Abbiamo intervistato Lara Fontanelli, co-presidente della RIVE – Rete Italiana dei Villaggi Ecologici – da ottobre 2020 assieme a Giorgia Lattuca, e membro del Consiglio dal 2018 al 2019, socia RIVE dal 2011.
Ecco che cosa ci ha raccontato.
Come si stanno trasformando, a tuo avviso, le modalità dell’abitare collaborativo?
Il concetto classico di ecovillaggio a cui abbiamo fatto fino ad ora riferimento sta un po’ cambiando. La definizione, a suo tempo, l’avevamo presa attingendo all’esperienza degli ecovillaggi storici europei – comunità grandi, spesso veri e propri paesi. In Italia, invece, salvo alcune eccezioni sono prevalse le piccole comunità. La forma più diffusa, ad oggi, è quella di un casale condiviso da un piccolo gruppo, fra le 5 e le 20 persone.
Negli ultimi anni, oltre ai piccoli ecovillaggi, stanno emergendo anche altre modalità – penso per esempio ai co-living, agli ecovillaggi diffusi e alle federazioni di ecovillaggi. Forme, queste, che esistono già da tempo, ma che si stanno presentando più spesso e alle quali siamo pronti a prestare più attenzione.
Com’è cambiata la RIVE – nella composizione, nella struttura e nei bisogni – da quando la conosci?
È cambiata molto, sia nella composizione che nella struttura. Quando l’ho conosciuta io, circa dieci anni fa, si trattava perlopiù di un gruppo spontaneo di ecovillaggisti che si confrontavano e supportavano a vicenda. Negli anni, invece, si è allargata tanto con l’ingresso di numerosi soci sostenitori – persone che pur non vivendo in comunità, erano interessate a sostenere gli ecovillaggi.
La crescita della Rete e il cambiamento della composizione, ovviamente, ha dato vita anche a cambiamenti nella struttura interna e attualmente stiamo lavorando per mettere in atto un cambiamento di struttura approvato dall’assemblea dei soci ad ottobre 2020, volta a delineare una maggiore orizzontalità.
Il bisogno che emerge con più forza, attualmente, è quello di tornare a concentrarci sulle attività centrali dell’associazione, potando ciò che è superfluo e rafforzando la parte interna.
Parlando di numeri, le comunità intenzionali attualmente iscritte a RIVE sono 29, e il numero di ecovillaggi e di ecovillaggi in costruzioni aderenti alla Rete è rimasto perlopiù costante dal 2014 ad oggi.
Sebbene ci sia fermento, e molte persone si stiano attivando per dare vita a nuovi ecovillaggi, i progetti associati a RIVE sono calati – forse perché stiamo concentrando le nostre energie all’interno, forse perché i nuovi progetti non ci conoscono, o non conoscono le risorse che RIVE può offrire loro. Fra queste, oltre alla possibilità di confrontarsi con persone che vivono esperienze di vita comunitarie da molti anni, c’è la consulenza amministrativa, la partecipazione a progetti europei, ma anche la presenza di facilitatori e di strumenti di incubazione delle comunità come il
CLIPS.
Quali sono state, per gli ecovillaggi e per la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, le sfide e le opportunità emerse durante quest’ultimo anno?
Le restrizioni, e dunque l’impossibilità di organizzare corsi ed eventi dal vivo, hanno sicuramente avuto un impatto economico su molte realtà, e anche l’assenza dei volontari si è fatta sentire.
Non è mancato, comunque, chi ha saputo reinventarsi anche online, e la situazione ha dato modo alle comunità di dedicarsi più tempo ed energia alla vita comunitaria e alle relazioni interne. Fattore, questo, che se da una parte può aver rafforzato alcuni gruppi, dall’altra può aver fatto emergere con più forza le criticità interne.
Come RIVE siamo dispiaciuti di non esserci potuti incontrare di persona, neanche in occasione del Raduno Estivo. Allo stesso tempo abbiamo cercato di sopperire a questa lontananza svolgendo le consuete assemblee online, confrontandoci regolarmente fra ecovillaggi, proponendo “
Uniamoci in Cerchio”, uno spazio di confronto e supporto aperto a tutti, e pubblicando
alcuni video per raccontarci e mantenere un contatto con chi voleva conoscerci meglio.
Ad oggi, come accennavi, molte persone si stanno attivando per dare vita a comunità intenzionali ed ecovillaggi. Che cosa consiglieresti loro?
Innanzitutto di visitare le realtà che già esistono. È bello che le persone si stiano attivando per dare vita a nuove comunità, ma allo stesso tempo penso che sarebbe interessante rafforzare le realtà che già esistono, così da avere anche in Italia, come in Europa, più ecovillaggi di grandi dimensioni.
Vivere in una realtà già avviata, fra l’altro, consente di apprendere con meno fatica come vivere in campagna, come decidere assieme e tanto altro ancora. Aiuta, insomma, a non partire da zero.
Visitare le comunità intenzionali già attive, inoltre, consente di capire ciò che nella pratica potrebbe funzionare per noi. Che poi si vada con il desiderio di viverci, con quello di trarre spunti o per semplice curiosità, l’importante è non dimenticarsi che quando si visita un ecovillaggio si è a casa di qualcuno, quindi è importante essere rispettosi e rispondere alla fiducia delle porte aperte affacciandosi con aspettative ragionevoli e non giudizio.