Il giudice del lavoro del tribunale di Monza ha riconosciuto il nesso di causa-effetto per un addetto aeroportuale tra esposizione ultradecennale all’elettrosmog e neurinoma del nervo acustico. Sono già sei i pronunciamenti in questa direzione.
Il giudice del lavoro del tribunale di Monza ha riconosciuto il nesso di causa-effetto per un addetto aeroportuale tra esposizione ultradecennale all’elettrosmog e neurinoma del nervo acustico. Sono già sei i pronunciamenti in questa direzione, senza contare
l’ordinanza fiorentina stop Wi-Fi.
Si allunga dunque l’elenco di sentenze che riconoscono il
nesso con-causale tra elettrosmog e cancro, in una condizione
d’esposizione multipla e cumulativa assimilabile a quella attesa con il 5G.
Dopo “
l’oltre ogni ragionevole dubbio” della Cassazione (2012), il primo grado del 2017 nei tribunali di Ivrea, Firenze, Verona e la recente
sentenza del TAR Lazio contro i ministeri che non informa i cittadini, con sentenza pubblicata il 13 marzo il
Tribunale di Monza ha condannato l’INAIL riconoscendo a un addetto di Linate e Malpensa la malattia professionale con inabilità permanente (misura del 38%) per neurinoma del nervo acustico dopo oltre 10 anni d’elettrosmog.
L’addetto era assistito dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Chiara Ghibaudo dallo studio legale torinese Ambrosio&Commodo con la consulenza del Prof. Angelo Gino Levis (ex cattedratico di mutagenesi ambientale a Padova).
Il primo giudice del lavoro Luisa Rotolo ha accertato come la persona in questione si sia ammalata per l’utilizzo ultradecennale di cellulari di servizio, dannosi campi elettromagnetici andati a sommarsi alle “frequenze emesse da numerose antenne e di dispositivi di comunicazione radio, di ripetitori per i segnali radio altimetrici, radar metereologici, antenne satellitari sempre costantemente attive (…) circondato da circa 10 telefonini cellulari GSM attivi, 5 palmari, 2 pc costantemente accesi e 2 ripetitori di segnale (DECT e GSM); che con altri colleghi aveva ripetutamente segnalato al datore di lavoro la massima esposizione a radiofrequenze a cui era esposto durante la giornata lavorativa, chiedendo che fossero effettuate delle misurazioni dei campi elettromagnetici”.
Non solo, perché l’addetto negli scali aeroportuali milanesi passava poi “sotto gli archetti metaldetector circa 10 volte a turno e utilizzava un walkie-talkie, una ricetrasmittente Motorola e che dal 1998 veniva dotato anche di un telefono cordless e dal 2001 al 2008 anche di un telefono cellulare GSM Nokia e fino al 2009 un ulteriore telefono cellulare GSM Samsung e che era esposto per oltre 4 ore al giorno alle relative radiofrequenze, con sessioni telefoniche anche di 45 minuti consecutivi, che l’istante impugnava le apparecchiature citate con la mano sinistra, in quanto utilizzava la destra per prendere appunti o compiere operazioni, con conseguente esposizione del lato sinistro del capo alle radioemissioni”.