Ad alcune donne può capitare di partorire senza assistenza perché non sono riuscite ad arrivare in tempo all’ospedale o perché per la rapidità del parto, l’ostetrica non è riuscita a raggiungerle. In questi casi le donne hanno partorito, appunto, senza personale medico e senza ostetrica.
Ci sono donne, invece, che il parto non assistito lo scelgono. Scelgono di partorire, spesso nell’intimità della loro casa, e di dare alla luce il loro bambino confidando solamente nelle loro forze.
Federica Mattei, madre di 5 figli, psicoterapeuta ed educatrice, è una di queste mamme. La sua decisione di fare un Unassisted Childbirth, letteralmente parto senza assistenza, è stata una scelta consapevole e determinata, come spiega lei stessa, benché in Italia venga vista ancora come radicale.
“Due anni dopo la nascita del mio primogenito- spiega Federica Mattei – ho perso la mia prima bambina e il mio era un aborto interno. Ho deciso di averla a casa perché, quando alla terribile notizia avevo chiesto cosa dovevo fare per seppellire il suo corpicino, mi era stato detto che sarebbe finita tra i rifiuti speciali. Ora, grazie a Piccoli Angeli Onlus, so che c’è una legge (1) che permette la restituzione del corpo a qualsiasi età gestazionale per la sepoltura ma allora, che ne ero completamente ignorante, non potevo reggere l’idea che mia figlia finisse in un immondezzaio. Così decisi in accordo con mio marito di firmare, tornare a casa e aspettare che la natura facesse il suo corso. L’esperienza è stata tragica e bellissima insieme perché il mio corpo, che mi aveva tradito nel far vivere la piccola, almeno mi aveva dato la possibilità di accompagnarla a una fine degna. Dopo un’altra gravidanza portata a termine, persi il secondo bambino. Me ne accorsi a una delle eco di routine. Nacque con tutto il sacco amniotico. Entrava nel palmo della mia mano. Un essere minuscolo ma perfetto in ogni dettaglio. Il mio cuore spezzato era innamorato di quella visione così perfetta. É stata la cosa più triste e più bella che abbia mai visto, mio figlio morto ma perfetto in ogni dettaglio”.
E’ da queste esperienze, così forti e tragiche, che matura la consapevolezza che, se era capace di affrontare da sola la morte dei suoi bambini poteva affrontarne la vita. Così, dopo una ricerca fatta per capirne qualcosa di più, scopre il sito “Unassisted Childbirth” di Laura Shanley(2).
“Ho contattato Laura- spiega Federica- ed è stata gentilissima. Mi ha aperto un mondo e ho capito che quella era la strada per me. Partorire senza assistenza è, secondo me, un modo per riconoscere la nostra vera natura di “dee madri” e avere fiducia nella capacità del nostro corpo di portare alla luce il bambino. Penso che questa capacità ci sia stata strappata man mano dalla cultura per renderci, consciamente o inconsciamente, sottomesse, per toglierci il potere fisico e psichico che invece ci appartiene”.
Questa modalità di partorire, che in Inghilterra e in America sta riscuotendo sempre più consensi, si basa sul concetto che la donna durante il travaglio debba essere sostenuta emotivamente, o semplicemente lasciata sola, senza essere circondata da personale medico e macchinari.
«In ospedale, spesso alla donna viene detto che cosa mangiare, in genere nulla, quale posizione assumere, generalmente stesa a pancia in su causando il restringimento dell’uscita pelvica e impedendole di utilizzare la forza gravitazionale naturale e le viene detto quando spingere e quando non spingere , interferendo con la sua conoscenza istintiva della nascita» spiega Federica.
“Tutta la conoscenza di cui la madre ha bisogno per la nascita del bambino è già dentro di lei – spiega nel suo sito Laura Shanley – il suo compito è semplicemente quello di rilassarsi, fidarsi del suo corpo, e consentire al suo bambino di entrare nel mondo. Nel tipo di UC che io sostengo tenere il conteggio delle contrazioni e controllare la dilatazione non è necessario. Se una donna è in contatto con il suo corpo, lei sa quando spingere. Il controllo della dilatazione può non solo essere doloroso e invasivo, ma può anche essere fonte di distrazione”.
Federica, come sono andati i tuoi parti non assistiti?
