La ricerca ci dice che genitori e figure adulte di riferimento svolgono un ruolo fondamentale nell’instaurarsi di una sana autostima in bambini e ragazzi, nonché nel risanare eventuali carenze che nel corso della vita possono determinarsi. Può risultare estremamente utile, a tal proposito, essere a conoscenza di accortezze relazionali e comunicative anche piccole, che tuttavia, se ripetute con costanza nel quotidiano, possono portare a risultati significativi. Ne parliamo con la dottoressa Valentina Iannuzzi, psicologa e psicoterapeuta a orientamento psicosintetico. Lavora come libera professionista sul territorio di Firenze e Fiesole. Tra i suoi interessi vi sono il lavoro psico-corporeo e le tecniche espressive legate alla danza ed al movimento, nonché le tematiche legate all’età evolutiva, e alla genitorialitá
Che importanza e che ruolo possono rivestire i genitori in questo? Quali gli errori da evitare? E le accortezze da mettere in campo
I genitori possono rivestire un ruolo fondamentale nella costruzione e mantenimento di una sana autostima dei figli. Ciò può essere mediato fortemente dalle modalità relazionali e comunicative utilizzate. Non solo sarà fondamentale il modo in cui comunichiamo verbalmente, le parole che scegliamo ed i concetti che veicoliamo, ma anche le modalità in cui lo facciamo, il tono della voce, lo sguardo, la vicinanza fisica, la gestualità, persino i pensieri e le immagini interne. Potrà sembrare banale, ma la possibilità di trasmettere stima ai propri figli si basa innanzitutto sull’avere una sana e globale visione di loro, che possa essere rispecchiata in modo genuino tramite la relazione. Infatti, è più facile comunicare qualcosa all’esterno, quando quel contenuto è innanzitutto ben radicato dentro di noi. Sono, io per primo, consapevole delle qualità di mio figlio? Sono in grado di accettarne i limiti? Come reagisco di fronte ai suoi errori? Una visione di questo tipo si può ottenere innanzitutto osservando i propri bambini e rilevandone con onestà le caratteristiche, cercando di prendere distacco da quelle che sarebbero, invece, le proprie aspettative ed i propri desideri. È importante ricordare che stima non significa idealizzazione e consapevolezza del limite non significa svalutazione. Trasmettere una sana autostima include tanto la comunicazione delle qualità, quanto la consapevolezza e accettazione del limite, invitando a una visione di sé globale, che includa pregi e difetti.
È importante rispecchiare le potenzialità e qualità con realismo e concretezza, senza idealizzazioni, né ponendo il bambino su un “piedistallo” su cui potrebbe sentirsi scomodo e sotto pressione. Esaltarne troppo determinate caratteristiche, inoltre, può creare false aspettative che potrebbero essere deluse nel confronto con il mondo esterno determinando, con buona probabilità, frustrazione e, in qualche caso, demotivazione a confrontarsi e socializzare coi coetanei. D’altro canto, l’accettazione e inclusione del limite umano e della fragilità, sono molto care al modello della psicosintesi e rappresentano un nodo fondamentale nella strutturazione di un’autostima autentica (e non narcisistica). Spesso, ciò che più ci scoraggia nella percezione del nostro valore, infatti, non dipende tanto, o per lo meno non solo, da una mancanza di consapevolezza delle nostre qualità, quanto dall’aver sviluppato un senso di rifiuto e inadeguatezza per i nostri limiti. Essi diventano allora un carico pesante da portare sulle spalle, qualcosa da nascondere e di cui vergognarsi, alimentando malsane convinzioni di valere poco ed essere “diversi” dagli altri. In questo senso, un’accortezza molto preziosa è data dall’assumere un atteggiamento costruttivo, di amorevole accettazione e accoglienza anche di fronte fragilità, che spesso si manifestano in modi dirompenti, talvolta non piacevoli. Nel caso ci sia l’esigenza di reindirizzare e correggere atteggiamenti e comportamenti scorretti e disdicevoli, ricordiamo sempre che, anche laddove i bambini mostrino atteggiamenti disobbedienti e menefreghisti, rimangono pur sempre sensibili e attenti a come l’adulto si rapporta a loro. Si può essere fermi e autorevoli, pur senza scadere in atteggiamenti distruttivi.
Quali sono i principali “nemici” di una sana valutazione del sè?
