Dopo la nostra ultima inchiesta sui composti chimici inquinanti negli oggetti di largo consumo (Aam Terra Nuova numero gennaio 2005), la questione torna alla ribalta con la pubblicazione del rapporto «I veleni della chimica, bambini a rischio» realizzato con la collaborazione del laboratorio indipendente olandese Tno, cui è stato affidata l’analisi di dodici prodotti di largo consumo per verificare l’eventuale presenza di un gruppo selezionato di composti tossici.
«Il risultato che desta particolare preoccupazione è che le concentrazioni più elevate dei composti pericolosi siano state trovate nei beni di consumo impiegati per i bambini» sottolinea Vittoria Polidori, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace. «I bambini, infatti, hanno la capacità di assorbire più efficacemente i composti chimici e di metabolizzarli (ed eliminarli) molto più lentamente rispetto agli adulti.» In questo modo, i bambini rappresentano la fascia di popolazione a più alto rischio dovuto all’esposizione ai composti chimici pericolosi, i cui effetti si potrebbero manifestare nella crescita con l’insorgenza di patologie di varia natura.
«In seguito anche ad una battaglia di Greenpeace, gli ftalati sono stati banditi nei giocattoli per bambini al di sotto dei tre anni, ma forse il negoziante chiede l’età del bambino alla mamma o se ci sono fratellini o amichetti più piccoli? E in base a quale principio i bambini più grandi non devono essere
tutelati?» si domanda il dottor Latini, direttore dell’U. O. di Neonatologia dell’Ospedale Perrino di Brindisi.
I prodotti sottoposti ad analisi, provengono da aziende scelte in modo casuale: due detergenti per la casa: (ACE Igiene casa e Lysoform casa), due saponi liquidi per neonati (Babygella Bagno delicato, Mustela babygel), quattro giocattoli (Spiderman flip ‘n zip, Barbie Fashion Fever, Eva puzzle mats, La Puzzonite dei puzzones, Girl collection 5 years), due T-shirt sportive (K. T. Shirt MC Sport&Stripes, Maglia bielastica Beba Girl collection) e due lettori Dvd (DVX Pl@yer e DV – P 345 E).
Due dei quattro giocattoli analizzati hanno rilevato concentrazioni estremamente elevate di ftalato DINP, in particolare «Barbie Fashion Fever» con oltre 150.000 mg/Kg (pari a circa il 15% del peso totale) e «Spiderman Flip ‘n zip» con oltre 85.000 mg/Kg (ovvero 8,5% del peso). Solo uno dei due campioni presenta alti livelli di DIDP, trovato in concentrazioni di 11.455 mg/Kg (Barbie). Le analisi hanno evidenziato la presenza di altri ftalati (DCHP, DEHP), anche se in concentrazioni più basse. Inoltre, nei giocattoli in questione, sono stati rilevati altri composti tossici come il nonilfenolo e gli organostannici.
Fonte di contaminazione sono anche le stampe presenti sulle T-shirt sportive per bambini: la «Maglia bielastica Beba Girl collection (5 anni)» e la «K.T.Shirt MC Sport&Stripes», presentano ftalati e, di nuovo, il composto predominante è il DINP (rispettivamente con circa 12.000 mg/kg e 7.000 mg/kg); in più, sono stati trovati altri ftalati, quali il DEHP e BBP. La «Maglia bielastica Beba Girl collection (5 anni)» contiene, anche, 354 mg/kg di nonilfenoli etossilati.
Entrambi i prodotti per la detergenza dei bambini esaminati contengono composti ritenuti a rischio, in particolare «Mustela babygel, bain mousse e’veil» presenta 327 mg/kg di muschio galaxolide (HHCB) e 106 mg/kg di muschio chetone (MK), mentre «Babygella Bagno delicato» rispettivamente 9,3 mg/kg di galaxolide e 42 mg/kg di muschio chetone. Uno dei due prodotti, Mustela babygel, presenta inoltre lo ftalato DEP (589 mg/kg), mentre il Babygella Bagno delicato ha evidenziato una quantità di nonilfenoli etossilati pari a 98 mg/kg.
In genere, quando si denuncia la pericolosità delle sostanze utilizzate in prodotti di largo consumo, la prima reazione delle case produttrici consiste nell’affermare che «oramai non si può fare a meno di certe sostanze». In realtà, numerosi composti pericolosi continuano ad essere utilizzati nonostante da tempo esistano sul mercato alternative più sicure. Tutto ciò avviene solo perché non esiste un requisito legislativo o economico che imponga la sostituzione sistematica dei prodotti più pericolosi.
