Ad oggi in Italia si sta assistendo a una crescente medicalizzazione della gravidanza e del parto, con un conseguente aumento degli esami diagnostici prescritti in modo sistematico e di pratiche terapeutiche complesse e invasive. I dati ISTAT rilevano come sia incrementa la quota di donne che eccede nei controlli ecografici: il 37,6% ha fatto almeno 7 ecografie durante la gestazione contro il 23,8% del 2000 e il 28,9% del 2005 (1). Tuttavia l’aumento di esami prenatali, come l’ecografia, con il conseguente aumento dei costi della gravidanza, non comporta di pari passo l’aumento della qualità di salute della mamma e del bimbo. “L’ecografia di routine – dice Clara Scropetta autrice di
“Accanto alla madre” (2)- non ha dimostrato effetti significativi sulle statistiche. Questo significa che l’esposizione a più ecografie durante al gravidanza non garantisce un esito migliore. È stato invece dimostrato che l’esposizione all’ecografia ha un effetto inibitorio sulla crescita del bambino: anche se si tratta di una piccola diminuzione
statistica del peso alla nascita, ciò indica che non è un esame totalmente neutro come a lungo si è creduto”. I dati raccolti dall’ISTAT rilevano come sia determinante la figura professionale che segue la donna in gravidanza per il livello di medicalizzazione. Le donne seguite da un ginecologo privato effettuano più spesso 7 o più controlli ecografici (il 45,2%), mentre le quote sono più contenute tra quante sono state seguite da un ginecologo del consultorio (il 17,3%) o di una struttura pubblica (il 28%). Anche nel caso di gravidanza fisiologica l’elevato ricorso a controlli ecografici è molto più alto nel privato (41,8%) rispetto al pubblico (18,5%). (3) Tuttavia è importante evidenziare come la scelta di quanti e che esami fare durante la gravidanza resti comunque dei genitori e che non effettuare esami prenatali è possibile. Micòl Del Castillo, doula e madre di tre bimbi, è una donna che ha fatto questa scelta: “Ho potuto sperimentare nella prima gravidanza l’effetto nocebo collegato alla conoscenza di ‘dati presunti’ derivati da analisi ed ecografie. Questa strada mi aveva portato in una dimensione di fiducia e ascolto di me stessa ridotti. Mi sono detta che avrei prima ascoltato e poi eventualmente chiesto il supporto di personale qualificato se avessi avuto percezione di pericolo o eventi anomali, come emorragia, dolore o altro. Tuttavia non si è manifestato niente del genere, anzi, il mio stato di salute generale in entrambe le gravidanze è stato ottimo, per cui non ho reputato necessario interpellare esperti della malattia.” Secondo Clara Scropetta spesso i risultati vengono comunicati in modo da indurre ansia e preoccupazione, mentre l’obiettivo delle visite prenatali dovrebbe essere quello di aumentare la tranquillità e il benessere della donna e del bimbo, che influenza positivamente il decorso della gravidanza.
