La Cassazione ha confermato le condanne per i vertici di Green Hill, l’allevamento di cani beagle chiuso a Montichiari, nel bresciano, nell’estate del 2012.
Sono stati confermati un anno e sei mesi per Ghislane Rondot, co-gestore della struttura, il veterinario Renzo Graziosi, anche lui un anno e sei mesi, e un anno per il direttore dell’allevamento Roberto Bravi. Secondo le accuse nell’allevamento si praticava “l’eutanasia in modo disinvolto, preferendo sopprimere i cani piuttosto che curarli”.
La politica aziendale, inoltre, come ha spiegato l’accusa, “andava in senso diametralmente opposto alle norme comunitarie e nazionali”. L’allevamento era stato messo sotto sequestro nell’estate del 2012 dopo la mobilitazione e i blit delle associazioni animaliste, in particolare Lav e il coordinamento Fermare Green Hill, che avevano liberato molti cuccioli.
«È stata una battaglia culturale prima che processuale dall’esito per nulla scontato. Il processo Green Hill non ha solo accertato condotte penalmente rilevanti, ma è stata l’affermazione di principi di civiltà», è il commento del sostituto procuratore Ambrogio Cassiani che nel 2012 aveva disposto il sequestro della struttura e poi portato a processo i vertici dell’allevamento di cani Beagle.
Il caso Green Hill, però, non si esaurisce. Il 22 novembre infatti la vicenda approderà nuovamente in un’ aula di tribunale per il secondo filone dell’inchiesta. A Brescia per quel giorno è attesa infatti la sentenza nei confronti di due veterinari dell’Ats e tre ex dipendenti dell’allevamento di cani Beagle imputati a processo. Chiesta una condanna a due anni per i due veterinari, accusati a vario titolo di concorso in maltrattamento e uccisione di animali, falsa testimonianza, omessa denuncia e falso ideologico. Chiesta dal pm invece la condanna a 10 mesi per i tre dipendenti accusati di falsa testimonianza.
I Subsonica avevano composta una colonna speciale per le immagini della liberazione dei Beagle nel 2012, che vi riproponiamo.