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Sulle orme dei Piumani

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Chi frequenta gli ecovillaggi avrà già sentito parlare dei Piumani, il colorito gruppo nato spontaneamente in seno alla RIVE, Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, che negli ultimi anni ha animato le serate dei Raduni Estivi e organizzato eventi propri, fino a diventare una realtà collettiva di rilevo, portatrice di una cultura che viene spesso sintetizzata con l’espressione “leggerezza con profondità”. Per raccontarvi meglio la loro storia, ecco un’intervista gentilmente concessa da uno dei pionieri, il maestro elementare e scrittore per bambini Andrea Bouchard, in questo ambiente conosciuto con il nome di Majid.
Sulle orme dei Piumani
Come sono nati i Piumani?
I Piumani sono nati dalla follia di Mario il Poeta – detto anche Mario dal Mare – che ho conosciuto ad un incontro primaverile RIVE del 2015. Lui e la sua compagna avevano già allora questa parola – Piumani – e la dicevano lasciando che il loro interlocutore indovinasse da sé il significato.
In quell’incontro, fra le altre cose, c’erano da organizzare le serate per il Raduno Estivo, così abbiamo lanciato questa proposta dei Piumani, che è stata accolta sebbene fosse ancora un abbozzo.Io l’ho subito collegata ad un modo di intendere l’arte in modo più partecipativo. Non mi è mai piaciuta l’idea di invitare un gruppo di professionisti, creando così una netta divisione fra coloro che intrattengono e gli spettatori.
Sono poi andato a trovare Mario, che abitava allora in una capanna sulla spiaggia, e abbiamo passato insieme una notte bellissima, completamente insonne, a ballare e a cantare, immaginando le cose da proporre alla RIVE. Una, per esempio, era la barconota, una banconota dal valore relazionale dietro alla quale bisognava appuntare tutte le nuove relazioni costruite durante l’incontro per accrescerne il valore. Alcune di queste idee hanno funzionato di più, altre di meno.
Giunti al Raduno Estivo, abbiamo conosciuto anche Lapis, che si è fin da subito mostrato entusiasta, e insieme abbiamo dato la spinta iniziale a questa avventura che ha coinvolto via via sempre più persone.
Che cos’erano i Piumani allora?
All’inizio se ci chiedevano che cosa fossero i Piumani rispondevamo “non si può dire, sentitelo con il cuore e basta”. Volendola poi dire a parole era sicuramente un essere portatori di leggerezza, ironia e di una comunicazione un po’ più profonda e intima. Fin da subito abbiamo improvvisato canzoni, anche nei luoghi più inaspettati come al lavaggio piatti, ma abbiamo proposto anche cerchi di massaggi così da creare un contatto corporeo.
Da che bisogno nasceva questo modo di essere? E da che cosa venivano attratte le persone ad unirsi a voi?
Penso dal bisogno di rapporti umani più intensi e di un divertimento che non fosse quello dell’evasione. C’era quest’idea che per divertirsi non fosse necessario niente di alterante – era sufficiente restare in contatto con noi stessi, con la natura e con gli altri. C’era sicuramente anche un aspetto adolescenziale, in senso buono, dunque di incanto, scoperta, autenticità, rottura degli schemi. Sentivamo la pesantezza di una comunicazione troppo mentale, verbale, formalizzata, e volevamo sfidarla per farne scaturire nuovi tipi di comunicazione.
La presenza dei Piumani, da allora, è stata fra i primi fattori di gradimento della RIVE, e questo suggerisce forse che stavamo rispondendo a dei bisogni reali. Andavamo per esempio in giro ad abbracciare le persone, così da sciogliere i muri e le rigidità – e questo veniva apprezzato.
Come si è poi trasformata l’intuizione iniziale?
Dopo il Raduno Estivo del 2015, alcuni di noi hanno partecipato ad un campo di Manitonquat – narratore e poeta nativo americano da parte di madre, che ha riscoperto le antiche tradizioni dei cerchi e le ha messe in comunicazione con la cultura occidentale. I suoi insegnamenti ci hanno colpiti a tal punto che abbiamo deciso di fare nostre molte delle sue modalità.
Quell’incontro ha segnato un passaggio da una fase in cui eravamo forse più sbilanciati verso la leggerezza, al nostro attuale motto: “leggerezza con profondità”. Incontrare l’altro, infatti, è un’esperienza fatta di luci, ma anche di ombre. Riconoscere ed accogliere le nostre ferite è un passo essenziale da fare per procedere in un cammino di consapevolezza.
A seguito di quest’esperienza abbiamo iniziato ad incontrarci più spesso fra di noi, anche al di fuori del contesto RIVE, fino ad organizzare negli ultimi due anni dei campi estivi Piumani aperti a tutti. Durante questi campi, per far sì che nessuno si ritrovi da solo a lavorare senza poter partecipare alle attività comuni, creiamo dei clan, ovvero dei piccoli gruppi che insieme fanno cerchi empatici e svolgono tutti i lavori necessari al funzionamento del campo.
Tutti gli eventi che organizziamo sono ad offerta libera – e fino ad oggi quest’apertura ci ha sempre lasciato sorpresi della generosità dei partecipanti. Da quest’estate, poi, ci siamo dati una struttura più formale, con dei gruppi di lavoro a rotazione.
Nel complesso, dalla nostra esperienza abbiamo imparato che per riqualificare le relazioni è essenziale riconnettersi con noi stessi e con la natura. Molti di noi, infatti, fanno meditazione e quando siamo in gruppo ci prendiamo dei momenti per andare ad ascoltare il bosco. Coltiviamo poi una dimensione di ritualità – mangiamo in cerchio e cantiamo insieme. Abbiamo dunque una dimensione spirituale, seppure leggera, infarcita di battute. Non ci prendiamo troppo sul serio, ma ci crediamo.
Avete avuto esperienze di vita comunitaria? Com’è andata?
Nell’autunno 2018, con un gruppo di Piumani abbiamo avviato una prima esperienza di vita comunitaria, che preso il nome di Casa Campo.
Come capita a quasi tutti i gruppi che decidono di costruire qualcosa insieme, una volta lì sono saltati fuori vari problemi, più di quanti ci aspettassimo, ma che ci hanno anche fatti crescere. Ci siamo per esempio accorti che per vivere insieme non basta il cuore: serve anche una struttura, un metodo decisionale condiviso o un modo per gestire i conflitti. Nella gestione dei conflitti noi usiamo un metodo che mescola aspetti della comunicazione nonviolenta a quanto abbiamo appreso da Manitonquat – uno strumento prezioso, sebbene non sempre risolutivo.
Quali sono i prossimi passi che avete in mente?
Ogni Piumano ha obiettivi diversi – anche perché il confine fra interno ed esterno è sfumato: non c’è una tessera Piumana! Io, e diversi altri, sentiamo la voglia che quest’esperienza diventi quotidiana e di costruire un ecovillaggio. C’è chi invece porta quest’energia in altri ambiti e modi, magari nel proprio lavoro.
Crediamo sicuramente nella creatività e nelle contaminazioni. Mi piacerebbe che i Piumani si riuscissero anche a penetrare in una dimensione più sociale, contaminandosi magari con quei movimenti che hanno più presenza sul territorio ma sono meno consapevoli che c’è da cambiare molto dentro di noi e non solo nella società. Basta con il parlare da dietro ad un microfono, con tutti gli altri che ascoltano.

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