Vai al contenuto della pagina

Resistenza civile non armata

homepage h2

Ora più che mai è  momento di esplorare forme di opposizione nonviolenta alle aggressioni militari. Una riflessione di Alfredo Camozzi ex-presidente RIVE e già membro storico della Comune di Bagnaia.
Resistenza civile non armata
Il Manifesto della Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, approvato dall’Assemblea dei Soci durante l’incontro che si è tenuto a Torri Superiore nel mese di gennaio 2010, afferma, tra importanti e nobili obiettivi, “la promozione di una cultura di Pace”. Certamente “le pratiche di vita comunitaria ecosostenibile” oltre ad essere un obiettivo in sé, cooperano a promuovere una cultura di pace, ma ciò non basta. La guerra è ritornata ormai da tempo sul suolo europeo sia sotto forma di guerra civile che di invasione di un territorio nazionale da parte di terzi (Yugoslavia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e ora Ucraina).  Nel mondo moderno gli strumenti di morte sono usati allo scopo di terrorizzare le popolazioni civili, più ancora che finalizzati alla conquista di territori. Ancora si ragiona come se la guerra fosse la politica condotta con altri mezzi, nonostante il rischio incombente della catastrofe nucleare.   
La guerra moderna è un colossale affare per i produttori di armi, di energia fossile e di speculatori che sottraggono risorse preziose ad altre priorità; è ecocida perché energivora, avvelenatrice di vasti territori, con effetti devastanti che si protraggono per generazioni. Ha senso affrontare tale pericolo rispondendo alla guerra con la guerra, favorendo in tal modo non solo disastri umanitari ed ecologici di enormi dimensioni e la progressiva disumanizzazione dell’”altro”? Credo che sia ora di riprendere con forza l’agenda pacifista e non violenta e di mettere in campo forme alternative alla guerra come risposta ai soprusi e alle aggressioni: pratiche di desistenza di fronte all’aggressione e di resistenza civile non armata a chi la compie. Come?
Chi aggredisce può conquistare un territorio, usurpare il potere politico, usarne le risorse ma ciò non può durare a lungo se non trova sostegno nei popoli aggrediti, se non riesce a creare un’amministrazione capace di rendere quell’aggressione tollerabile e produttiva per sé. Un conto è occupare un territorio, un altro è gestirlo.
La resistenza non violenta può essere efficace più della risposta armata se organizzata e capillarmente diffusa tra la popolazione che intende autodifendersi. I suoi strumenti sono diversi e vanno dalla mobilitazione popolare in manifestazioni di massa, se ritenute possibili e produttive di risultati, ai boicottaggi della produzione, dei trasporti, dei servizi di informazione e comunicazione, ai sabotaggi delle linee di rifornimento dell’aggressore, durevoli nel tempo. Insieme andrebbero previsti nuclei operativi per proteggere chi organizza e partecipa a tali azioni. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che può essere fatto per rendere impraticabile l’aggressione.
Nel nostro Paese, ora, l’impegno per la pace consiste nel considerare “nostra patria il mondo intero”, come dice la canzone ribelle, e anche nell’operare insieme ad altre organizzazioni per dare assistenza ai profughi e voce alla maggioranza che è contraria all’invio di armi e alla loro produzione.
Ritengo che gli ecovillaggi che si propongono uno stile di vita improntato al vivere comunitario e solidale, alla riduzione dell’impronta ecologica attraverso pratiche di decrescita dovrebbero interrogarsi su questi temi.

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!