«Le ultime due figlie sono nate con una nascita non assistita. Per la prima avevamo deciso, più che altro per tranquillizzare mio marito, di avere una ostetrica pronta a intervenire su chiamata telefonica in caso di bisogno. Nel secondo parto unassisted non avevamo neanche quello. Entrambi sono stati potenti, ho vissuto un “empowerment”, mi piace questa parola che purtroppo non ha una traduzione che renda altrettanto bene in italiano. Il primo è stata letteralmente una scoperta.
La possibilità di fare quello che volevo e sentivo senza nessuno che mi dicesse “fai questo o quello”, che mi toccasse, che controllasse la dilatazione o le contrazioni. Avevamo preparato sia il letto che un tappeto morbido per terra. Ho partorito carponi su quello, con mio marito pronto a prendere la bambina. Per la prima volta dopo tre parti ho avvertito chiaramente le acque che si rompevano, il liquido caldo che colava sulle mie cosce. É stato bellissimo. Lui che rispondeva “ce la puoi fare” alle mie grida che finalmente potevano uscire libere quando dicevo “non ce la faccio”. Perché a volte la sensazione era di non riuscire a far passare il bambino. É successo anche per gli altri parti.
Ci sono donne che durante la nascita provano un orgasmo. Io purtroppo non faccio parte di quella categoria! Ho sempre avuto un problema col “lasciare andare” e non c’è niente di più di un parto che ti spinge a farlo. Magari, se riuscirò ad avere un altro figlio e a dominare di più le mie insicurezze sul distacco, ci riuscirò. So che il paragone può sembrare irriverente ma un parto assistito rispetto a uno non assistito è come fare l’amore quando sai che nella stanza a fianco c’è qualcuno piuttosto che quando hai la casa solo per te.
Avevo la possibilità di essere me stessa al 100% senza dovermi trattenere perché l’unica persona che era con me era la stessa persona con cui quel figlio lo avevo concepito. Quella vita alla luce cominciava con le uniche persone presenti quando era cominciata in utero. Chi, oltre me, conosce il mio corpo e la mia anima più di mio marito? Ci sono persone che non sono infastidite dalla presenza di altri in momenti particolari. Io invece sono una di quelle che vuole la propria intimità.
La mia casa è la mia tana e la mia famiglia sono mio marito e i miei figli e basta. Il nucleo è questo. Chiunque altro è un di più. Siamo una famiglia piena di amici, casa nostra è sempre un porto di mare, ma nei momenti speciali amiamo essere noi da soli.
Mi ricordo quanto è stato buffo organizzarci per riuscire a girarmi per mettermi seduta e prenderla in braccio, scavalcare il cordone mentre lui la teneva in braccio è stato un capolavoro di acrobazia! Ma che bello essere noi e non un estraneo a toccarla e a prenderla in braccio per primi ed essere noi a scoprire il sesso allargando le gambine senza che fosse l’ostetrica a dare l’annuncio.
Il secondo parto è stato nella vasca da bagno ma non era stato pianificato per accadere li. Mi ero soltanto messa in ammollo per rilassarmi durante le contrazioni. Quando ho sentito all’improvviso la testina spingere violentemente verso il basso. Nel momento in cui ho provato ad alzarmi ho capito che non sarei riuscita ad uscire da lì. La piccola spingeva con tutta la sua forza e io non riuscivo ad alzare le gambe per scavalcare il bordo della vasca. Così è nata li.
La cosa buffa è stata che poco prima eravamo stati in ospedale a fare il monitoraggio perché avevo finito il tempo. Io non ho mai avuto contrazioni che il tocografo registrasse ma forti dolori alla schiena. Quando l’ostetrica ci disse che eravamo molto lontani dal parto io le dissi che con quei dolori la precedente figlia era già nata da un pezzo. Tornammo a casa e nell’arco di pochissimo nacque la bimba.
Quando il giorno dopo andai per farle fare lo screening delle malattie metaboliche l’ostetrica era basita. Le risposo: “conosco il mio corpo”. Detto questo la mia non è una critica, anzi le ostetriche sono figure importantissime. Sono molto più attente del personale medico alle esigenze delle donne e dei neonati, alle dinamiche del parto. Ma non sono noi. Molte dovrebbero imparare a fidarsi di più della donna e a intervenire il meno possibile. Anche nei parti in casa».
Non avevi paura che qualcosa andasse storto?
«No, francamente non avevo paura. É dimostrato che se un parto non viene disturbato avviene nella quasi totalità senza complicazioni. Il nostro parto, come quello degli altri animali, se viene disturbato o si blocca se è in fase precoce, o diventa precipitoso se non può essere bloccato. Questo perché il nostro cervello animale “mette in sicurezza” mamma e bambino: impedendo il parto se si può bloccare o facendo sgravare (nel vero senso della parola) la donna per permetterle di scappare col bambino. Per questo, secondo me, moltissime donne, me compresa, hanno pessime esperienze di parto assistito.
