«Sono nata al nord della Germania, a 30 km dalla frontiera olandese», ha esordito Macaco Tamerice, allora Martina Grosse Burlage.
«Da bambina ero un maschiaccio. Vivevo ai margini di una città, vicina ai boschi e ai fiumi, e mi piacevano la natura, lo sport, il movimento, ma anche cantare, pensare, immaginare storie.
Nella zona in cui vivevo era tutto tranquillo, tutto garantito, non c’era alcuna lotta per la sopravvivenza e crescendo è emersa in me una gran voglia di vita intensa, non prevedibile, che mi ha portata ad avere un’adolescenza molto movimentata.
Siccome avevo chiaro che non volevo vivere in Germania, fin da quando avevo dodici anni ho lavorato per due pomeriggi alla settimana in un negozio di musica, vendendo strumenti e dischi, e in questo modo, dopo la maturità, ho potuto viaggiare per due anni un po’ in tutta l’Europa e negli Stati Uniti. Sto parlando di quarant’anni fa, il mondo era diverso allora.
Dopo questo viaggio, mi sono fermata a Napoli per studiare filosofia, e lì ho conosciuto il mio ex marito, un sassofonista, con il quale ho iniziato a lavorare come cantante jazz, riscuotendo anche un certo successo. Durante un tour in Giappone, dopo aver rilasciato un’intervista, ricordo che c’è stata una notte particolare nella quale non riuscivo a dormire. Fuori nevicava, ed io mi chiedevo che cosa cercassi davvero dalla vita. Fu allora che diventò chiaro per me che non aspiravo al successo, così effimero, ma a qualcosa di vero, ancorato a dei valori profondi.
La possibilità di vivere una vita densa di significato, basata su un contatto vero e profondo con le persone e con la natura l’ho poi trovata a Damanhur, la comunità nella quale vivo da ventotto anni.»
Negli anni, Macaco Tamerice è diventata trainer e facilitatrice, esperta in processi umani. Ambasciatrice per Damanhur e GENe coordinatrice delle reazioni internazionali della comunità, fra il 2010 e il 2015 è stata presidente del GEN-Europe, la rete europea dei villaggi ecologici, per la quale è attualmente membro del consiglio consultivo.Speaker internazionale, diffonde la propria voce anche continuando a cantare.
Mentre per noi la fine del 2020 si avvicina, e ci poniamo domande su quello che è stato e sul futuro che ci attende, ecco alcune delle riflessioni emerse dalla conversazione con Macaco.
Come leggi questo periodo così complesso che stiamo vivendo?
Siamo di fronte ad un cambiamento epocale, a tutti i livelli, e nei prossimi anni ne vedremo ancora tanti. È come se il mondo si stesse sempre più separando fra chi vuole “risvegliarsi” e chi vuole tornare al cosiddetto business as usual, mantenendo gli equilibri e i poteri così come sono. Dove porterà tutto questo io non lo so ma ritengo che siamo di fronte a delle scelte molto importanti.
Purtroppo, i momenti di cambiamento, ci costringono affrontare anche momenti di grande difficoltà. Vediamo per esempio la pandemia – ha impattato i singoli e anche le comunità, che spesso dipendono dalle risorse esterne e dalle visite.
Qual è uno dei temi che sta emergendo con più forza?
Un tema, sicuramente, è la distribuzione della ricchezza nel mondo. Coloro che negli ultimi decenni hanno potuto arricchirsi tantissimo a spese di molti altri dovranno decidere se vogliono continuare ad accumulare ancora di più o se mollare un po’ la presa.
Io lavoro spesso in Africa, attualmente sto facendo un coaching ad un gruppo di donne in un campo profughi del Kenya, ovviamente gratis, ed è un’esperienza che mi fa realizzare a pieno le profonde disuguaglianze che esistono nel mondo, e quanto noi, in Italia, siamo nella parte ricca del mondo.
Sono profondamente convinta che se vogliamo vivere bene come umanità, se vogliamo stare davvero bene, non possiamo farlo mentre tanti altri soffrono, perché in fondo siamo tutti uno. È una cosa, questa, che sentivo con forza anche quando ero giovane. Tutti i miei bisogni materiali erano soddisfatti, eppure sentivo il sussurro della sofferenza e dell’ingiustiziapresenti nel mondo.
Come possiamo agire?
Noi siamo tanto condizionati, in tutte le nostre scelte, a meno di non prestarvi molta attenzione. Siamo continuamente spiati dalla tecnologia, il tutto sempre per il potere e la ricchezza di pochissimi.
Secondo me, una delle cose più importanti che possiamo fare è collegarci con gli altri, cercare delle persone con cui fare squadra, leggere e scoprire nuove cose. Da soli la nostra possibilità di incidere è limitata, ma cercando persone con visioni e aspirazioni affini possiamo darci forza a vicenda, e insieme possiamo aiutare anche gli spiriti di coloro che vogliono andare nella direzione di una vita più armonica con la natura e con gli altri.
Che ruolo hanno le comunità in questo darsi forza?
Sono fondamentali, io credo moltissimo nella cultura della comunità.
Ci sono ovunque, nel mondo, tantissime belle persone che si impegnano e fanno cose meravigliose. Vivendo in comunità, questo diventa più facile, perché si è circondati da altre persone che, indipendentemente dal loro punto di partenza, hanno deciso di dedicare la propria vita ad un certo tipo di valori. Di solito noi non ci fidiamo molto degli altri, e questo è faticoso. Ecco, potersi fidare di coloro che ti stanno intorno consente di rilassarsi, liberando molte energie.
In questo periodo molte persone nuove si stanno affacciando al mondo delle comunità intenzionali. Come vedi questo slancio?
Vedo questo slancio a costruire comunità come un segno del tempo, e come una cosa positiva. Dove questo porti, poi, è un altro discorso perché per vivere insieme ci vuole innanzitutto un’idealità che vada oltre al semplice desiderio di vivere insieme, più forte delle difficoltà che inevitabilmente si presentano nello stare assieme.