ma poi succede che per un’emozione trascurata saltano i tappi e si creano conflitti”. Con queste parole, Isacco (25 anni), coglie la questione nodale: il raduno RIVE prevede tantissimo lavoro fisico e organizzativo prima, durante e dopo l’evento ma la persona è al centro, al centro sono le sue emozioni, il suo benessere. Il tutto si basa sull’auto-responsabilità, non si tratta di imbrogliare, approfittarsene o far valere diritti calpestati, difendere o difendersi dall’oppressione. Qui la logica è totalmente differente, ognuno è responsabile di se stesso, dei propri bisogni e desideri, dell’ascolto della propria resistenza psico-fisica e del proprio stato emotivo e delle proprie incombenze da portare a termine. Certo c’è un’organizzazione che prevede che i più esperti guidino i più giovani nella pratica, ma quest’ultimi vengono ascoltati nell’apporto di idee  innovative, se vengono proposte. Responsabilità fa rima con libertà, si è liberi nella scelta di partecipare, si è liberi nella scelta di occuparsi di un specifica focalizzazione (ovvero attività da svolgere o coordinare), si è liberi nel donare il proprio contributo fisico e relazionale. Quando si sceglie consapevolmente si è poi responsabili di quanto si porta avanti, e tutto diviene armonico perché nessuno controlla e nessuno è controllato, nessuno è il datore di lavoro e nessuno è il dipendente, nessuno è il genitore e nessuno il figlio, ma si è tutti adulti tra adulti alla pari.
Certo che possono nascere incomprensioni, stress e contrasti, perché si è esseri umani, soggetti, individualità, storie e personalità, ma per questo sono previsti facilitatori e mediatori che aiutano seduta stante nella risoluzione del conflitto, quando non si riesce a superare l’incomprensione da sé con altri strumenti preziosi come il co-ascolto (una pratica di confronto reciproco sulle rispettive emozioni e tensioni). Quante volte nel proprio luogo di lavoro ci si trova ad avere conflitti e difficoltà relazionali con colleghi o responsabili e quante volte si preferisce evitare la questione, nascondere il problema, finché non esplode malamente?
La cosa interessante è che tutto questo non è utopia ma un’autentica trasformazione in atto. Il raduno RIVE infatti non è che un “estratto” delle realtà molto più vaste che rappresenta. La Rete italiana villaggi ecologici è come lo scheletro della rete frattale che connette le numerose e variegate comunità intenzionali sparse sul territorio italiano che, giorno per giorno, portano avanti, tra gioie e dolori, la realizzazione di una società diversa che non vuole più essere solo immaginata.
Quello degli ecovillaggi è un luogo in cui la trasformazione che si vuole vedere nel mondo è effettivamente in atto, quotidianamente co-creata per tentativi ed errori e diffusa proprio attraverso l’esempio. Non solo chi fosse spinto a vivere realtà simili è invitato ad esserci, ma è benvenuto chiunque voglia sperimentare un modo più consapevole di comunicare, di stare in relazione, di lavorare e di prendere decisioni collettive, per poi portare tutto ciò nelle proprie vite e nei contesti abituali dando il proprio prezioso contributo a qualcosa di nuovo.“Non vogliamo che queste realtà siano come bolle isolate e felici ma che possano essere luoghi in cui sperimentare qualcosa di diverso da portare poi là fuori, nel mondo, così che ognuno possa essere nel suo piccolo, artefice di cambiamento” (Fabio, Progetto Meraki).

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