Cosa prevede questo speciale inserito a causa dell’allarme generato dal Covid e come secondo voi questa situazione ha impattato sui conflitti e sulle vittime dei conflitti?
«Chi sperava che la pandemia potesse in qualche modo fermare i conflitti si è dovuto ricredere subito. Il Covid-19 non è riuscito a placare la guerra. La tregua globale proposta dalle Nazioni Unite e da Papa Francesco già alla fine di marzo è stata pressoché inascoltata: in tutti i teatri si è continuato a combattere. Le tensioni internazionali sono in aumento, a partire dalla nuova guerra fredda fra Stati Uniti e Cina. La pandemia ha peggiorato la vita di chi subisce i conflitti perché il pericolo contagio si è sommato alla malattie già esistenti, a sistemi sanitari distrutti, alle drammatiche condizioni di vita nei campi per rifugiati e sfollati, dove l’accesso all’acqua era già difficoltoso a anche gli aiuti umanitari hanno subito battute di arresto».
Quali ulteriori effetti avete rilevato e quindi evidenziato nello speciale con cui l’Atlante è stato integrato?
«In molti Paesi si è registrato, oltre all’arretramento dell’economia, il deterioramento dei diritti democratici, civili e sociali. Per citare alcuni casi: Viktor Orban in Ungheria si è dotato di leggi speciali, Recep Tayyip Erdoğan in Turchia ha proseguito il cammino verso l’eliminazione dell’opposizione e l’incarcerazione dei giornalisti, Rodrigo Duterte nelle Filippine ha approfittato del covid per proseguire la sua sanguinosa guerra alla droga andando a colpire emarginati, poveri e attivisti. Secondo una valutazione di Freedom House, ong di Washington che ogni anno misura lo stato di salute delle democrazie nel Mondo, Ungheria, Polonia e Slovenia grazie all’epidemia e alla “necessità di controllarla” stanno scivolando verso il punto più basso della democrazia negli ultimi 25 anni».
La situazione legata all’allarme globale per il Covid ha avuto un impatto negativo anche sul contrasto al problema della fame nei paesi più fragili?
«Riteniamo di sì, che un’altra conseguenza di quanto accaduto e sta accadendo potrebbe essere l’annullamento degli ultimi trent’anni di lotta alla fame nel mondo. Secondo il rapporto del 20 aprile 2020 del World Food Programme (Wfp), l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare, in almeno trenta paesi del mondo potrebbero scatenarsi carestie a causa del coronavirus».
Da anni ormai il team che lavora sull’Atlante lo presenta nelle scuole. Qual è l’aspetto importante nel portare questa conoscenza ai ragazzi?
«L’Atlante è sempre più utilizzato come strumento didattico. Sono molte le scuole che lavorano sul nostro testo e che richiedono i nostri percorsi formativi. I ragazzi sono pronti a sentire parlare di guerre e ingiustizie, a riflettere sulle cause che portano ai conflitti. Abbiamo sempre incontrato grande curiosità e voglia di affrontare questioni internazionali non certo semplici, come le migrazioni, il cambiamento climatico, la disuguaglianza globale. Crediamo che aprire gli orizzonti e ampliare lo sguardo, oltre il programma scolastico o la propria quotidianità, aiuti i ragazzi e le ragazze a intraprendere il cammino che li porterà ad essere cittadini e cittadine attivi e consapevoli».