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Terra Preta: rigenerando la terra

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Dal problema alla soluzione: ecco come l’ecovillaggio ZEGG, in Germania, ha risolto il problema degli scarichi delle acque reflue ricavando un prezioso fertilizzante permanente per il terreno.
“Nell’ecovillaggio ZEGG, in Germania, ci siamo trovati nel mezzo di una disputa con la pubblica amministrazione per mantenere i diritti sui nostri sistemi di depurazione ed approvvigionamento delle acque” racconta Achim Ecker, uno degli abitanti “così ho cominciato a cercare un modo per ridurre il consumo di acqua potabile e riutilizzare le acque reflue. Dopo aver incontrato il Dr. Jürgen Reckin dell’università di Ederswalde e la Terra Preta Project nel giardino botanico di Berlino, ho pensato che la Terra Preta poteva essere la soluzione al nostro problema, visto le affascinanti prospettive che offriva”.
La Terra Preta (terra nera/scura in Portoghese), è un tipo di terra antropogenica (creata dall’uomo) molto scura e fertile trovata in molte aree del Bacino Amazzonico, utilizzata per aumentare il grado di fertilità del suolo. Il suo nome è dato all’alto contenuto di carbone di legna, poiché si ottiene dalla miscela di carbone vegetale, ossa e letame. Il carbone di legna è molto stabile e rimane nel suolo per migliaia di anni. La Terra Preta ha la capacità di incamerare i nutrienti data la porosità del carbone vegetale, chiamato anche biochar, che migliora la ritenzione di materia organica, acqua e nutrienti disciolti così come inquinanti, pesticidi e idrocarburi policiclici aromatici. L’importante è “caricare” il carbone vegetale prima di poter funzionare come biotopo (habitat). Molti esperimenti hanno infatti dimostrato che il carbone di legna se non caricato, quando messo nel suolo, può portare ad una temporanea diminuzione dei nutrienti disponibili fino a quando i suoi pori si saturano di nutrienti. Per questo, come testimonia Achim, è bene immergerlo dalle 2 alle 4 settimane in un liquido ricco di nutrienti, come un infuso di piante o l’urina: “cominciammo ad allestire fuori dalle nostre case d’estate e durante i campi estivi spazi per urinare in barili con sostanze organiche e biochar (carbone di legna come ammendante). Molti uomini e donne ne fecero uso e oltre a risolvere quello che era un problema pratico per noi, abbiamo innalzato il grado di consapevolezza dei nostri corsisti”.
Inizialmente però Zegg aveva poco biochar da impiegare nel sistema di depurazione. Solo un po’ di carbone vegetale che restava dei fuochi delle capanne sudatorie e dei falò, così vi hanno aggiunto una consistente dose di cippato. Questa soluzione però non portò al risultato sperato: “dai barili emergeva cattivo odore quando, durante i grandi eventi (400 partecipanti l’anno scorso!), non riuscivamo a rinnovare abbastanza velocemente il contenuto degli urinatoi. L’odore è anche segno di decomposizione” continua Achim “e quindi perdita di azoto, esattamente ciò che volevamo evitare”. Non sapendo come autoprodurre il biochar, cominciarono a comprarlo. Era un prodotto buono, ecosostenibile e veniva recapitato direttamente al villaggio, ma aveva un prezzo troppo elevato. Così Achim cercò altre soluzioni: “appresi da un articolo del Ithaca Institute come produrre biochar dalle ramaglie, facendole bruciare in un buco conico nel terreno. A ZEGG però il terreno è costituito principalmente da sabbia e ciò non garantiva la necessaria stabilità del cono. Così ho continuato a cercare. La soluzione è stata quella di costruire un forno Kontiki in ferro, che permette la combustione pirolitica, essenziale nella produzione di biochar, e che ha il bruciatore sollevato da terra, oltre ad essere facilmente trasportabile nelle aree dove si trovano le ramaglie”.
Una volta prodotto col forno Kontiki, il biochar è pronto per essere caricato, ovvero impregnato di nutrienti che poi rilascerà in modo lento e continuo nel terreno. Per farlo, è necessario lasciarlo in ammollo dentro a barili pieni e sigillati per la fermentazione lattica anaerobica per circa quattro settimane (dipende dalla temperatura, normalmente dalle 2 alle 4 settimane). Per avere il massimo rendimento, tutti gli ingredienti devono essere piccoli a sufficienza per potere passare attraverso l’apparato digerente dei lombrichi. Quindi il Biochar dovrà essere finemente triturato prima dell’immissione nel terreno. Il liquido per l’ammollo è composto da urina e compost di fogliame. Per migliorare e potenziare il liquido, nell’ultimo anno è iniziata l’autoproduzione di Bokashi (mix di microrganismi effettivi) dai rifiuti della cucina. A ZEGG utilizzano barili di plastica blu da 60 litri per la raccolta delle urine perchè “sono facilmente trasportabili da due persone e sono delle dimensioni giuste per permettere agli uomini di urinarvi dentro” spiega Achim “per le donne, possono essere dotati di una tavoletta removibile e possono essere interrati fino alla giusta altezza. Nè nel momento in cui viene usata, né durante la fermentazione si sentono odori”. Per le abitazioni, stano installando dieci orinatoi senz’acqua e strutture per la raccolta delle urine nei seminterrati e all’esterno nei tombini. Quando sono pieni, vengono travasate in un contenitore e portate con un camioncino dove servono: per fertilizzare il compost, per caricare il biochar o per spegnere il forno Kontiki.
La rivoluzione della Terra Preta sta nella sua capacità di essere allo stesso tempo un fertilizzante e un suolo fertile permanente. Permette alla vita presente nella terra di rigenerarsi. Come insegna la Permacultura, la soluzione è già nel problema, infatti l’urina è una delle principali risorse per caricare il biochar.
Quello che resta ancora da capire è come impiegare il potere calorifero della combustione pirolitica delle ramaglie per la produzione del carbone vegetale, che attualmente col forno Kontiki viene disperso, per giungere alla massima ottimizzazione dell’energia prodotta dal sistema.
Per ulteriori informazioni:
Fonte: Newsletter GEN-Europa, traduzione e integrazioni di Claudio R.

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