Accordo Mercosur: altra follia della globalizzazione forzata
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L’accordo di liberalizzazione commerciale tra UE e paesi del Mercosur è l’ultimo paradosso evidente, in ordine di tempo, della globalizzazione a oltranza: a fronte di danni certi e gravi, potrebbe portare al massimo a misero aumento dello 0.1% del Pil europeo, disegualmente diviso tra i Paesi membri e con sicure perdite per quelli a più marcata vocazione agricola.
di Monica Di Sisto, giornalista, responsabile dell’Osservatorio italiano su clima e commercio Fairwatch
In tempi di crisi climatica e di aumenti incontrollati di malattie legate all’inquinamento atmosferico, quale idea migliore che accelerare la distruzione del più grande polmone verde del pianeta, la foresta amazzonica, e della seconda foresta dell’America latina, il Chaco? E quale peggiore aggravante che rinviare di un anno l’entrata in vigore della direttiva europea sulle foreste, che renderebbe più difficile, a merci responsabili di deforestazione, di circolare liberamente nel mercato comune? Sono queste solo due delle più paradossali conseguenze della possibile entrata in vigore di un accordo di liberalizzazione commerciale tra l’Unione europea e i Paesi aderenti all’area di libero scambio Mercosur, cioè Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Bolivia. Un trattato (1), detto Ue-Mercosur, cui è stato dato un via libera tecnico e che, a fronte di danni certi e gravi, potrebbe portare come vantaggio economico, nel migliore degli scenari, a un misero aumento dello 0.1% del Pil europeo, disegualmente diviso tra i Paesi membri e con sicure perdite per quelli a più marcata vocazione agricola.
L’accordo, se approvato in via definitiva dai parlamenti delle due parti, istituirebbe la più grande zona di libero scambio mai creata dall’UE, coinvolgendo una popolazione di circa 717 milioni di persone, e eliminerebbe i dazi sul 91% delle esportazioni di merci dell’UE verso il Mercosur e sul 92% delle importazioni di merci del Mercosur nell’UE, aggravando l’attuale deficit commerciale europeo. Molte delle merci che l’Europa importerebbe in più dall’area, provocando nel Mercosur un’espansione delle aree coltivate intensivamente a danno delle aree incolte e forestali, sono carni: 99mila tonnellate l’anno di bovino, 180mila tonnellate di pollame, 25mila tonnellate di suino. Poi un mare di soia, per lo più ogm, riso, in concorrenza col già martoriato riso Ue, e 190mila tonnellate di zucchero, nonostante la dura crisi del settore in Europa. L’Amazzonia, nel frattempo, sta già affrontando tassi allarmanti di deforestazione e incendi boschivi da record: nel 2024 in Brasile sono andati in fumo 11 milioni di ettari, con un aumento del 116% rispetto al 2023 e con una netta prevalenza dell’origine dolosa.
Ad aggiungere danno a tragedia, i prodotti agricoli del Mercosur vengono coltivati utilizzando pesticidi pericolosi sintetizzati in gran parte in Europa, tra cui, paradossalmente, sostanze vietate in Ue da decenni, come il 52% delle sostanze attive autorizzate per la produzione di mais in Brasile e Argentina(2). Queste significative differenze normative negli standard di produzione valgono anche per gli allevamenti, intensivi e pompati a colpi di antibiotici, promotori della crescita e ormoni, anche questi in gran parte made in Ue o in Usa. Anche questa pratica, però, è severamente vietata dall’Ue per contrastare la nostra crescente resistenza agli antibiotici.
La Commissione europea sostiene che gli standard europei che proteggono la salute umana, animale e vegetale non saranno compromessi dal trattato Ue-Mercosur. Tuttavia, il capitolo del trattato che riguarda le misure sanitarie e fitosanitarie indebolisce sistematicamente i meccanismi di controllo esistenti introducendo, ad esempio, un processo di pre-approvazione accelerato tutto cartaceo per i prodotti animali destinati all’esportazione, riducendo, contemporaneamente, sia la frequenza sia l’efficacia delle ispezioni sulla sicurezza alimentare da parte del Paese importatore. Inoltre, l’accordo limita la capacità delle autorità governative di bloccare proattivamente le importazioni quando si sospettano potenziali violazioni della sicurezza alimentare. Un’ulteriore preoccupazione è data dalla previsione che le autorità di controllo debbano concedere all’altra parte 60 giorni lavorativi di preavviso prima di condurre le ispezioni, anche in caso di problemi molto seri. Questo lungo periodo di notifica riduce significativamente la probabilità di scoprire problemi critici negli stabilimenti e nelle piantagioni critiche, creando di fatto un regime di ispezioni prevedibili, potenzialmente compromesso. E questo quando un audit europeo del 2024 ha rivelato, ad esempio, che il Brasile non riesce a tracciare o garantire in modo affidabile che la carne propria bovina sia priva di ormoni(3).
Il trattato è problematico anche dal punto di vista della tutela dei lavoratori. Il coordinamento europeo sindacale CES ha chiesto al Consiglio dell’UE e al Parlamento europeo di respingere l’accordo perché preoccupato dalle troppo deboli tutele del lavoro (4). «Sappiamo che il capitolo dell’accordo sullo Sviluppo sostenibile, chiamato a difendere i diritti dei lavoratori di tutte le parti – si legge in una loro nota – non è vincolante e non dispone di un solido meccanismo per escludere violazioni dei diritti dei lavoratori, anche tramite sanzioni, il che è deplorevole». Per di più, come ha avvertito l’EFFAT, la federazione europea dei sindacati dei lavoratori del settore alimentare, l’accordo potrebbe portare a un “dumping sociale” e a una concorrenza sleale che farebbe peggiorare le condizioni di lavoro nell’UE, in particolare per i 6 milioni di persone che lavorano nel settore agricolo(5).
A fronte di una netta contrarietà del governo francese, e di diversi Paesi dell’est agricolo, Polonia in primis, l’Italia oscilla tra una dichiarazione di favore del ministro degli Esteri Tajani, nell’illusione che questa mossa possa allontanare l’area Mercosur dall’influenza russa e cinese, e la preoccupazione del ministro Lollobrigida per gli impatti sul settore agroalimentare che spingono la premier Meloni a dichiarazioni di maggiore cautela. Come persone preoccupate dall’ambiente, dal benessere animale e dal futuro del pianeta, siamo chiamati a far sentire la nostra voce contraria il più forte possibile ai Parlamentari europei, che saranno chiamati a approvare o respingere il trattato tra qualche mese, se i Governi europei dovessero dargli il via libera. Già oltre 400 organizzazioni e associazioni di tutta Europa hanno chiesto di fermare questa nuova corsa verso la distruzione del pianeta: ci serve un commercio più giusto e ci serve subito(6).
4) https://www.etuc.org/en/pressrelease/eu-mercosur-deal-too-weak-labour-protections