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Mamma dopo i 35 anni

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Come spiega Verena Schmid, ostetrica di esperienza pluridecennale, oggi questa opzione vede le donne dotate di risorse che permettono loro l’adattamento necessario. E consiglia di evitare l’eccessiva medicalizzazione optando per il rispetto della fisiologia. Verena Schmid è autrice del libro “Mamma da grande. Vivere al meglio la maternità dopo i 35 anni”.
Mamma dopo i 35 anni
Mamma a 35 o 40 anni? Non solo è possibile ma a questa età oggi la donna «dispone di molte risorse psichiche, cognitive, sociali date dalla sua esperienza di vita che le permettono un ottimo adattamento al cambiamento che la gravidanza impone, a tutti i livelli»: lo spiega Verena Schmid, ostetrica con pluridecennale alle spalle e autrice del libro  Mamma da grande. Vivere al meglio la maternità dopo i 35 anni (Terra Nuova edizioni).  
I numeri dicono che sono sempre di più le donne che hanno gravidanze in questa fascia di età e spesso vivono questa esperienza con ansia, dubbi o sollecitazioni per una medicalizzazione sempre maggiore. «Eppure, conoscendo le modalità per rispondere agli stimoli della gravidanza, la donna che ha questa maturità è in grado di prevenire la maggior parte delle patologie ostetriche attraverso la modulazione del suo stile di vita» spiega Verena, che da anni incoraggia le donne a vivere la gravidanza e il parto non come una malattia ma come un evento naturale e di grande potenza emotiva.
«Se c’è un rischio possibile nelle gravidanze più “tardive” può essere dato dallo stress eccessivo che un lavoro intenso e una vita con molti impegni può comportare» prosegue Verena. «Lo stress, se continuo, chiude i rubinetti degli ormoni favorevoli allo sviluppo della gravidanza e toglie risorse all’organismo che sarebbero necessarie. Quindi, la gestione dello stress e la riorganizzazione dello stile di vita sono strumenti più importanti. Poi c’è la necessità di attivare sostegni che permettano alla donna di lasciar andare un po’ il controllo sul mondo e di aprire spazi per il contatto con il proprio corpo e il bambino che porta».

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