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Entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari

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Da venerdì 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, nato da un’azione della società civile guidata dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican), che nel 2017 si e’ aggiudicata il Premio Nobel per la pace. A oggi è stato sottoscritto da 86 paesi, ratificato da 51. L’Italia non ha firmato.
Entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari
“Ora i governi hanno a disposizione uno strumento legale efficace per realizzare il disarmo nucleare nei propri Paesi. Un passo storico che non sarebbe stato possibile senza l’impegno dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, tra cui proprio quelli che hanno subito negli anni i test nucleari sul proprio territorio, come le Isole Fiji, le Isole Marshall, Nauru, ma anche Kazakistan o Algeria, e che ora dicono basta”. Cosi’ Francesco Vignarca, coordinatore campagne per la Rete italiana pace e disarmo, commenta l’entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw).
L’accordo e’ nato da un’azione della societa’ civile guidata dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican), che nel 2017 si e’ aggiudicata il Premio Nobel per la pace, della quale Rete pace e disarmo e’ partner. Le Nazioni Unite si sono fatte promotrici del documento, sottoscritto finora da 86 Paesi e ratificato da 51.
A differenza dei trattati precedenti, spiega Vignarca, “il Tpnw non solo blocca la proliferazione delle armi atomiche, ma ne proibisce anche il possesso, lo sviluppo, i test, il trasporto nonche’ la minaccia ad usarle”. Per l’esperto, e’ indicativo che la Chiesa cattolica “abbia modificato la dottrina, chiarendo che possedere l’atomica costituisce peccato quanto impiegarla”. Altra novita’ rispetto al passato, continua Vignarca, e’ la priorita’ attribuita alla vita umana. “E’ stato riconosciuto che l’arma atomica non solo uccide ma annienta intere citta’, come hanno dimostrato i casi di Hiroshima e Nagasaki” sottolinea il coordinatore. “I Paesi che vogliono proporsi come un faro di civilta’ non possono fondare il loro sistema di sicurezza su un’arma che attua il genocidio. Altrimenti tra noi e i gruppi armati come l’Isis non c’e’ piu’ differenza”.
Secondo Vignarca, a dimostrare l’efficacia del Trattato Onu c’e’ il fatto che nei 90 giorni che hanno preceduto l’entrata in vigore, “il presidente Donald Trump abbia fatto pressione sugli Stati aderenti affinche’ ritirassero la firma” e che anche la Nato abbia “sollecitato i Paesi a non siglarlo”.
I Paesi infatti, se lo vorranno, potranno smantellare le proprie testate atomiche: un problema in particolare per Washington, che ne possiede svariate in basi militari in Europa e nel mondo. Anche gli apparati bellici dell’Alleanza atlantica potrebbero subire variazioni. “E infatti l’Italia ha deciso di non firmare” continua Vignarca, pensando alle testate americane nelle basi di Aviano e Ghedi (rispettivamente in Friuli Venezia Giulia e in Lombardia); un rifiuto, questo, che per coloro che vogliono un mondo senza atomica “e’ una delusione”.
La Rete ha lanciato la campagna ‘Italia ripensaci‘. “All’attuale governo – spiega il coordinatore – chiediamo di resistere alle pressioni esterne insieme a quei Paesi che si trovano nella nostra stessa situazione, come Germania e Belgio”. Un passo difficile, secondo Vignarca, ma che puo’ essere preceduto intanto da “quel capitolo del trattato che prevede piani per sostenere le vittime delle armi nucleari, come ad esempio i tanti bambini che ancora vengono alla luce con malformazioni e problemi di salute nei Paesi in cui sono stati eseguiti dei test”. L’ultimo appello riguarda la prima riunione del Tpnw, nel gennaio 2022: “L’Italia dovrebbe partecipare almeno come osservatore”.
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