Preoccupazione ed eccessiva medicalizzazione possono portare tra l’altro a una sfiducia sulla capacità che ogni donna ha nel portare in grembo e dare alla luce il proprio figlio, delegando, inconsciamente, il suo ruolo attivo nella gravidanza e nel parto. Non a caso è in aumento il ricorso al taglio cesareo e, sempre secondo i dati ISTAT, l’Italia resta il paese europeo con il tasso più alto, pari al 36,3% secondo i dati del 2013, relativi alle schede di dimissione ospedaliera (SDO) del Ministero della Salute. (4)
Di pari passo con la scelta di non fare esami prenatali,
Micòl Del Castillo ha deciso che per lei era importante mantenere il contatto con se stessa e scegliere chi far entrare nel suo spazio sacro durante il parto. Nel suo caso due volte ha optato per un parto non assistito. Un parto senza operatori medici, ma anche in cui, precisa Micòl, le uniche persone presenti sono figure che non sottraggono il potere della scelta di come agire e non ‘guidano’, ma si limitano a tenere lo spazio sacro della nascita libero da paura, ansia, rumore, luce. “Ho scelto di partorire senza assistenza – spiega – perché non volevo che nessuno mi dicesse cosa fare. Durante il mio primo parto, avvenuto a casa con un’ostetrica, mi sono sentita guardata e
giudicata. Non mi sono sentita libera di seguire il mio istinto e questo ha provocato dolore e confusione in me. Ho sentito anche che con una persona ‘esperta’ accanto tendevo a delegare e aspettare che fosse lei a decidere tempi e modi, trascurando l’ascolto di me stessa. Ho sentito un profondo bisogno di silenzio, che non era solo assenza di parole ma energia rivolta verso dentro e non verso fuori”. Anche se l’ostetrica è la figura professionale compentente per il parto fisiologico, a causa del tipo di formazione prevista e delle normative vigenti non sempre purtroppo agisce in piena libertà o ha sviluppato appieno la sua arte, di stare accanto alla donna senza interferire finché tutto procede bene.
Micòl puoi raccontare come sono andati i tuoi parti non assistiti?
Nella mia prima esperienza un punto di forza è stato avere già a casa mia da diversi giorni le persone che volevo accanto così da non entrare nella dinamica di dover chiamare qualcuno ‘quando tutto inizia’. Questo non mi ha fatto preoccupare del fattore tempo o del conteggio delle contrazioni e ho potuto decidere serenamente fino a quando ero in grado di stare sola. Il fattore tempo, invece, è stato il punto di debolezza della seconda esperienza poiché desideravo affidare i figli grandi a un’amica e dovevo decidere quando chiamarla, e anche perché quella notte dormivano da me persone che non volevo assistessero al parto. Mi sono ritrovata a dover pensare a come preparare l’ambiente, ad affidare compiti, ecc. Sento che tutto questo mi ha fatto restare vigile più del necessario in un momento in cui la razionalità non doveva avere spazio. Nella prima esperienza non ricordo di aver avuto paura. La sensazione ‘negativa’ più forte è stata quella che le persone accanto a me fossero incentrate sul loro vissuto anziché sull’essere a servizio, e l’ho percepito come un rumore di fondo che disturbava. La sensazione più forte ed energizzante è stata quella di essere connessa con tutto l’universo, aver abbandonato la mia scatola pensante da qualche parte lungo la via e oltrepassato ‘le porte della percezione’. Un grande piacere, un forte orgasmo (5) ha accompagnato la nascita di Cosimo. Nella seconda esperienza ho avuto un po’ paura della stanchezza e una sensazione alterata di come si svolgeva il processo, dovuta alle dinamiche esterne a me. Ho pensato, con la testa ahimè (6), che sarebbe durato a lungo ma ero già stanca e il dolore era molto forte. Mi sono sorpresa come, di fronte a una difficoltà che non avevo previsto, ho desiderato avere qualcuno accanto poiché ero sola del tutto. In realtà erano appena trascorse 7 ore dalle prime contrazioni e tutto era stato estremamente semplice e questo, pur avendo avuto molte inseminazioni positive dell’immaginario sul parto, mi sembrava non potesse essere tutto. Quando sono arrivata alla fase espulsiva la casa era fervente nell’attività del risveglio per cui è stato come si viaggiasse su due frequenze diverse… la gente intorno a me si è preparata a sgombrare il campo comportandosi da ‘è tutto iniziato’, ma in realtà tutto stava finendo… in questa dissonanza mi sono accordata con il loro sentire invece che col mio e ho avuto paura di essere solo all’inizio e di non trovare la forza per arrivare alla fine. Tuttavia dal momento in cui ho formulato questo pensiero a quando è nato Amir sono passati 20 minuti. La sensazione più forte della nascita di Amir è stato il mix tra intimità e senso di comunità. Fuori dal mio spazio sacro, ma a portata di mano, avevo persone importanti e, quando ho permesso loro di entrare a conoscere il nuovo nato, ho avuto il lettone invaso da 7 bimbi e bimbe di varie età, stupiti ed emozionati. Penso che questo momento di condivisione con loro sia stato emozionante quasi alla pari con il momento della nascita.
