Himalaya: si stacca costone di ghiaccio e provoca tragedia. Dito puntato su clima e dighe
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Un costone di ghiacciaio himalayano si è staccato ed è precipitato in una gola nello stato a nord dell’India, l’Uttarakhand. La valanga e le inondazioni che ha provocato hanno causato morti, dispersi e devastazione. E c’è chi accusa i cambiamenti climatici e la costruzione di dighe per le centrali idroelettriche.
La mattina del 7 febbraio, un costone del ghiacciaio himalayano Nanda Devi si è staccato precipitando in una gola dello stato settentrionale indiano dell’Uttarakhand. L’enorme massa d’acqua che si è sollevata in pochi secondi dai fiumi Alaknanda e Dhauliganga insieme a rocce e detriti ha travolto una diga, due centrali elettriche, ponti e strade. Ci sono morti e dispersi. E c’è chi ha chiamato in causa i cambiamenti climatici e la costruzione di dighe per le centrali idroelettriche.
Il numero effettivo dei morti pare non essere ancora definitivo, ma si teme che siano oltre il centinaio, ha detto il segretario capo dell’Uttarakhand, Om Prakash. Poi ci sono i dispersi.
Nessuno sa con esattezza quante persone si trovassero nelle due centrali e quante lungo i fiumi, due affluenti del Gange, a raccogliere legna, o a lavorare. E sono spaventosi i video girati da chi si trovava sulle alture della gola nel momento della tragedia, rimbalzati e condivisi sui social, ripresi dai siti dei maggiori media del mondo. Una trentina i lavoratori rimasti intrappolati in un tunnel lungo 900 metri della centrale elettrica di Tapovan, alcuni sono stati salvati.
Ieri sera, intorno alle 22 locali, pare che le operazioni di soccorso siano state interrotte a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua, ha fatto sapere il Press Information Bureau dello Stato. Poi è arrivata un’altra allerta per un nuovo innalzamento dell’acqua del fiume Dhauliganga, nel distretto di Chamoli, avvertendo le popolazioni di tenersi lontane dalle rive e dalle zone più pianeggianti. Anche il vicino Stato dell’Uttar Pradesh, il più popoloso dell’India, ha messo in allerta le sue aree lungo il fiume.
Dovrebbero arrivare anche squadre di glaciologi nelle aree colpite per cercare di verificare le cause del disastro in una zona la cui fragilità ambientale è ben conosciuta. E ripetutamente molti esperti hanno chiesto di fermare i grandi progetti idroelettrici nell’area. “Questo disastro richiede ancora una volta un serio esame della frenesia della costruzione di dighe idroelettriche in questa regione eco-sensibile”, ha detto Ranjan Panda, un volontario del Combat Climate Change Network che si occupa di questioni relative all’acqua, all’ambiente e al cambiamento climatico. E Uma Bharti, ex ministro indiano delle risorse idriche ha ricordato su Twitter che quando era ministro, in considerazione della sensibilità dell’ecosistema himalayano, aveva chiesto di “non realizzare progetti energetici sul Gange e sui suoi principali affluenti”. Nel giugno del 2013 ci furono almeno 6 mila morti nello stato dell’Uttarakhand a causa di quello che venne soprannominato ‘tsunami himalayano’: violenti monsoni che provocarono frane e inondazioni, spazzando via interi villaggi, strade ponti. Tra i morti molti fedeli indù in pellegrinaggio alla sorgente del Gange.
Anjal Prakash, direttore di ricerca e professore aggiunto presso la Scuola indiana di business, che ha contribuito alla ricerca promossa dall’Onu sul global warming, ha spiegato che anche se i dati sulle cause non sono ancora disponibili “sembra un evento da cambiamento climatico perché i ghiacciai si sciolgono a causa del riscaldamento globale” e “l’impatto del global warming sul ritiro dei ghiacciai è ben documentato”.
«La tregua deve reggere, deve diventare permanente, bisogna farsi carico dei bisogni della popolazione. Gaza non può rimanere chiusa in un assedio, e bisogna mettere fine all’espansione degli insediamenti in Cisgiordania»: a dirlo la Rete Disarmo dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Ad annunciare che la tregua tra Israele e Hamasdovrebbe entrare in vigore domenica 19 gennaio è stato il primo ministro del Qatar. Il governo israeliano ha ratificato l’accordo (aggiornamento 18 gennaio).
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri dell’Interno e della Difesa, parte civile nel processo per le proteste in Val Susa, hanno chiesto 7 milioni di risarcimento agli attivisti No Tav.
Il movimento Free Assange, attivo anche in Italia, ha promosso una petizione per chiedere al presidente degli Stati Uniti di concedere la grazia al giornalista Julian Assange.
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