Fabriana Ferrini ha una lunga esperienza alle spalle e crede fermamente nei principi che stanno alla base di questa proposta educativa poiché, come spiega, ne vede ogni giorno i risultati positivi sui bambini. E spiega a Terra Nuova i presupposti di questo approccio.
Il metodo Montessori insiste molto sull’importanza dell’errore per il bambino. Perché?
«Secondo Maria Montessori il bambino costruisce la propria personalità attraverso le esperienze e le relazioni con l’ambiente che lo circonda. Egli comincia la conquista dell’indipendenza all’inizio della sua vita e mentre si sviluppa, perfeziona se stesso superando gli ostacoli che incontra nel suo percors; così facendo si libera dai tentativi degli adulti di “modellarlo”. Da questa convinzione nasce e si sviluppa la proposta educativa montessoriana basata sull’attività autonoma di ciascun bambino: “Aiutami a fare da solo.” Non significa abbandonarlo a se stesso, ma favorirne l’attività attraverso un’azione indiretta realizzata in un ambiente che l’adulto ha il compito di preparare. In alcune attività il controllo e l’autocorrezione sono diretti, in altri non così immediati. Sarà la ripetizione delle esperienze che porterà il bambino a vedere ciò che prima non aveva visto, a scoprire il proprio errore, trovare la via per risolvere il problema; senza l’aiuto dell’adulto. In altri termini non si corregge a parole un bambino, ma gli si dà il tempo di verificare da sé ciò che ha fatto. E’ così che sviluppa l’auto-giudizio, l’autovalutazione senza dipendere dal parere dell’adulto o dei compagni, l’auto-crescita nella stima di sé attraverso l’errore e l’autocorrezione che sono chiaramente strumenti essenziali per la costruzione di una personalità indipendente. Bisogna, però, aver chiaro che occorre dare ai bambini i mezzi per verificare da soli ciò che fanno (il bicchiere di vetro se cade si rompe, l’acqua cade dalla brocca se è troppo piena ecc.) molti anni prima di arrivare a controllare gli sbagli di ortografia o di calcolo. La scoperta dell’errore e l’autocorrezione diventa così un’abitudine».
Perché “sbagliando s’impara?”
«Sbagliando s’impara è una delle grandi verità; l’errore deve essere chiamato “signore” perché soltanto mediante la sua scoperta il sapere migliora. Negli errori si imbattono coloro che sono impegnati nel fare scoperte. Nelle scuole tradizionali l’ alunno commette gli errori con indifferenza, perché non è lui che li deve correggere, ma è l’adulto che se ne incarica. Nelle scuole Montessori il bambino capisce gli errori che fa e sa controllarli assumendo un atteggiamento mentale di costante domanda di fronte all’esperienza e la consapevolezza della relatività di ciò che si conosce, un tollerabile grado d’incertezza, facendolo abituare alla ricerca del dubbio e dell’errore sviluppando un approccio critico verso tutto ciò che è studio. Gianni Rodari scriveva: “Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli”».
La cultura oggi dominante fatica ad accettare che il bambino sbagli e lo rimprovera. Quanto questo è dannoso?
«La cultura attuale non pensa a un bambino vero, come soggetto biologico e psichico. Ci troviamo davanti a un processo di accelerazione in nome di risultati che devono essere sempre più anticipati e che riducono il bambino sempre più ad un oggetto. Il bambino come persona è dimenticato ed è presente un’idea astratta che si nutre di cose che gli adulti propongono. Lo sovrastano continuamente persone che vogliono agire al suo posto imponendogli ciò che è conforme ai loro modelli, premiandolo o minacciandolo, punendolo, cercando di persuaderlo. L’autostima finisce per dipendere dall’approvazione altrui, ciò che esercita un controllo sul comportamento è l’ansia di non essere alla pari, alla moda. Il bambino viene in continuazione deresponsabilizzato, perché è in tutto e sempre gestito da altri che lo controllano, lo giudicano. Le regole vengono dall’alto, ci sono gli adulti che gli dicono come le cose vanno fatte e quindi il bambino deve limitarsi ad ubbidire, rinunciando a pensare. Si verifica così un apprendimento esteriore alla persona che induce a comportamenti di fuga.Tutti questi non sono solo strumenti di repressione, ma anche di regressione.
