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Una comunità nella comunità. Colomb’era, Ripopolanti della Val Taverone e locali uniti dall’amore per la tradizione.

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Per il secondo anno consecutivo i Ripopolanti della Val Taverone hanno unito le forze al fine di raccogliere le castagne, ri-accendere il gradile (essiccatoio tradizionale) che si trova al centro del paese e produrre così della farina di castagne dolce e genuina.
Una comunità nella comunità. Colomb’era, Ripopolanti della Val Taverone e locali uniti dall’amore per la tradizione.
Siamo in Lunigiana, terra di confine sulla punta della Toscana abbracciata dalla Liguria e dall’Emilia Romagna.
Conosciuta anche come “la terra della luna e dell’albero del pane”, la Lunigiana, nel corso della storia, ha tratto una parte essenziale del proprio nutrimento dalle castagne e dalla loro trasformazione in farina.
Oggi il tempo in cui ogni famiglia possedeva e accendeva il proprio gradile – l’essiccatoio tradizionale, all’interno del quale seccare le castagne a fuoco lento e costante per 40 giorni – sembra essere un po’ sfumato via, ma non manca chi ha ancora voglia di cimentarsi ad apprendere questo antico mestiere e di mantenerlo vitale.
Accade così che nella Val Taverone e più precisamente nel borgo di Tavernelle, un gruppo di persone provenienti da tutta Italia e trasferitesi nella zona in momenti diversi e per ragioni variegate, con la complicità del paese, hanno unito le forze per il secondo anno di seguito per raccogliere le castagne, ri-accendere il gradile che si trova al centro del paese e produrre così della farina di castagne dolce e genuina.
Fra i “ripopolanti” c’è chi, come Anthony e Marcello, è arrivato nella Valle attratto dall’esperienza comunitaria di Paese Liberato, e a progetto concluso è comunque rimasto. C’è Simone, che dopo aver trascorso un’estate in alpeggio con il pastore di Tavernelle ha voluto approfondire l’esperienza e si è fermato, curioso di apprendere i trucchi del mestiere. Ci sono anche io, Diana, che appena conosciuti gli abitanti del luogo ne sono rimasta incantata, e ho deciso di restare. E ci sono Agnese, Andrea, Federica e la piccola Sole, che insieme hanno dato vita al progetto comunitario la Colomb’era. A loro, nel tempo, si sono poi uniti Elia, Marco, Luca, Silvya e anche dei volontari, come Alessandro, Davide e Teresa.  Ancora nel grembo della mamma, ma atteso per la primavera, c’è infine il figlio di Federica e Marco, il fratellino di Sole, alla cui nascita è possibile contribuire partecipando a questo crowdfunding.
«L’anno scorso, quando ci siamo per la prima volta avventurati nel produrre la farina di castagne, eravamo quasi tutti alle prime armi», ha spiegato Simone. «A incoraggiarci a provare è stato il sostegno che abbiamo percepito da parte dei locali. Loreno ci ha messo a disposizione il gradile di famiglia, Giancarlo ci ha dato in gestione dei terreni dai quali raccogliere le castagne, Marco ci ha aiutati a trasportare la legna, Luciana e Tilde, che vivono qua di fronte, si sono affacciate alla porta del gradile per controllare che il fuoco necessario per essiccare le castagne fosse sempre acceso.»
«Si tratta di un’arte difficile, quella di fare il fuoco», ha aggiunto Anthony.  «Se debole, infatti, si spegne e le castagne seccano male, mentre se la fiamma è troppo forte l’essiccatioio rischia di incendiarsi. Ci va esperienza, insomma, e senza tutti i loro consigli e la loro supervisione non ce l’avremmo fatta.»
La voglia di condividere i saperi, di aiutare e la generosità, in questo luogo, sono di casa, e grazie a questo il progetto castagne è potuto fiorire, generando ulteriori relazioni e valori condivisi.
«Vivendo, lavorando in questo luogo ho sentito che in qualche modo tutto qua faceva comunità. Il luogo, le persone della Colomb’era, i ripopolanti, i locali.», ha raccontato Alessandro, musicista in pensione e volontario, fermatosi qui per tutti i mesi della lavorazione delle castagne.
«La lavorazione delle castagne è un lavoro tosto, ma che prende. Mi piace l’umiltà, il chinarsi, la terra che questo lavoro implica. La parte che ho preferito, da amante della natura, è stata quella nel bosco. Lì ci si radunava in squadre di quattro o cinque persone, e si creava una comunione nel fare che era molto bella. Poi, ogni tanto, il bosco ci regalava qualche fungo, ed era bello raccoglierlo e poi cucinarlo e mangiarlo tutti insieme», ha aggiunto.
«Ogni fase di questa lavorazione delle castagne ci ha portati a stare insieme, a conoscerci bene, a condividere il tempo e a raccontarci le esperienze fatte nel corso delle nostre vite, e da questo, per me, sono nate tante belle amicizie e anche un amore», ha raccontato Davide, originario della Basilicata e giunto qui perché incuriosito dalle esperienze di vita comunitaria e dai mestieri di una volta. «È bello conoscersi così, lavorando assieme, e ancor di più in questo contesto comunitario nel quale è possibile vivere con molta più serenità, amore e trasparenza che altrove.»
Se i nuovi arrivati hanno appreso un mestiere e approfondito le relazioni l’uno con l’altro, i locali, a loro volta, paiono felici di questa presenza vivace e colorita.
«In una sola giornata di selezione, al gradile, riceviamo moltissime visite. C’è chi si affaccia per chiederci della farina e dei gussoni – le castagne secche, perché del paese o perché ha sentito parlare di noi. C’è chi viene perché curioso di vedere a che punto del lavoro siamo, o semplicemente per il gusto della compagnia. Ieri, poi, nel pomeriggio, mentre eravamo un po’ stanchi per il lavoro, sono arrivate una dopo l’altra Tilde con il suo castagnaccio e Luciana con del formaggio e dell’ottima marmellata di cipolle, che ci hanno dato nuove forze e allegria.»
È così, a suon di piccoli gesti di cura, risate, compagnia, che assieme alla farina di castagne, si fa strada una forza dolce, capace di generare bellezza anche in questi nostri tempi così nebbiosi.
Se volete sostenere il nostro progetto e avere un po’ della nostra farina di castagne non esitate a scriverci a terradeiluni@gmail.com

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