Vivere insieme: conoscere la soglia della relazione
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Nel gruppo le sensazioni, le emozioni, i disagi, le ribellioni, il vittimismo, il senso di colpa e chi più ne ha più ne metta, hanno continui appigli e possibilità di emergere. Ancora di più se si vive a stretto contatto. Non importa che il gruppo sia grande o piccolo. Tutto quello che si deve manifestare si manifesterà. E quando viene represso, scoppia successivamente con tale forza che a volte mette a serio rischio la continuazione della comunità stessa.
Si può andare avanti a lungo ritenendo che “va tutto bene”. Ma l’amarezza di fondo rimane e spesso non è facile individuare il perché.
Perchè volevo vivere sereno e stare in compagnia di persone a cui voglio bene e con cui ho deciso di investire per un futuro comune, rispettoso delle persone e dell’ambiente.
All’inizio abbiamo investito tutto nel trovare il luogo, i fondi, le persone e la “missione” ovvero il “come” realizzare il sogno condiviso. Superate le infinite difficoltà di realizzare la struttura ricettiva, il 2009 è stato l’anno dell’apertura ufficiale. Inizia in quel momento la seconda grande parte del progetto. La convivenza: abbiamo iniziato a condividere giorni, spazi, lavoro e tempo libero. Tutto bene, eppure inconsciamente sentivamo che mancava qualcosa.
Qualcosa che prima di scoprirlo non sapevo definire. Il percorso intrapreso ci ha portato a trovare una grande fonte di ispirazione nell’associazione Rete italiana villaggi ecologici – RIVE, che ha aperto una grande finestra sul mondo delle “comunità intenzionali” (2). Abbiamo poi conosciuto il “metodo del consenso” e organizzato dei corsi con Bea Briggs, facilitatrice professionista, a cui partecipavano gli abitanti del PER e i potenziali soci perché lo volevamo applicare nelle assemblee dei soci del PER. Interiormente cominciavo ad avvenire dei “movimenti” ma ancora c’era qualcosa che strideva. Avevamo cambiato luogo, abitudini, relazioni ma non era cambiato il nostro modo di valutare, giudicare, ascoltare. Ho cominciato a vedere come nel confronto quotidiano, le azioni di ognuno toccano l’interiorità degli altri e spesso si trasformano in malcontento. Il non detto per non ferire, il non capito che non chiede spiegazione, il disappunto non espresso sono solo alcune delle cose che rimangono represse nel proprio io. L’amaro resta silente nel profondo. Dovevamo trovare un modo per abbattere questi schemi mentali, culturali, abitudinali.
E’ stato al raduno estivo della RIVE del 2015 che ho trovato la soluzione in una sigla magica: CNV. Ho seguito un workshop con Eduardo Montoya e Marilia Zappalà e l’amore per questo metodo è sbocciato in un attimo.
La CNV si appoggia ad un modello semplice, per cominciare. Prima di tutto aiuta a comprendere l’esatta sensazione che una azione concreta ha provocato in noi. Quindi porta a riflettere su quale bisogno non è stato soddisfatto in quella situazione. La CNV invita a portare nel dialogo con la persona con cui siamo in conflitto fatti concreti, sensazioni e bisogni non soddisfatti, senza aggiungere critiche, supposizioni, considerazioni, accuse, non pertinenti con il fatto specifico. Infine invita sempre a portare una proposta per trasformare il conflitto in modo creativo.
Questo “incontro” mi ha soddisfatto pienamente perché richiede di fare propri pochi passi semplici, intuitivi, che in pochissimo tempo rendono il praticante capace di proseguire l’apprendimento in autonomia.
Adesso siamo più consapevoli quando esprimiamo un disagio. Non abbiamo più tanto il bisogno di accusare o giudicare. Con questa nuova consapevolezza, è diventato più facile ascoltare in silenzio ed evitare di interrompere l’altro con consigli non richiesti. Adesso sappiamo che il comportamento dell’altro è mosso da bisogni essenziali, che appartengono a tutti gli esseri umani, e vogliono essere soddisfatti. Adesso possiamo incontrarci e dirci “come stiamo” veramente, certi di non ferire gli altri. Ovviamente nel tanto lavoro quotidiano è facile ricadere nel vecchio modello mentale ma ora ci sentiamo più leggeri perché abbiamo imparato ad ascoltarci e comprenderci.
Sei interessato a partecipare al seminario di Comunicazione Non Violenta?
22-23 ottobre 2016, con Giacomo Poleschi.
Per il programma completo: clicca qui.
Per iscrizioni ed informazioni: scrivi@per.umbria.it – 0744 988050