Alcune compagnie stanno già avviando una politica aziendale che prevede l’eliminazione delle sostanze nocive dai prodotti che commercializzano. Tra questi esempi, possiamo citare la Chicco, un produttore di giocattoli e prodotti per bambini, che ha deciso di eliminare la percentuale residua di utilizzo di PVC, circa il 3% dai suoi prodotti a catalogo, entro i prossimi tre anni.
Analogamente, Samsung e Nokia si sono impegnati ad eliminare gradualmente diverse sostanze pericolose dai loro prodotti, fra cui i ritardanti di fiamma, i composti organostannici e la plastica in Pvc.
Se da una parte l’emanazione di norme più restrittive, la maggiore sensibilità dell’opinione pubblica, nonché la scelta di alcune aziende di promuovere la propria immagine sul versante ecologico stanno facilitando sempre più l’affermarsi del principio di sostituzione, dall’altra sono ancora numerose le aziende che rifiutano di sostituire volontariamente i composti a rischio con altri meno nocivi per l’ambiente e l’uomo. E allora, in attesa di una legislazione più severa, ben vengano ricerche come queste, il cui scopo è quello di denunciare le aziende poco sensibili dal punto di vista ecologico.
«Il nuovo sistema Reach, relativo alla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche, che dovrebbe entrare in vigore nei paesi Ue entro il 2006, dovrebbe definire la procedura di autorizzazione attraverso cui sostituire ed eliminare gradualmente le sostanze pericolose, in particolare quelle più dannose per la salute pubblica e l’ambiente» aggiunge la Polidori.
Queste sostanze, definite dal sistema Reach come «estremamente problematiche», includono composti persistenti, bioaccumulanti, tossici (PBT); quelli molto persistenti e molto bioaccumulanti (vPvB); i composti che possono causare insorgenza di tumori, danni agli organi riproduttivi, mutazioni genetiche (Cmr) ed i composti che possono danneggiare il sistema ormonale (interferenti endocrini).
Com’era prevedibile, la proposta Reach (pubblicata dalla Commissione europea nell’ottobre 2003), è stata sottoposta ad un’intensa attività di lobby da parte dell’industria e l’attuale bozza di regolamento contiene un escamotage nella procedura d’autorizzazione che rischia di permettere l’uso delle sostanze «estremamente problematiche» anche quando sono disponibili alternative più sicure, consentendo all’industria di poter convincere le autorità pubbliche che i rischi legati all’impiego di questi composti possono essere «adeguatamente controllati». Tutto ciò nonostante sia oramai da tempo chiaro che il concetto di «controllo adeguato» non può essere applicato per molti composti pericolosi, soprattutto per quelle sostanze che sono persistenti e bioaccumulanti. Greenpeace sostiene che, per far sì che Reach possa essere realmente un provvedimento utile per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dell’uomo dall’esposizione ai composti chimici pericolosi, l’autorizzazione per l’impiego delle sostanze «estremamente problematiche» deve essere concessa solo quando non siano disponibili alternative più sicure e il loro uso risulti essenziale per la società.
Gli impegni volontari non sono sufficienti per guidare il settore industriale verso l’innovazione e l’attuazione di soluzioni sostenibili. «L’indagine di Greenpeace dimostra che le aziende continueranno a produrre generi di consumo che contengono composti pericolosi, anche nel caso dei prodotti per bambini, fino a quando la legislazione lo permetterà» continua la Polidori. «È fondamentale quindi che Reach preveda un sistema normativo vincolante a garanzia della salute dell’uomo e dell’ambiente, attraverso l’attuazione di una politica chimica basata sulla precauzione, guidando in questo modo il settore verso l’innovazione».
L’opportunità di emendare il sistema Reach è ora nelle mani dei deputati al Parlamento europeo e dei ministri di governo, che potranno così rafforzare il testo nella direzione di una sempre maggiore e concreta tutela della salute pubblica dai composti pericolosi presenti quotidianamente.
Intanto Greenpeace lancia una raccolta di firme per chiedere un Reach più restrittivo. Le cartoline firmate, indirizzate ai tre ministri competenti (Attività Produttive, Ambiente e Salute) saranno raccolte nelle prossime settimane dai Gruppi locali di Greenpeace in diverse città italiane, in ogni caso sarà possibile aderire alla campagna anche tramite internet attraverso il sito dell’associazione ambientalista (
www.greenpeace.it/ inquinamento/casadeiveleni/cyberazione.html).