“Microbirth”: cosa c’è e cosa manca
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Tra i suoi pregi, quello di essere il primo documentario divulgativo a parlare di microbioma in correlazione alla nascita. Inoltre informa sull’attuale ricerca scientifica e segnala come si rifletta poco sull’importanza del primo periodo della vita per la salute. Oltre a parlare di salute pubblica, suggerisce che siamo un ecosistema e viviamo grazie alla simbiosi con un numero impressionante di microorganismi, che eventualmente ci ricordano di far parte dell’universo. Mi piace che dalla scienza si passi alla poesia.
Tra i suoi limiti, quello di non parlare affatto di come si puo’ fare per rendere il parto più facile e rapido e quindi limitare i casi in cui sono necessari interventi medici. Questo mi sembra particolarmente grave nel contesto attuale, in cui è evidente che nella maggior parte dei casi il parto è talmente difficoltoso da non lasciare scelta. Inoltre ha il limite di lasciare poco spazio al discorso dell’epigenetica e dell’importanza del processo fisiologico del parto in toto, al punto che molti non notano neppure quei passaggi e hanno l’impressione che si parli solo di cesareo e di microbioma.
Certo non condivido il tono allarmista, anche se mi sembra che la situazione sia davvero seria. E trovo che a volte vi siano ripetizioni ridondanti.
Ho accolto con interesse e curiosità i commenti emersi nel dibattito, che vertevano soprattutto sulla specificità dell’argomento (a seconda dei casi il microbioma, il cesareo, la nascita come ‘fattore numero uno’ per la salute) e quindi sulla limitatezza della visione proposta. Mi ha colpito che non siano emerse anche curiosità, domande, voglia di confrontarsi ma capisco che dopo una prima visione si possa restare un po’ disorientati e ci sia bisogno di più tempo per sedimentare le impressioni.
Mi ha colpito che solo pochi abbiano voluto mettere in luce i pregi e il valore che questo documentario ha, se non altro per affrontare aspetti che ci riguardano tutti e sono per lo più ignoti, spesso anche ai professionisti. Personalmente questo aspetto mi sembra molto importante e sento molto gratitudine e rispetto per l’impegno degli autori a creare questo film, con tutte le loro buone intenzioni e la loro energia.
Sono naturalmente d’accordo: il microbioma è solo una finestra tra le tante (sottolineo che nel film si è parlato anche di epigenetica), non esiste solo il cesareo (ma i tassi sono in continuo aumento ovunque, tanto che ogni statistica disponibile è vecchia già nel momento in cui viene resa pubblica; inoltre nel film si parla di processo del parto in toto, con tutti gli ormoni implicati che hanno un ruolo nell’attivazione del metabolismo di base e della catena virtuosa dell’ossitocina, regina del nostro atteggiamento individuale e sociale), non basta una buona nascita a risolvere tutti i nostri problemi (ma non è un buon motivo per sottovalutarla, è ovvio che sia un’espereinza fondante nella nostra vita; inoltre nel film si è sottolineato più volte come si tratti di correlazioni, e l’invito è alla cautela negli interventi, dato che non si esclude che vi siano conseguenze importanti a lungo termine). Sono naturalmente d’accordo sul fatto che grazie allo stile di vita e all’alimentazione si puo’ riequilibrare molto il nostro microbioma, tuttavia non si puo’ rimediare alle anomalie nella maturazione del sistema immunitario, che avviene in una precisa finestra di tempo.
Io stessa mi trovo molto più a mio agio nell’ottimismo e mi è utile mettere in rilievo i punti di forza. Sono l’ultima a desiderare contrapposizione, guerra, lotte e denuncie, eccetera. Sono anzi stanchissima di questo modo di procedere e auspico l’apertura che ci permetta di crescere meglio insieme dai nostri errori, traendone fruttuoso insegnamento. Auspico un confronto schietto, diretto, profondo che ci aiuti a capire, a migliorare, a essere solidali l’uno con l’altro.