Il nostro cervello animale rema contro! Anche negli ambienti più rilassati, in penombra l’inserzione delle dita in vagina per controllare la dilatazione o la semplice presenza di una persona estranee, e perciò ritenuta un pericolo dal nostro cervello atavico anche se è personale qualificato, può portare a travagli sfibranti e a parti complicati. Poi, come già detto, se avessi avuto sentore che qualcosa non stesse andando per il verso giusto avrei cercato aiuto. Però ho riflettuto molto sul fatto che ovunque nel mondo le donne partoriscono da sole.
Quante volte leggiamo di donne che hanno partorito in macchina, in ascensore, nel bagno di un ristorante, in aereo. Tante. Tutte le testimonianze dicono che la donna non ha fatto in tempo ad arrivare in ospedale ma che “per fortuna” mamma e bambino stanno bene. Come se l’ospedale fosse l’unica cosa importante, come se non fosse naturale per le donne partorire da sole bambino sani.
Certo: un parto non assistito può andare male, come vanno male in ospedale o a casa. Chi mi dice: “se non ci fosse stato il dottore” io penso “se non ci fosse stato magari il travaglio sarebbe stato più breve tu saresti stata più aperta e in forze e non ci sarebbero stati problemi”. So che mi attirerò molte critiche ma credo fermamente che si faccia troppo allarmismo sul parto non assistito che restituisce il pptere e la forza alle donne. Comunque eravamo molto preparati all’evenienza che qualcosa andasse storto. Soprattutto facendo un grosso lavoro sulla nostra sicurezza interiore, sul fatto che io ero in grado di far nascere da sola i nostri figli e sull’idea che se qualcosa fosse andato male avremmo dovuto prenderci la responsabilità invece che scaricarla sulle spalle dei medici o delle ostetriche».
Per chi volesse fare un parto non assistito come consigli di prepararsi?
«Noi avevamo letto diversi libri(3). I libri scritti dai dottori dicono che non puoi affidarti alle ostetriche ma devi affidarti ai dottori, i libri scritti dalle ostetriche ti dicono che non puoi affidarti ai dottori ma devi affidarti alle ostetriche o, se proprio non vuoi, a una doula. Nessuno ti dice che devi credere e affidarti a te stessa.
Nessuno pone il focus sulla vera protagonista del parto: la partoriente! Questa la trovo davvero una assurdità. Non sono una femminista (etimo: colei che allatta) sono una donna: colei che domina. É questo il ruolo che meritiamo. Siamo capaci si di allattare ma anche di portare alla luce un figlio. Chi altri tra gli umani può? Riprendiamoci questo ruolo che ci è stato tolto mano a mano che la civiltà progrediva.
Noi siamo le dee madri. Noi abbiamo in noi stesse questa capacità. Riscopriamola. Online ci sono molti video di parti non assistiti. Ne trovate di tutti i generi. La maggior parte sono veramente toccanti e soprattutto fanno vedere quanto diverse sono le possibilità di nascita se la scelta viene lasciata alla donna o alla sua famiglia senza intromissioni. Ci sono parti nei fiumi, nel mare, in montagna, ci sono parti nella vasca, in cucina, nel letto. In piedi, sedute, accoccolate, carponi, sdraiate, in qualsiasi posizione. Ci sono solo il marito presente o anche i figli, le madri, le amiche, gli amici. Non condivido molte di queste idee.
Da animale penso che al parto ci dovrebbero essere meno presenze possibili e il luogo dovrebbe essere il più appartato e confortevole. Ma tutta questa varietà dimostra che l’importante è sentirsi a proprio agio con questa scelta: non importa dove e con chi».
Note:
(1) art. 7 commi 3 e 4 del D.P.R. 10.9.90 n. 285
(2) scrittrice free-lance, consulente nascita, autore del libro e dell’omonimo sito “Unassisted Childbirth “
(3) Letture consigliate da Federica: “Unassisted childbirth” di Laura Shanley, “The power of pleasurable childbirth” di Laurie Annis Morgan, “Unassisted homebirth: an act of love” di Lynn Griesemer e “Come gently sweet Lucina” di Pat Carter che non esiste più in cartaceo ma si trova in lettura libera sul web.
Letture utili:
Per saperne di più:
Si ringrazia Laura Shanley per la foto