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Vigilante: «È tempo di sinagogia: educarsi nel “condursi insieme”»

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«Da qualche tempo amo usare la parola sinagogia al posto di pedagogia. Il termine pedagogia indica il “condurre il bambini”, inadeguata perché l’educazione non riguarda solo i bambini e perché presenta un soggetto che conduce e dirige un altro soggetto. Sinagogia vuol dire invece che l’educazione accade quando due o più soggetti si conducono insieme»: i nuovi orizzonti “sinagogici” dalle parole del professor Antonio Vigilante.
Antonio Vigilante è docente di filosofia e scienze umane al liceo “Piccolomini” di Siena, pedagogista e studioso della nonviolenza, già direttore scientifico della rivista “Educazione Democratica”, poi trasformatasi in “Educazione aperta”. Lavora sulla sperimentazione della maieutica reciproca, realizzando una “scuola del dialogo” che rimette al centro la parola, la ricerca comune, l’importanza della relazione viva e autentica. La sua visione innovativa dell’approccio educativo si traduce in un percorso che getta una luce interessante sui processi educativi e di apprendimento. Vigilante è anche autore del libro “A scuola con la mindfulness” (Terra Nuova Edizioni), che ha ottenuto crescenti consensi e acceso grande interesse.
Professor Vigilante, lei è fautore di un piccoli-grandi cambiamenti e novità nell’approccio con l’insegnamento, che sperimenta con gli studenti del liceo dove insegna. Ci vuoi spiegare su cosa si basa la costruzione delle relazione con loro e delle relazioni tra di loro e come questo permetta una modalità di insegnamento più efficace?
«Da qualche tempo amo usare la parola sinagogia al posto di pedagogia. Il termine pedagogia indica il “condurre il bambini”, ed è evidentemente inadeguata oggi che sappiamo che l’educazione non riguarda solo i bambini, ma è un processo che dura tutta la vita. Ma dal mio punto di vista è inadeguata anche perché pensa l’educazione come l’azione con la quale un soggetto conduce e dirige un altro soggetto. Sinagogia vuol dire invece che l’educazione accade quando due o più soggetti si conducono insieme (syn). Non posso educare qualcuno senza educarmi al tempo stesso. Vi sono situazioni educative, nelle quali ognuno è al tempo stesso educatore ed educato. La scuola dovrebbe essere la situazione educativa per eccellenza, ma lo è di rado e quasi per accidente. Io ritengo che chi insegna debba riflettere a fondo su questa domanda: quando, come, a quali condizioni accade l’educazione? E’ una riflessione che non può che partire da noi stessi. Quando e come siamo cresciuti? In quali situazioni siamo cambiati? Cosa ci ha fatto riflettere, ci ha spinti a vedere il mondo con occhi diversi, ad allargare lo sguardo? La mia risposta è che una relazione viva, autentica, è essenziale. Credo che l’educazione sia creare relazioni autentiche. E dal mio punto di vista non è possibile creare relazioni autentiche senza attaccare il verticismo, l’asimmetria, la gerarchia relazionale che caratterizzano le relazioni nella scuola italiana. In una relazione asimmetrica, quale si vuole che sia quella tra docente e studente, non si comunica in modo autentico. Spesso, anzi, non si comunica affatto».
Come utilizza la mindfulness a scuola e come la si potrebbe utilizzare proficuamente nella scuola oggi?
«La mia proposta è quella di inserire la mindfulness in un contesto più ampio, che chiamo Educazione Basata sulla Consapevolezza (EBAC). Essere consapevoli di quello che accade è l’essenza della mindfulness. In alcune applicazioni, questa consapevolezza viene adoperata come strumento per affrontare problemi comuni nella nostre classi, come il bullismo o il deficit di attenzione. E’ quella che chiamo EBAC Problema-Soluzione. In un secondo approccio la meditazione è intesa nel suo senso più propriamente religioso, come pratica che consente il trascendimento dell’ego ordinario. Chiamo questo approccio, che si trova ad esempio nell’Alice Project di Valentino Giacomin, EBAC Transpersonale. In alternativa a questi due approcci io propongo una EBAC Umanistica, che inserisce la meditazione in un più ampio progetto di formazione integrale dello studente, che comprende anche la formazione politica. La meditazione guida alla conoscenza di sé, ma consente anche una migliore comprensione dell’altro e la costruzione comune di una comunità autentica: spiritualità, etica e politica».
Sono in molti a sottolineare la necessità di un radicale cambiamento del paradigma educativo convenzionale che si basa ancora su lezioni frontali, nozioni, standardizzazione, ecc. Come vede l’educazione efficace e a misura di bambino/ragazzo di un futuro possibile?
«Bisognerebbe riflettere sull’efficacia. Efficace rispetto a cosa? Quale è lo scopo da raggiungere, in educazione? Per molti, è l’affermazione lavorativa degli studenti o dei figli. Una visione legittima, ma che pecca di individualismo: quale società creeremo, se educhiamo ciascuno a pensare solo al proprio futuro professionale? Per altri, bisogna educare alla felicità. Anche questa è una visione condivisibile, ma non meno individualistica. Che succede, se la mia felicità contrasta con i bisogni di altri? Dal mio punto di vista, fondamentale è la violenza. L’educazione è lo strumento migliore – l’unico? – che abbiamo per combattere la violenza. E possiamo combattere la violenza fino in fondo solo se abbiamo imparato anche a cercarla e stanarla dentro di noi. Per questo quella educazione dello sguardo che è la meditazione è per me essenziale».

Per approfondire

Cinque secoli prima di Cristo Siddhartha Gautama, il Buddha storico, ha elaborato un sistema di meditazione (vipassana) basato sull’analisi di se stessi, del proprio corpo e dei contenuti mentali. Negli anni Settanta il medico statunitense Jon Kabat-Zinn ne ha tratto un protocollo scientifico per la cura dello stress. È nata così la mindfulness, una pratica che ha rivoluzionato il mondo della psicoterapia.
Il libro “A scuola con la mindfulness” (Terra Nuova Edizioni) suggerisce che l’introduzione della mindfulness nelle scuole, associata alla pratica occidentale del dialogo filosofico, rappresenta l’occasione per un cambiamento
di paradigma in campo educativo.

La mindfulness può essere uno strumento efficace per affrontare problemi sempre più diffusi nelle nostre scuole, come violenza e bullismo, disattenzione, difficoltà di concentrazione, burnout dei docenti.
Per Vigilante, tuttavia, essa attua tutte le sue potenzialità se inserita in un progetto educativo più complesso, appunto l’Educazione Basata sulla Consapevolezza (EBAC) Umanistica. Il libro è completato da una guida pratica, con esercizi pensati appositamente per studenti e insegnanti.

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