La proposta educativa montessoriana è il contrario di tutto ciò. Essa ha come concetto cardine la costruzione dell’autonomia. Essa è un valore forte, perché vuol dire non essere pronti a tutto pur di aver l’approvazione, vuol dire assumersi le proprie responsabilità, resistere alle influenze dirette e indirette, alla manipolazione».
L’educazione alla consapevolezza e all’autonomia per un bambino da dove deve partire?
«La conquista dell’autonomia personale è un lungo e sofferto percorso lungo il quale il bambino impiega energie per affermarsi. E’ il coronamento di una lunga serie d’indipendenze sia in campo
fisico che in quello psichico. Questo percorso inizia dalla nascita e prosegue con le progressive e lentissime conquiste attraverso le quali s’impadronisce degli oggetti, dello spazio e del rapporto con gli altri grazie alle parole, all’abilità manuale e motoria. Ogni conquista, ogni ostacolo superato lungo il suo cammino gli daranno la consapevolezza di essere un individuo indipendente, libero, ricco di quelle risorse positive necessarie per affrontare autonomamente la propria vita.
Scrive Maria Montessori: “un’azione pedagogica efficace sui teneri bambini deve essere quella di aiutarli ad avanzare sulle vie dell’indipendenza così intesa, che consistono così nell’iniziare le prime forme di attività a bastare a se stessi e a non pesare sugli altri per la propria incapacità. Aiutarli ad imparare a camminare senza aiuto, a correre , a saltare e a scendere le scale, a rialzare oggetti caduti, a parlare per esprimere chiaramente i loro bisogni , a cercare con tentativi di giungere al soddisfacimento dei loro desideri, ecco l’educazione dell’indipendenza”. Il concetto d’autonomia è compendiato nel motto, cui ho già fatto riferimento, scritto sulle pareti delle scuole Montessori: “Aiutami a fare da solo”. Aiutami; la richiesta di aiuto che ogni bambino o giovane rivolge agli adulti o ai più grandi vuol dire: “ho bisogno di te“, perché da soli non si può vivere, né tanto meno ci si può educare; l’educazione è un dialogo. A fare; se faccio, capisco. Nessuno può apprendere al mio posto, nessuno può essere libero, autonomo per me(-stesso). Da solo; il bambino si auto-educa e noi siamo al suo fianco, permettendogli l’iniziativa individuale-libera».
E’ sempre bene lasciare che il bambino individui i propri percorsi o può essere utile anche indirizzarlo a volte?
«L’insegnante deve essere attento nel distinguere tra l’aiuto che “libera” e l’aiuto che “reprime” attraverso un’educazione indiretta che non è troppo interventista, ma neanche troppo attendista e quindi, non deve avere paura di causare danni all’alunno nel predisporre attività nell’ambiente. Egli deve preparare una tavola con un menù molto vario al quale il bambino possa attingere liberamente secondo le proprie motivazioni ed interessi. Si pone, così, come mediatore del rapporto libero e attivo tra bambino e ambiente, predisposto scientificamente, per consentire l’autocostruzione delle competenze dell’alunno, utilizzando quando crede, non nel modo in cui crede; libertà di tempo e non di modo nell’uso del materiale con l’assistenza attenta, ma quasi invisibile dell’adulto che prepara l’ambiente, predispone le attività e le propone al bambino nel momento giusto e nel modo giusto, graduando le difficoltà. La sua meta dovrà essere quella di non imporre la sua volontà al minore, ma di liberarne il suo potenziale».
“Il lavoro della nuova maestra è quello di una guida. Essa guida, ad utilizzare il materiale, a ricercare parole esatte, a facilitare e chiarire ogni lavoro; a impedire perdite di energia, a raddrizzare lo squilibrio eventuale” (Maria Montessori – Scoperta del bambino).