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Vivere insieme: conoscere la soglia della relazione

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Non è un segreto: in gruppo o comunità, associazione o convivenza, rabbia e disagio sono sempre in agguato. Chi vive in un ecovillaggio ha scelto di immergersi 24 ore su 24 nelle relazioni. Come affrontare questa sfida? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Ferrario, del Parco dell’Energia Rinnovabile.
Vivere in un ecovillaggio (1) è oggi una delle possibilità per cambiare vita. E’ un banco di prova per verificare se davvero si può vivere in pace con gli altri, fuori dalla competizione e dall’abuso, la sfiducia e l’antagonismo. Per alcuni è un bisogno viscerale, per altri un ripiego, per altri ancora l’unica strada per realizzare i propri sogni. Ma ciò che accomuna tutte le persone che scelgono questa cornice per la propria vita è il piombare a capofitto nell’ingarbugliato mondo delle relazioni, inevitabili in una comunità che vive e decide insieme.
Nel gruppo le sensazioni, le emozioni, i disagi, le ribellioni, il vittimismo, il senso di colpa e chi più ne ha più ne metta, hanno continui appigli e possibilità di emergere. Ancora di più se si vive a stretto contatto. Non importa che il gruppo sia grande o piccolo. Tutto quello che si deve manifestare si manifesterà. E quando viene represso, scoppia successivamente con tale forza che a volte mette a serio rischio la continuazione della comunità stessa.
Si può andare avanti a lungo ritenendo che “va tutto bene”. Ma l’amarezza di fondo rimane e spesso non è facile individuare il perché.
In occasione del seminario sulla Comunicazione Non Violenta, conosciuta anche come CNV, che si terrà presso il Parco dell’Energia Rinnovabile – PER il 22 e 23 ottobre 2016, abbiamo intervistato uno dei fondatori, Maurizio Ferrario. Il PER è uno dei centri più all’avanguardia d’Italia nel campo delle energie rinnovabili applicate all’abitare. L’uso e l’applicazione di queste nuove tecnologie, semplici e complesse, è un’attitudine ormai data per scontata tra gli abitanti del PER. Le abitazioni e l’agriturismo sono totalmente indipendenti dal petrolio e il ciclo dell’acqua è ottimizzato al massimo, dal momento che non vi è nè una fonte, nè un pozzo. Nonostante le indiscutibili capacità intellettuali e pratiche dei residenti, un ecovillaggio non può vivere di sola di tecnica. Maurizio, nella realizzazione del suo sogno ne ha preso rapidamente coscienza e ha cominciato a guardare oltre la soglia superficiale della relazione. Ci racconta come la CNV ha segnato una svolta nella sua vita e li ha aiutati ad individuare l’origine dell’amarezza nei rapporti.
Maurizio, perché hai scelto di fondare un progetto così diverso dalle tue scelte di vita precedenti?
Perchè volevo vivere sereno e stare in compagnia di persone a cui voglio bene e con cui ho deciso di investire per un futuro comune, rispettoso delle persone e dell’ambiente.
Puoi raccontarci brevemente il vostro percorso?
All’inizio abbiamo investito tutto nel trovare il luogo, i fondi, le persone e la “missione” ovvero il “come” realizzare il sogno condiviso. Superate le infinite difficoltà di realizzare la struttura ricettiva, il 2009 è stato l’anno dell’apertura ufficiale. Inizia in quel momento la seconda grande parte del progetto. La convivenza: abbiamo iniziato a condividere giorni, spazi, lavoro e tempo libero. Tutto bene, eppure inconsciamente sentivamo che mancava qualcosa.
Che cosa mancava?
