Ha la forza per diventare una casa maternità dove le donne possono partorire naturalmente, senza eccesso di medicalizzazione, in piena sicurezza. È stata voluta dalle donne, pervicacemente. Ma viene affossata da un sistema che non funziona e che penalizza ciò che non fa business oppure ciò che va contro il business costituito. Salviamo la struttura Acqualuce di Ostia.
«Oggi Acqualuce è di nuovo chiusa per mancanza di personale» spiegano sconsolate le mamme e le famiglie del Comitato a Difesa della Casa del Parto e dei Servizi Materno Infantili di Ostia.
Che raccontano la storia tormentata di una struttura che avrebbe le carte in regole per essere un esempio a livello nazionale. «L’8 marzo 2009 ad Ostia veniva inaugurata in via sperimentale una struttura dov’era possibile effettuare il parto naturale con l’assistenza delle ostetriche: Acqualuce. Avveniristica per l’Italia, presentava tutte le caratteristiche dei prestigiosi “Birth center” di modello europeo per garantire alla donna con gravidanza fisiologica le migliori condizioni per rendere il parto un’esperienza positiva, gradevole e in armonia con la natura e le potenzialità del corpo femminile, senza interventi invasivi che ne inibiscono il naturale funzionamento – spiegano dal Comitato – Acqualuce accoglie le gestanti in stanze dalle pareti colorate, arredate con letto matrimoniale per ospitare non solo la partoriente, ma anche il papà durante tutto il tempo di degenza ed è attrezzata con tutti i più moderni strumenti per agevolare il parto naturale e per renderlo un’esperienza felice per mamma, papà e nascituro: la liana, la palla, lo sgabello svedese, i tappetini, e le vasche per il parto in acqua con cromoterapia. Un’oasi di eccellenza, un fiore all’occhiello per la nostra sanità. Purtroppo però fin dall’inizio questa struttura non è mai stata, di fatto, messa nelle condizioni di garantire la piena e completa funzionalità. La mancanza di una definizione giuridico-amministrativa e l’utilizzo di ostetriche in regime di reperibilità, hanno portato nel 2010 la struttura a chiudere e solo la lotta e le iniziative promosse dal “Comitato a Difesa della Casa del Parto e dei Servizi Materno Infantili”, hanno portato all’epoca la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ad assumersi l’impegno di rilanciare la struttura».
«Nel 2011 il commissario ad acta ha firmato il decreto n. 29 che malgrado le molte lacune forniva un ombrello giuridico alla struttura facendola uscire dalla sperimentazione. Ciò avrebbe dovuto portare alla definizione di personale ostetrico dedicato che avrebbe permesso ad Acqualuce di funzionare a regime. Questo non è mai avvenuto e si è continuato ad utilizzare ostetriche in regime di reperibilità. Il balletto di questi ultimi anni di direttori generali facenti funzioni o di passaggio per altri incarichi non ha migliorato la situazione. Oggi di nuovo Acqualuce è chiusa per la mancanza di personale».
«Il personale ostetrico esistente non copre neanche i minimi assistenziali e le assunzioni previste a seguito nel bando di concorso nell’inverno scorso, saranno appena sufficienti a coprire le esigenze del blocco parto. Il direttore generale della Asl di competenza, in un incontro con una delegazione del Comitato, ha detto che il numero di parti avvenuti presso la struttura sono pochi per poterne giustificare l’apertura al pubblico, perchè il suo funzionamento è legato al solo volere delle ostetriche di lavorarci su straordinari e reperibilità, guardando solo il fattore monetario. Ha assicurato che Acqualuce tornerà ad essere aperta nel breve periodo grazie alle reperibilità nel corpo ostetrico quindi senza un vero investimento sulla struttura o sul parto fisiologico, non definendo però una data. La soluzione trovata? Nel medio-lungo periodo sarà affidata ad una gestione privata con l’illusione di un servizio migliore, più puntuale, più efficiente tramite un’ associazioni di ostetriche che dovrebbero garantire un servizio 24 ore su 24, il cui funzionamento sarà controllato dalla stessa ASL con dei protocolli più simili a strutture già operative nel centro nord Italia, che stanno già diventando private. Purtroppo alla domanda se costerà oppure no, si è espresso dicendo che questo non doveva interessare le coppie in quanto per loro il servizio sarà gratuito, dimenticando che le coppie sono, ancora prima di genitori, cittadini che pagano le tasse e quindi interessati alla trasparenza. La possibile nuova gestione di Acqualuce rischia di essere molto simile al sistema già in atto con i ginecologi che operano sia fuori che dentro gli ospedali, in cui il parto è sì gratuito perchè effettuato in ospedale, ma non lo è il percorso della gravidanza. Oggi presso Acqualuce è gratuito tutto il sostegno dei nove mesi per chi vuole essere seguita dall’ostetriche, ma resta aperta la possibilità di partorirci anche a chi sceglie di farsi seguire privatamente».
«Non è privatizzando Acqualuce che la regione Lazio può risparmiare, ma investendo sulla sua promozione, sul sostegno ad una genitorialità più naturale, i cui vantaggi per la collettività saranno maggiori. Acqualuce non è mai stata fino ad ora oggetto di una giusta campagna di informazione di un parto più naturale, più sano, più rispettoso della madre e del padre, circa la possibilità di potersi avvalere di una simile ottima struttura per il proprio percorso parto. Addirittura essa non viene neppure segnalata dallo stesso punto informativo dell’Ospedale Grassi, a chi vi si reca per avere informazioni circa le modalità di parto presso l’Ospedale. La continua campagna di chiusura di cui Acqualuce è vittima da sempre non ha certo invogliato le donne a partorirci, ma nonostante questo le liste di attesa sono molto lunghe, a giustificazione che è interesse della collettività poter usufruire di tale servizio».
«Acqualuce a regime è in grado di gestire almeno 500 parti l’anno che in soldoni, contando il personale dedicato e le spese di gestione, significa 7/800.000 euro di risparmio a fronte non di tagli ma di un servizio di eccellenza. La richiesta di chi crede in questa struttura è che vengano assunte ostetriche in modo da offrire un servizio efficace per le donne garantendo il pieno funzionamento sia del blocco parto della struttura ospedaliera del Grassi, che della casa del parto Acqualuce senza lasciare spazi a “nuovi modelli di gestione” che in realtà significano privatizzazione, costi per la collettività».