Tuttavia mi sembra che la piega che sta prendendo l’assistenza a gravidanza, nascita e puerperio, in tutto il mondo, le misure di tutela sociale ed economica di chi si prende cura delle nuove generazioni, l’importanza che viene data a questi temi nella scaletta delle priorità siano incompatibili con una comunità sana, creativa, felice.
Non voglio essere testimone di tutto cio’ senza dirlo. Non voglio neppure accusare nessuno, mi è molto chiaro che tutto questo ha un senso ed è stato funzionale arrivare fino a qui, ma sensibilità e coscienza mi spingono a condividere con quanti più possibile il dono che mi ha fatto la vita: come fare per facilitare un parto il più rapido e facile possibile e come contribuire alla serenità di una donna incinta e di una puerpera, favorendo di conseguenza lo sviluppo del bambino e la relazione con lui.
Si tratta di accorgimenti semplici, quasi banali, ma fruttuosi. Possono essere applicati ovunque, incluso un reparto di terzo livello, non richiedono investimenti economici e danno risultati stupefacenti. Mi spiace che nel dibattito questo aspetto non sia stato presentato. Chiunque sia interessato mi scriva semplicemente, mi metto volentieri a disposizione.
Ecco questo è il nocciolo delle mie riflessioni. Sono contenta che esista questo documentario e di averne proposto la proiezione. Faccio tutto quello che posso per facilitare in quante più donne possibili, e quindi coppie, famiglie, bambini, un’esperienza senza traumi evitabili.
Avendo vissuto nove anni in Germania, mi viene spontaneo un parallelo con quello che è successo alla popolazione tedesca durante e dopo il nazismo. Tutti coloro che sono rimasti in silenzio, comprensibilmente dato che si rischiava la vita, hanno sofferto enormemente. Il silenzio è una forma di complicità. Tuttora in Germania si respira lo choc del trauma, affatto rielaborato pienamente, nonostante il tempo trascorso. Per quel che riguarda la nascita, per fortuna non si rischia la vita e personalmente scelgo di non essere complice. Scelgo di condividere quello che ho imparato. Scelgo di dare il mio contributo, anche per quel che riguarda l’alleanza e la collaborazione tra tutti coloro che sono implicati e ho profondo rispetto e considerazione per chi si trova ad affrontare esperienze lontane dalla fisiologia e spesso dolorose. Ci vuole coraggio per accettarle e ci vuole coraggio per rielaborarle e farne tesoro. In alcuni casi, scelgo di fare il passatore, come nel film Belle e Sebastien in cui il medico del villaggio francese savoiardo accompagnava le famiglie ebree fino al confine svizzero. Gratuitamente, sfidando la neve e le truppe tedesche.
Solo per amore.
Solo per amore scelgo la vita, la vita ricca, e auguro a noi tutti un ricco, ricchissimo, variegato, multiforme, multispecie microbioma, con cui vivere in pacifica simbiosi, arricchendoci, proteggendoci e nutrendoci vicendevolmente. La vita non è una lotta, ma anche ‘danzare tra le rose’ (come scrive Kerstin Uvnas-Moberg, autrice del libro The oxytocin factor).
Auguro a noi tutti di sentirci parte dell’universo anche grazie a tutta questa brulicante presenza sopra e dentro di noi, come ben dice Lesley Page, presidente del Royal College of Midwifery, nel documentario.
Con immensa gratitudine per Michel Odent, che da sempre, senza posa, senza scoraggiarsi, si adopera per parlare di cio’ che, di fatto, è cosi’ semplice. So che dentro di lui c’è la pace di fare tutto quello che è in grado di fare…
E tu cosa scegli?
So per esperienza che ogni volta si affronta il discorso della nascita, si muove tantissimo materiale psichico, più o meno sommerso, più o meno rielaborato, e questo anche in chi si dedica principalmente a questo aspetto, me inclusa. Uno degli effetti più impressionanti di questo fenomeno è una sorta di chiusura protettiva. Ma nonostante cio’ è possibile scegliere di andare a guardare