Com’erano i bimbi appena nati?
Entrambi erano visibilmente sani e belli, perfetti e magici. Subito pronti ad attaccarsi al seno, ‘la diade mamma-bambino’, come dicono gli esperti, è stata subito affiatata e spontaneamente accordata come in una danza.
Non avevi paura che qualcosa andasse storto?
No. Semplicemente no.
Cosa ti senti di dire a persone che criticano la tua scelta?
È una domanda difficile. Ormai da anni non rispondo alle critiche perché reputo difficilissimo il confronto con chi ha tanta paura ma non lo vede, e spesso per il parto è così. Le ‘critiche’ sono spesso paure e io posso agire solo sulle mie paure, non su quelle degli altri. Posso dire solo ‘per me funziona’, ‘questo mi fa stare bene’ ma nulla di più, perché sento il rischio che sembri voglia convincere di una cosa che evidentemente non rispecchia i loro valori e i loro bisogni.
A chi volesse fare un parto non assistito come consigli di prepararsi?
Forse se una donna arriva a prendere in considerazione l’opzione è già pronta. Avere accanto una donna che ha già vissuto questa esperienza può essere utile, perché può occuparsi di cose pratiche senza parlare o far percepire la propria presenza, sollevando la donna che partorisce da pensieri molesti.
Micol è una delle donne che ha avuto il coraggio di riprendersi la piena responsabilità, scegliendo quello che era meglio per lei e i suoi figli. La sua tattica le ha permesso di evitare le usuali interferenze mediche. Altre donne, invece, raggiungono questo obiettivo grazie al prezioso lavoro delle ostetriche libere professioniste, altre recandosi in ospedale ma con alcune cautele, per esempio declinando la frequente offerta di induzione e presentandosi solo a travaglio ben avviato.
Un tempo il periodo della gravidanza veniva protetto dalla comunità, sapendo istintivamente che lo stato emotivo della donna è fondamentale. Si pensa inoltre che appartarsi per partorire da sé fosse la norma in un lontano passato, come è stato osservato in alcune popolazioni native. “Se si capisse la reale importanza del primo periodo della vita – dice Clara Scropetta citando Michel Odent – e del fatto che i processi fisiologici avvengano quanto più possibile indisturbati, si opterebbe per un approccio selettivo piuttosto che quello odierno standardizzato, per evitare interventi superflui. Se si capisse l’importanza del benessere della donna in gravidanza e si conoscessero le condizioni che rendono il parto il più facile e veloce possibile, e quindi più sicuro, aumenterebbe di molto il numero di donne che – in ogni contesto, anche in un ospedale di terzo livello – partoriscono con le proprie forze: senza assistenza, appunto. Una donna per fare quest’esperienza non sarebbe costretta a una scelta radicale, che evidentemente sono poche a sentirsi di fare. Molti più bambini nascerebbero con la loro forza vitale integra, e sarebbe un vantaggio per tutta la collettività”.
Note
(5) Clara Scropetta in
“Accanto alla madre” scrive: il parto è regolato da un cocktail di ormoni dell’amore che cambiano continuamente e raggiunge il suo acme pochi minuti dopo la nascita del bambino. Potremmo anche chiamarlo “cocktail orgasmogenico” […] e questi ormoni hanno la capacità di indurre uno stato emozionale trascendente, che permette di accedere a una realtà diversa da quella spazio-temporale quotidiana.
(6) Clara Scropetta in
“Accanto alla madre” scrive: l’aspetto aspetto fisiologico più importante del processo del parto è la messa a risposo del cervello umano, la neocorteccia, che deve proprio spegnersi! È dalla neocorteccia, dal “cervello che pensa”, che arrivano le inibizioni.