Storie dagli ecovillaggi: “Tempo di Vivere. Cronache da una scuola parentale”
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Ci sono scoperte che sanno essere clamorose. Così clamorose da mettere in discussione l’ovvio. Ed è allora che si affaccia all’orizzonte quell’intuizione: l’ovvio, a guardarlo bene, non è poi così ovvio. Ci sono scoperte che hanno il sapore di una rivelazione, una rivelazione che svela una qualche verità da tempo celata.
La mia scoperta clamorosa ha a che fare con la scuola. La scuola! Dio solo sa quanto tempo ho trascorso là dentro, seduto su un qualche banco trasandato, dentro a una qualche aula che cambiava di anno in anno. Elementari, medie, superiori e poi l’università: i gradi di istruzione li ho collezionati tutti. E, un grado dopo l’altro, ho sempre creduto che fosse obbligatoria. Non ho mai pensato che questo principio, ridondante nella mia testa come una dottrina, potesse esser messo in discussione.
Ed eccola qui, dunque, la mia scoperta clamorosa: la scuola, in sé, non è obbligatoria. A essere obbligatoria è, invece, l’istruzione. Non la scuola. I due concetti non necessariamente coincidono. Perché la scuola, con le sue strutture e programmi didattici, è semplicemente lo strumento che lo Stato adotta per raggiungere il fine che si è proposto: quello di istruire appunto. Puoi però vedere garantita la tua istruzione senza mettere mai piede, fisicamente, dentro a una scuola pubblica. A questo punto una domanda si impone in me: se da ragazzetto avessi saputo tutto questo, sarebbe cambiato qualcosa? Probabilmente no. Certamente avrei avuto una risposta da offrire agli adulti che mi ricordavano i miei doveri.
Homeschooling, tra scuola e istruzione
Tempo fa ho iniziato a viaggiare. Ho esplorato alcune comunità intenzionali tra nord e centro Italia. Desideravo raccontarle e mostrare che un’altra vita è possibile. E’ così che ho incontrato l’homeschooling o, per dirla in italiano, la scuola parentale. Perché in queste comunità spesso insinuate tra le montagne, osservavo, i bambini non sempre frequentavano le scuole pubbliche. Inizialmente ho ignorato la faccenda. Poi, però, la curiosità ha preso il sopravvento. Ho così scoperto che l’istruzione, oltre ad essere obbligatoria, è anche a carico dei genitori. L’istruzione, non la scuola. Ho preso atto che la legge offre questa possibilità, quella di istruire, direttamente da casa, i propri figli. Una possibilità che pochi conoscono. Eppure c’è, è lì, a disposizione di tutti. E’ sufficiente che i genitori informino una scuola della scelta presa e, ogni anno, sottopongano i figli a un accertamento delle competenze acquisite. Ho impiegato un po’ di tempo prima di cogliere che la scuola parentale è più di un’alternativa. E’ un cambio di paradigma. Da qui una domanda: cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini ai fini della vita?
Una bella storia per conservare l’emozione
Il mio viaggio mi ha condotto nella Comune di Tempo di Vivere, una bella comunità intenzionale che sorge sui colli piacentini, in Emilia Romagna. Sono arrivato e non me ne sono più andato. Oggi è proprio qui che abito. Ed è proprio qui che mi occupo dell’homeschooling insieme ad alcuni altri compagni di avventura. Trasmettiamo ai bambini la conoscenza della matematica, della biologia, dell’inglese, della letteratura, della musica, dell’arte. Lo facciamo noi direttamente, assumendoci una responsabilità. E’ così che giustifichiamo alle istituzioni la nostra libera scelta di non mandare i ragazzi a scuola.
All’inizio di questa mia avventura coi ragazzi, quella domanda è tornata ad affacciarsi: cosa vogliamo trasmettere a questi bambini, ai fini della vita? E’ una domanda importante. E’ da prendere seriamente. Perché è stato a scuola, quella pubblica, che ho imparato la competizione, il perfezionismo, il culto della prestazione e dell’efficienza. E’ a scuola che, per la prima volta, ho incontrato il mito delle “otto ore”. Un mito che ti porti poi al lavoro. E’ a scuola che ho fatto mio quel messaggio, ad oggi così assurdo, che qualunque cosa farai ci sarà sempre qualcun altro pronto a valutarti. E’ tra i banchi di scuola che la mia ansia ha preso forma, un’ansia che per anni ho coltivato nel petto, convinto di non essere mai abbastanza.
E così, quando ho conosciuto l’homeschooling, ho subito pensato che era proprio questo ciò che desideravo trasmettere ai bambini: che nessuno di loro è sbagliato e che, dopotutto, non hanno da dimostrare niente a nessuno. Semplicemente sono perfetti così come sono.
Per realizzare questa missione ho scelto la scrittura, una delle poche cose che ho imparato nella vita. Mi sono ritrovato ad aiutare i bambini a costruire personaggi e racconti. Personaggi e racconti sui quali possono proiettare le proprie emozioni e svilupparle, senza paura o giudizio. Perché il gioco, mi pare, consiste proprio in questo: conservare le emozioni. Emozioni che, nel corso della vita, possono sfuggire dalle mani come la sabbia quando la stringi con troppa forza. Perché a volte basta una bella storia per cambiare le cose. E’ questa la mia scoperta clamorosa.