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«Codice psicologi, ci aspettiamo che si apra un dibattito serio»

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«Ci aspettiamo che ora si apra un dibattito serio all’interno della categoria su che cosa può essere ritenuto etico e cosa no»: così la dottoressa Lavinia Nera dopo la sentenza che ha annullato il referendum sul nuovo Codice deontologico degli psicologi.

«Codice psicologi, ci aspettiamo che si apra un dibattito serio»

«Ci aspettiamo che ora si apra un dibattito serio all’interno della categoria su che cosa può essere ritenuto etico e cosa no»: così la dottoressa Lavinia Nera dopo la sentenza che ha annullato il referendum sul nuovo Codice deontologico degli psicologi.

La dottoressa Lavinia Nera era tra i ricorrenti che si sono rivolti alla giustizia amministrativa per chiedere l’annullamento del referendum indetto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop) sul nuovo codice deontologico della categoria; referendum invalidato dal Consiglio di Stato.

«Che il referendum in questione fosse viziato da serie anomalie, tanto da doverne ritenere nulli i risultati, era parso sin dall’inizio evidente ad un gruppo di psicologi, guidati dall’avvocato Vincenzo Sparti,  che lo avevano impugnato prima al Tar del Lazio quindi in Consiglio di Stato» spiega la dottoressa Nera. 

«Ora finalmente i giudici riconoscono che la forzatura, consistita nell’avere inserito all’interno del Codice una “premessa etica” non soggetta a votazione, è in contrasto (e pertanto in violazione) della legge 56/89 (che regolamenta la professione di psicologo) e dispone alla lettera c) del comma 6 dell’art.28 il ricorso allo strumento del referendum per modificare il testo del codice. La modifica pertanto non può avvenire dall’alto, ovvero è predisposta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine Psicologi (Cnop) ma deve essere necessariamente approvata dagli iscritti, invece il Cnop aveva inteso inserire una “premessa etica” che gli psicologi avrebbero dovuto accettare obtorto collo. Ci aspettiamo a questo punto che si apra un dibattito serio all’interno della categoria, su che cosa può essere ritenuto etico e cosa no, e sul perché l’etica debba essere separata e disarticolata dagli articoli del codice deontologico». 

«Certo è che la prospettiva etica del Cnop emerge con evidenza – prosegue la dottoressa – alla luce delle modifiche che erano  state operate all’interno del nuovo testo: compressione del consenso libero e informato alle terapie e agli interventi psicologici (con prospettazione di trattamenti obbligatori sia per gli adulti che per i minori); obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria dei genitori (o tutori) che, per qualunque ragione, ritiravano il consenso alle terapie psicologiche sui propri figli oppure non fornivano detto consenso ad interventi ritenuti dallo psicologo “necessari”; limitazione dell’autodeterminazione del professionista vincolandolo a linee giuda, che, come è noto possono essere solo indicative; scomparsa dell’obbligo di raccolta del consenso informato per alcune prestazioni psicologiche eseguite sui minori, per citare le principali falle di un testo che andava di fatto a snaturare completamente la nostra professione e la cui approvazione sembra oggi scongiurata». 

«Il Codice Deontologico è uno strumento che definisce l’identità professionale e gli psicologi non sono burattini al servizio di linee guida né controllori della salute mentale altrui su mandato di terzi – prosegue Nera – È doveroso, vista la vicenda in questione, la quale evidentemente determina pure esborsi economici ovvero denaro degli psicologi, che le prossime consultazioni referendarie avvengano con modalità realmente democratiche, in maniera da informare tutti gli iscritti che hanno diritto al voto, oltre che ovviamene, consentirgli di esercitarlo. Ricordiamo che il referendum del settembre 2023 non aveva previsto nessuna convocazione ufficiale (via PEC) e l’avviso di votazione era stato pubblicizzato sul sito ufficiale solo 10 giorni prima del voto. Modalità assolutamente insufficienti ad informare e coinvolgere più di 130.000 iscritti che, peraltro, avrebbero dovuto votare in 5 giorni, solo attraverso SPID/CIE». 

«Se il Consiglio di Stato non ha rilevato, a proposito dei motivi di cui sopra, chiare e specifiche violazioni di legge, certo la legge non vietava al Cnop di convocare gli iscritti ufficialmente, di fornirgli molteplici modalità di voto (previste dal regolamento derogato dal Cnop stesso) con tempistiche adeguate viste le proporzioni della categoria. Invece si è inteso comprimere lo strumento democratico del referendum per ridurre la popolazione di voto – prosegue la psicologa – Ma a fronte di tutti questi vizi ed omissioni, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, invece che interrogarsi sui propri errori, ancora sostiene la legittimità delle procedure di un referendum annullato per “vizio procedurale tale da invalidarne i risultati” richiamandosi pure alla legittimità delle norme deontologiche nel codice contenute e pur sapendo benissimo che, né il Tar né il Cds, sarebbero potuti entrare nel merito degli articoli. Concludo con un appello ai colleghi perché la nostra professione è in serio pericolo e ciò avrà pesanti ricadute sui nostri utenti se non ci attiviamo per proteggere il nostro codice etico e deontologico».

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