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La carta nell’economia circolare

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In un momento di seria difficoltà di riferimento delle materie prime la green economy diventa un modello per esprimere al meglio l’attività mantenendo più a lungo il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse riducendo al minimo la produzione di rifiuti contribuendo alla salvaguardia del territorio.
La carta nell’economia circolare
Una vocazione alla bio economia che trova nel modello di economia circolare l’applicazione concreta del principio di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. Un approccio in netta contrapposizione con il modello lineare di produzione e consumo che si basa sul tradizionale schema “estrai, produci, utilizza e getta”. La scarsità delle risorse, l’aumento della domanda e soprattutto il grande impatto sul clima dei processi di estrazione e utilizzo delle materie prime ha reso impellente un cambio di paradigma, sia nel modo di produrre che in quello di consumare. Nell’approccio circolare una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così tali materiali si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore e creando meno impatto ambientale possibile.
L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività del ciclo di un prodotto sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun’altro. L’ultimo rapporto realizzato da Assocarta, con la collaborazione di Legambiente, ci dice che l’industria della carta in Italia ha una dimensione circolare pari a 0,79. Un valore molto alto considerando che la circolarità assoluta è raggiungibile solo con l’utilizzo esclusivo di materia seconda generata senza scarti nel processo e completamente destinata al riciclo. Un valore molto teorico e quasi irraggiungibile. Rimane l’importanza di incrementare sempre più l’utilizzo di fibre secondarie: in Italia oggi siamo al 61%. Ma parallelamente si fa anche notare che il 90% delle fibre vergini utilizzate provengono da coltivazioni rinnovabili e sostenibili.

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