I lavoratori della cultura scendono in piazza
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– I diritti e gli stipendi dei lavoratori della Cultura vengono di anno in anno abbattuti.
– Un settore chiave dell’economia italiana viene pezzo per pezzo privatizzato, sulla pelle dei lavoratori, senza alcun vantaggio per la cittadinanza.
Un settore definanziato
«Per questo, oggi, chiamiamo a raccolta tutti i nostri colleghi, tutti i cittadini e le cittadine italiane, e in genere tutti coloro che abbiano a cuore il Patrimonio culturale e artistico di questo Paese, per la prima Manifestazione nazionale unitaria per la Cultura e il Lavoro. Pochi lo sanno, ma il settore culturale è uno dei pochi in cui, nonostante la crisi, le entrate hanno continuato a crescere. Un settore cardine dunque, su cui investire e su cui puntare per il rilancio dell’occupazione. Ma non è andata così».
Cultura penalizzata
«Risparmiare sulla cultura è scelta suicida»
«La verità è che il lavoro nella Cultura in Italia c’è, e pure parecchio. Ma in questo settore si sta sperimentando l’abbattimento dei diritti e del costo del lavoro, perché si tratta di professioni poco note, e di categorie storicamente divise, o poco numerose, o poco pronte a manifestare per la propria dignità professionale».
Le richieste
• Portare l’investimento dell’Italia in cultura al 1,5% del PIL, in linea con gli altri Paesi europei.
• Aumentare i finanziamento pubblici al settore dello spettacolo (Fondo Unico per lo Spettacolo e finanziamenti locali), e creare miglior coordinamento e sinergia degli stessi, garantendo altresì finanziamenti certi su base almeno triennale. Modificare i criteri di elargizione del Fondo Unico per lo Spettacolo secondo veri principi di pluralismo, trasparenza, reale controllo dei criteri, evitando centralismi e marginalizzazioni dettati da mancanza di norme.
• Pubblicare i decreti attuativi della legge 175/2017 ascoltando le Parti Sociali.
• Promuovere un nuovo, coerente, omogeneo e condivisibile sistema nazionale di abilitazione a guida turistica.
• Pubblicare i decreti attuativi della legge 110/2014, che riconosce per la prima volta 7 professioni dei beni culturali; riconoscere e tutelare tutte le professioni oggi non regolamentate del settore dello spettacolo (registi, sceneggiatori, danzatori, attori, musicisti, doppiatori…), dei beni culturali (mediatori museali, paleontologi, manager del Patrimonio Culturale…) e in generale della cultura (traduttori, scrittori…).
• Far rispettare i Contratti nazionali esistenti, prevedendo che in mancanza di tale requisito si determini automaticamente la decadenza dei finanziamenti; creare finalmente un contratto nazionale del settore audiovisivo.
• Annullare le recenti riforme Ministeriali, e costruire, in cooperazione con i funzionari e i lavoratori del MiBACT, una struttura ministeriale ottimale, che metta in condizione il Ministero di adempiere a tutti i compiti specificati dal Codice del 2004.
• Promuovere l’assunzione, nei ranghi ministeriali, di almeno 3500 lavoratori entro il 2020, a partire dagli idonei al concorso dei 500 funzionari MiBACT, al fine di ottenere la copertura totale del turnover; ridefinire i fabbisogni professionali, nel rispetto delle competenze scientifiche e dei ruoli di ciascuna professione, riqualificando i servizi ed elevando gli standard di tutela, mortificati dalle ultime riforme organizzative.
• Ampliare le previsioni occupazionali specifiche degli Enti Locali e delle Istituzioni Culturali pubbliche, permettendogli, dopo anni di compressione forzata delle spese, di assumere secondo le esigenze.
• Promulgare una legge che regolamenti il volontariato culturale, mettendo fine al lavoro gratuito mascherato da volontariato.
• Abrogare l’articolo 24 legge 160/2016 sul declassamento delle fondazioni lirico-sinfoniche ed estinguere il debito pregresso delle fondazioni causato dalle inadeguate erogazioni.
• Riformare la Legge 4/1993 (Legge Ronchey) e rivedere il sistema delle esternalizzazioni, per tutelare il Patrimonio pubblico e il lavoro; ristatalizzare ove necessario, come nel caso delle fondazioni lirico-sinfoniche o dei servizi essenziali di Musei, Biblioteche e Archivi.
Servono leggi, servono risorse. Ma non solo per i professionisti dei beni culturali, non solo per i professionisti dello spettacolo, non per gli operatori museali, non per le Soprintendenze né per i Teatri: servono per il Paese.
Ed è il momento che la politica si decida a far funzionare il settore culturale. Siamo stati zitti all’angolo, chiusi nella nostra frustrazione e divisione per troppo tempo».