È bene che un genitore sappia che i principali nemici di una sana valutazione di sé e del proprio valore sono la critica ed il giudizio. Evitare dunque di esprimersi con modalità “svalutanti”, come ad esempio: “Sei davvero brutto quando piangi”, oppure “Sei sempre il solito pasticcione”, “Non ne fai una buona”. Se proprio non è possibile astenersi da considerazioni di questo tipo, è utile riferirsi al comportamento e non alla persona. Ciò che è in discussione non è sicuramente il valore personale, quanto la qualità di ciò che viene messo in atto. Piuttosto che dire, ad esempio, “Sei davvero maleducato, non si fa!”, si può spostare il focus sull’azione dicendo “questo comportamento non è affatto educato, sai? Potresti trovare un modo diverso per ottenere ciò che vuoi”. In conclusione di quanto detto finora, qualità e limiti sono entrambi aspetti determinanti nella strutturazione di una sana autostima. Ciò che un genitore può fare è prendersi cura dell’atteggiamento e delle parole con cui a essi si rapporta, cercando di basarsi su una genuina intenzione di essere aperto, accogliente, amorevole e, cosa molto importante, realistico.
Quale il ruolo e le accortezze da parte di altri adulti di riferimento, come per esempio nonni o insegnanti?
Nonni o altre figure adulte di riferimento (come ad esempio zii o amici di famiglia) possono avere un ruolo importante nell’integrare la visione di sé di un bambino. Infatti, ognuno sarà più incline a cogliere e rispecchiare aspetti diversi del suo modo di essere, offrendo una ricca visione d’insieme della personalità. Un discorso a parte va fatto per gli insegnanti, che hanno una funzione chiave nei vissuti legati all’autostima, in particolare per quanto concerne la valutazione degli apprendimenti. Come già spiegato per la genitorialità, anche in questo caso è importante orientare la valutazione al comportamento/compito e mai alla persona. Sarà altresì fondamentale che non limitarsi all’individuare e correggere errori, ma orientarsi anche al rilevare e rispecchiare le qualità di ogni allievo. Infine, è molto importante il modo in cui l’insegnante si rapporterà al gruppo classe nel suo complesso, che dovrebbe essere finalizzato a creare collaborazione e condivisione, anziché competizione e confronto.Ciò può concretizzarsi nel valorizzare la diversità, evidenziando la varietà delle qualità di cui ognuno è portatore e incoraggiandone l’espressione.
Quando un adulto mette gravemente a repentaglio l’autostima di un bimbo/figlio/studente?
Tra i principali comportamenti dannosi per l’autostima vi è sicuramente quello di adottare modalità critiche e distruttive nei confronti dei propri figli, come già accennato sopra. Tali modalità possono iscriversi nel funzionamento della personalità ed arrivare a condizionarne lo sviluppo. Tuttavia, un altro atteggiamento potenzialmente dannoso e piuttosto diffuso consiste nel caricare il proprio figlio di aspettative e richieste più o meno implicite che, più che fare il suo bene, rispecchiano un interesse ed un bisogno dell’adulto. Il bambino non solo non è visto per ciò che realmente è, ma non è nemmeno lasciato libero di esprimersi ed essere se stesso, costretto a calibrare il proprio comportamento su ciò che intuisce, in maniera più o meno diretta a seconda delle situazioni, essere il desiderio del genitore. Il risultato è piuttosto simile a ciò a cui spesso si va incontro nel caso di critiche e giudizi: senso di inadeguatezza e la convinzione di non andare bene così come si è, dovendosi modificare e “migliorare” per andare incontro alle aspettative dell’adulto. È spesso questo il meccanismo alla base degli atteggiamenti perfezionisti e prestazionali molto diffusi tra i nostri piccoli oggi.
Se dovesse sintetizzzare un vademecum del genitore che alleva figli felici, come lo formulerebbe?
Raccomanderei di puntare innanzitutto sulla relazione, in modo che sia autentica, comunicativa e trasparente. Laddove esista una buona relazione, molti errori possono essere recuperati attraverso la volontà, il dialogo ed il mettersi in gioco in prima persona. E d’altra parte sarà più probabile che un figlio comunichi i propri momenti di disagio, che potranno così essere superati insieme. Essere in relazione in modo autentico significa porsi innanzitutto come “persone”, umani di fronte ai propri figli. Al contrario di quanto molti pensano, vedere l’umanità del genitore offre loro un modello realistico a cui ispirarsi per la propria crescita e non troppo difficile da raggiungere. Tra i tanti ingredienti di una buona relazione genitore-figlio, inserirei senz’altro:
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Tempo e spazio a essa dedicato
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Presenza (senza invadenza)
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Comunicazione e ascolto
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Accoglienza e accettazione
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Fermezza e capacità di stabilire limiti
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Amore, espresso nella giusta misura.
Il mestiere di genitore è uno dei più difficili al mondo, e ogni famiglia ha la sua storia, composizione e diversità di componenti, per non parlare delle difficoltà legate alla routine quotidiana che possono interferire col processo educativo nei modi più svariati. Se, da una parte, delle linee guida possono essere tracciate e risultano utili, dall’altra credo che ogni situazione sia unica ed è molto importante poter valutare i differenti fattori in gioco, scegliendo di volta in volta gli ingredienti più adatti alla specificità della situazione.