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Giocare in un pianeta verde

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Un parco giochi itinerante si aggira per l’Italia coinvolgendo grandi e piccini con splendidi oggetti in legno, costruiti nel pieno rispetto dei principi dell’ecologia.
Divulgare il gioco creativo, per riportarlo in una dimensione conviviale e meno artificiosa: è da questa aspirazione che nasce Pianeta Verde, un’associazione dedita alla riscoperta di giochi antichi, all’invenzione di nuovi e alla realizzazione di entrambi. Sono Massimiliano Colangelo e Luana De Falco, rispettivamente costruttore di scenografie e ballerina di danza contemporanea, a portare con sé il sapore e l’aroma dello spettacolo, della danza, del teatro, l’arte di costruire e l’amore per il legno; tutte doti e talenti che con l’arrivo del loro primo «cucciolo», si rendono conto di non poter più coltivare e godere come prima.
E allora iniziano a intravedere la possibilità di fare convivere il loro amore per l’arte e lo spettacolo con la nuova compagine familiare: Massimiliano tra uno spettacolo e l’altro inizia a costruire dei giochi in legno, per poi affittare uno spazio di vendita con l’aiuto dell’amico Enzo. È un successo: i giochi vanno a ruba, ma soprattutto offrono loro l’opportunità di osservare come le persone si trasformano a contatto con i giochi.
Da questa prima esperienza si concretizza il progetto di un parco itinerante, che attualmente consiste in cinquanta grandi giochi in legno di venti differenti tipi, dalle costruzioni ai giochi matematici, con i quali è possibile rendere ludico uno spazio di più di 400 metri quadri, tra gazebo, tavoli e istruzioni per l’uso. Lo scopo è fare giocare insieme tutti, grandi e piccini: in una giornata possono partecipare più di 200 persone contemporaneamente.
L’associazione «Pianeta Verde», che attualmente è arrivata a includere una decina di soci, lavora prevalentemente con il legno, a cui vengono abbinati altri materiali naturali, rifiniti esclusivamente con cere e vernici atossiche. «Le giornate in genere cominciano in sordina», racconta Massimiliano «con le persone che si avvicinano titubanti, un po’ turbate da questa presenza che non capiscono nella loro piazza o nel loro parco e timidamente cominciano a giocare, aspettandosi forse “la fregatura”: c’è chi chiede quanto si paga, chi si aspetta di dover comprare qualcosa, chi si ferma al “non sono capace”. In genere sono in pochi a conoscere questi giochi ed è proprio questo il nostro
ruolo di “facilitatori”. Accompagniamo grandi e piccini al gioco, invitandoli, mostrando, unendo più
persone intorno ad un gioco; sempre però cercando di intervenire il meno possibile, con la giusta
discrezione. Beninteso ci sono le spiegazioni, alle volte un po’ ostiche, e chi ha imparato spiega agli altri come si fa, si sbaglia e si riprova, così si gioca e così il gioco comincia».
«È meraviglioso guardare le persone giocare» aggiunge Luana «la loro attenzione, il modo in cui trasformano le regole e si trasformano esse stesse, come si spogliano delle loro timidezze e si rivestono di disinvolta partecipazione. A Fornovo un signore di quarant’anni è stato a giocare per tre ore con la “Grande Torre” urlando e saltando, come un ragazzino con i suoi amici, ogni volta che questa cadeva; a Monticelli Terme c’erano due omoni grandi e grossi seduti per terra a giocare con le costruzioni: non giocavano con i bambini, ma come i bambini, interamente assorti, ignari degli sguardi altrui; era magico». «Sempre la Grande Torre» prosegue Massimiliano «ha stimolato due signori decisi a sfruttarla in verticale usando tutti i pezzi disponibili.
Quando sono arrivati ad un’altezza che non consentiva loro di continuare, hanno cominciato a farsi aiutare dai bambini, prima prendendoli per la vita, poi non soddisfatti, afferrandoli per le caviglie in modo che potessero posizionare il loro pezzetto di legno sul piano più alto. Si è così formata una stupenda fila di scriccioli alti meno di un metro, ognuno con il suo blocco in attesa di essere sollevato per fare crescere il gioco. Sono arrivati al massimo e non è caduta, è rimasta ferma per qualche minuto in bilico, oltre i tre metri, per poi cadere nell’unico spazio libero – per fortuna. Ci sono anche bambini che imparano ad andare sui trampoli da soli, semplicemente osservando gli altri, e non li mollano più per delle ore, paonazzi come peperoni, sudati da strizzare e soprattutto felici». Siamo abituati, noi adulti, a sapere fare più dei bambini, ma qui spesso i ruoli si capovolgono e ciò che un adulto non riesce a fare, a un bambino riesce molto più facilmente. Così piccoli e grandi si confrontano, si scambiano consigli, si aiutano, competono anche, ma ridendo. Ognuno trova il suo gioco e… naturalmente la parte più difficile è andare via. Il percorso di Pianeta Verde non finisce qui: per il futuro l’aspirazione è quella di trasformare una vecchia cascina in un parco dei divertimenti stanziale, con giochi complessi e meccanici in cui vi siano, oltre all’irrinunciabile principio del divertimento, altri due elementi educativi fondamentali: l’utilizzo di energia rinnovabile e l’impiego del gioco per progetti costruttivi. In questo modo il piacere ed il divertimento, che rimangono la base di ogni principio di apprendimento profondo, assolvono la loro funzione di veicoli per l’acquisizione di elementi
formativi. L’idea è di realizzare «giochi» che sfruttino per il loro funzionamento l’energia solare, eolica, idrica ed umana e che quale «scarto di lavorazione» rilascino olio, farina, fiocchi, succhi e quant’altro.
«Immaginate quanta energia produrrebbero tutti i frequentatori di palestre» conclude Luana «se i loro attrezzi fossero progettati per trasformare lo sforzo fisico in energia utilizzabile e se tutto questo fosse accompagnato, invece che dalla smania di essere ed apparire, dal piacere di giocare e condividere! Provate a osservare il viso di un bambino quando svolge un compito divertente e produce qualche cosa di fruibile; lì potete scorgere la pura gioia di vivere il piacere a tutto tondo».

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