Qualcosa che prima di scoprirlo non sapevo definire. Il percorso intrapreso ci ha portato a trovare una grande fonte di ispirazione nell’associazione Rete italiana villaggi ecologici – RIVE, che ha aperto una grande finestra sul mondo delle “comunità intenzionali” (2). Abbiamo poi conosciuto il  “metodo del consenso” e organizzato dei corsi con Bea Briggs, facilitatrice professionista, a cui partecipavano gli abitanti del PER e i potenziali soci perché lo volevamo applicare nelle assemblee dei soci del PER. Interiormente cominciavo ad avvenire dei “movimenti” ma ancora c’era qualcosa che strideva. Avevamo cambiato luogo, abitudini, relazioni ma non era cambiato il nostro modo di valutare, giudicare, ascoltare. Ho cominciato a vedere come nel confronto quotidiano, le azioni di ognuno toccano l’interiorità degli altri e spesso si trasformano in malcontento. Il non detto per non ferire, il non capito che non chiede spiegazione, il disappunto non espresso sono solo alcune delle cose che rimangono represse nel proprio io. L’amaro resta silente nel profondo. Dovevamo trovare un modo per abbattere questi schemi mentali, culturali, abitudinali.
Quando hai incontrato la CNV?
E’ stato al raduno estivo della RIVE del 2015 che ho trovato la soluzione in una sigla magica: CNV. Ho seguito un workshop con Eduardo Montoya e Marilia Zappalà e l’amore per questo metodo è sbocciato in un attimo.
La CNV si appoggia ad un modello semplice, per cominciare. Prima di tutto aiuta a comprendere l’esatta sensazione che una azione concreta ha provocato in noi. Quindi porta a riflettere su quale bisogno non è stato soddisfatto in quella situazione. La CNV invita a portare nel dialogo con la persona con cui siamo in conflitto fatti concreti, sensazioni e bisogni non soddisfatti, senza aggiungere critiche, supposizioni, considerazioni, accuse, non pertinenti con il fatto specifico. Infine invita sempre a portare una proposta per trasformare il conflitto in modo creativo.
Questo “incontro” mi ha soddisfatto pienamente perché richiede di fare propri pochi passi semplici, intuitivi, che in pochissimo tempo rendono il praticante capace di proseguire l’apprendimento in autonomia.
Che cosa ha cambiato la CNV al PER?
Adesso siamo più consapevoli quando esprimiamo un disagio. Non abbiamo più tanto il bisogno di accusare o giudicare. Con questa nuova consapevolezza, è diventato più facile ascoltare in silenzio ed evitare di interrompere l’altro con consigli non richiesti. Adesso sappiamo che il comportamento dell’altro è mosso da bisogni essenziali, che appartengono a tutti gli esseri umani, e vogliono essere soddisfatti. Adesso possiamo incontrarci e dirci “come stiamo” veramente, certi di non ferire gli altri. Ovviamente nel tanto lavoro quotidiano è facile ricadere nel vecchio modello mentale ma ora ci sentiamo più leggeri perché abbiamo imparato ad ascoltarci e comprenderci.
Puoi raccontarci un caso realmente avvenuto?
Un giorno, un socio del PER, stava svolgendo le attività in un’area distante rispetto a quella in cui lavoravano tutti gli altri. Ha sentito forte la sensazione di emarginazione, di solitudine, di essere il solo a dedicare tutto se stesso alla vita del progetto e che gli altri si dedicassero prevalentemente ad attività personali. Ha chiesto un incontro e ci ha dichiarato il suo disagio. Lo abbiamo ascoltato, compreso, fornito informazioni che non aveva, e cosa più importante, lo abbiamo ringraziato per coraggio di manifestarsi. Lo abbiamo ringraziato per averci reso partecipi dei motivi che lo portavano alla demotivazione, per essere stato sincero e aver fatto emergere un disagio che poteva essere di ognuno di noi.

Sei interessato a partecipare al seminario di Comunicazione Non Violenta?
22-23 ottobre 2016, con Giacomo Poleschi.
Per il programma completo: clicca qui.
Per iscrizioni ed informazioni: scrivi@per.umbria.it – 0744 988050

Note
1 – Un ecovillaggio è una comunità intenzionale ecosostenibile, ovvero un gruppo di persone non facente parte dello stesso nucleo familiare che esprime l’intenzione, la scelta, di condividere un progetto di vita ecologico e residenziale. La comunità si impegna a cambiare progressivamente il proprio approccio nel campo dell’economia, l’ambiente, la cultura e il sociale, basandosi su principi ecologici.
2 – vedi nota precedente. Si considerano comunità intenzionali anche i cohousing e i condomini solidali e tutte quelle esperienze che legano la convivenza non a vincoli parentali o a scelte religiose.

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