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Parlare di emozioni rende più intelligenti

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Una ricerca italo-canadese ha dimostrato che conversare sulle emozioni aiuta alcune abilità cognitive nei bambini, che sono più empatici e consapevoli. Uno studio su cinque emozioni di base: colpa, rabbia, paura, felicità e tristezza
Per acquisire intelligenza bisogna conoscere il meraviglioso mondo delle emozioni, con tutta l’ampia gamma di sfumature e colori. Ed è imporante cominciare a parlarne, fin da piccoli, per imparare a gestire quello che ci succede dentro e fuori di noi. Anche la scienza stavolta è concorde.
Secondo uno studio dell’Università di Milano-Bicocca, condotto in collaborazione con l’Università di Manitoba del Canada, i bambini che vengono sollecitati a parlare di emozioni sono più empatici e migliorano alcune abilità cognitive. Lo studio è stato pubblicato sul “Journal of Experimental Child Psychology”, nell’ambito del progetto PRIN del 2008 Star bene a scuola: il ruolo della teoria della mente nel favorire lo sviluppo socio-motivo e cognitivo nella scuola primaria.  
I ricercatori hanno analizzato cinque emozioni: colpa, rabbia, paura, felicità e tristezza. Ciascuna di queste emozioni è stata oggetto di conversazione per tre incontri: il primo focalizzato sulla comprensione dell’espressione, il secondo sulla comprensione delle cause e il terzo sulla comprensione delle strategie di regolazione dell’emozione target.
La ricerca, svolta in collaborazione con l’Università di Manitoba del Canada, ha coinvolto 110 bambini delle scuole elementari dell’hinterland milanese. I bambini, distribuiti in un gruppo sperimentale e in uno di controllo, avevano tra i 7 e gli 8 anni.
Si sono divisi in due gruppi, uno effettivamente coinvolto nell’uso di parola, l’altro, il gruppo di controllo, escluso dalla conversazione: ai bambini si è semplicemente detto di fare un disegno. 
E’ emerso che il gruppo dei bambini sottoposti all’intervento migliora significativamente, rispetto al gruppo di controllo, in vari aspetti della comprensione delle emozioni, nella dimensione cognitiva dell’empatia, e nella prova cognitiva di teoria della mente.
La spiegazione dei risultati sta nell’uso della conversazione in piccolo gruppo, che ha favorito il decentramento cognitivo, l’assunzione del punto di vista dell’altro, la consapevolezza delle differenze individuali e il collegamento – da parte dei bambini – tra mondo interno non visibile e azioni manifeste. Perché dunque nelle nostre scuole non parliamo di emozioni? Perché la tanto decantata intelligenza emotiva non rientra a pieno titoli tra gli insegnamenti principali?
Fonte: Le Scienze

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