Quindici organizzazioni internazionali chiedono un «cessate il fuoco immediato e permanente e un massiccio aumento dell’assistenza umanitaria per evitare la carestia a Gaza e come unico modo per rispettare la Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite».
Quindici organizzazioni internazionali chiedono un «cessate il fuoco immediato e permanente e un massiccio aumento dell’assistenza umanitaria per evitare la carestia a Gaza e come unico modo per rispettare la Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». A sottoscrivere l’appello sono Action Against Hunger, ActionAid, Danish Refugee Council, Humanity and Inclusion / Handicap International (HI), Insecurity Insight INTERSOS, Islamic Relief USA, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council, Plan International Project Hope, Save the Children, Solidarités International, Tarjimly e War Child Alliance.
«Consentire l’accesso degli aiuti umanitari per la popolazione civile è un obbligo previsto dal Diritto Internazionale Umanitario e devono essere prese misure immediate per affrontare efficacemente e rispettare le richieste della Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che condanna l’uso della fame dei civili come metodo di guerra – scrivono le organizzazioni – Il rischio [1] di carestia aumenta di giorno in giorno a Gaza a causa del proseguimento delle ostilità e del blocco continuo della Striscia. I risultati dell’analisi della fase di classificazione integrata della sicurezza alimentare e della nutrizione IPC [2] alla fine del 2023 hanno rilevato che l’intera popolazione vive con un livello di fame da crisi e che una famiglia su quattro, più di mezzo milione di persone, si trova ad affrontare condizioni catastrofiche. Si tratta della percentuale più alta di popolazione in crisi di sicurezza alimentare al mondo secondo le registrazioni dell’IPC. Praticamente tutte le famiglie ogni giorno saltano i pasti. Alcune famiglie passano giorni e notti senza mangiare. Prima del 7 ottobre, la malnutrizione acuta a Gaza era quasi inesistente. Tuttavia, le Nazioni Unite stimano un aumento del deperimento infantile del 27% nei prossimi mesi [3]».
«Le Nazioni Unite [4], Human Rights Watch [5] e le organizzazioni umanitarie [6] hanno sottolineato come a Gaza si stia facendo ricorso alla fame come metodo di guerra. Portare la popolazione civile alla fame è illegale secondo il Diritto Internazionale Umanitario e viola direttamente la Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – prosegue l’appello – Prima dell’attuale conflitto, oltre i 2 terzi della popolazione ricevevano aiuti alimentari. Ora, a fronte di un aumento dei bisogni e del peggioramento della situazione, l’assistenza umanitaria si è ridotta a causa della violenza, dell’insicurezza e delle barriere di accesso. Le tattiche di assedio imposte da Israele su Gaza sono uno dei fattori chiave che impediscono la consegna degli aiuti. Secondo il Diritto Internazionale Umanitario, le parti in conflitto sono obbligate a facilitare un accesso rapido e senza ostacoli agli aiuti. Altri fattori includono i continui bombardamenti di aree densamente popolate [7], compresi i siti di distribuzione, e il rifiuto da parte di Israele di inviare missioni di aiuti umanitari nel nord e in altre aree di Gaza [8]».
«I neonati, i bambini piccoli e le donne in gravidanza e in allattamento sono attualmente più vulnerabili rispetto a prima dell’escalation del conflitto, perché hanno uno scarso accesso a cibo, acqua e servizi salvavita. Conseguentemente sono esposti maggiormente a malnutrizione e malattie, con un tasso il rischio di mortalità e morbilità in aumento – si legge ancora nell’appello – La mancanza di acqua e servizi igienici adeguati sta portando ad una maggiore diffusione di diarrea e malattie, una delle cause dirette della malnutrizione, insieme allo scarso apporto dietetico. Solo una delle tre condutture idriche provenienti da Israele è operativa e nei governatorati settentrionali non c’è accesso all’acqua potabile. Almeno venti strutture idriche
[9], compresi i serbatoi, sono state danneggiate o distrutte e la carenza di carburante stanno aggravando l’impatto sulla fornitura di acqua. L’accumulo di rifiuti solidi nelle strade, circa 50.000 tonnellate, sta inoltre divenendo un problema sanitario prioritario».
«La distruzione delle infrastrutture di produzione e distribuzione alimentare e la restrizione delle importazioni commerciali hanno ridotto l’accesso al cibo – sottolineano le quindici organizzazioni – L’OCHA
[10] riferisce che solo 15 dei 97 panifici che operavano a Gaza prima del 7 ottobre sono ancora operativi. Le immagini satellitari mostrano la distruzione di molti porti di pesca, mercati, serre e terreni agricoli.
Impedire che aiuti alimentari sufficienti raggiungano la popolazione e colpire le infrastrutture per la produzione e la distribuzione di cibo, comprese le aziende agricole, i sistemi idrici, i mulini, i siti di lavorazione e stoccaggio degli alimenti, gli hub e i mezzi per il trasporto di cibo, sono una violazione diretta della Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite [11]. Questa risoluzione è stata approvata all’unanimità nel 2018 per condannare l’uso della fame e dell’inedia come arma di guerra. Le recenti misure provvisorie pronunciate dalla Corte Internazionale di Giustizia richiedono che Israele adotti misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria, urgentemente necessari a Gaza, come assistenza alimentare e acqua potabile. Gli Stati terzi hanno l’obbligo legale di garantire che tutte le parti consentano l’ingresso di aiuti sufficienti a Gaza e rimuovano qualsiasi ostacolo all’accesso tempestivo e senza ostacoli».
«L’unico modo per evitare il rischio di carestia è agire per fermare immediatamente il peggioramento della salute, della nutrizione e della sicurezza alimentare e l’aumento della morbilità, attraverso il ripristino dei servizi sanitari, dell’acqua e dei servizi igienici, della pesca e dei terreni agricoli e dei mercati. Non è possibile evitare la carestia con le ostilità in corso. Un cessate il fuoco immediato e permanente e l’aumento dell’accesso agli aiuti nella Striscia di Gaza sono essenziali».
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Gli autori
Raffaele Crocco è direttore responsabile dell’
Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo , dei siti atlanteguerre.it, atlasofwars.com, ed è direttore editoriale di
Unimondo. È stato giornalista RAI, collaboratore delle trasmissioni
Est Ovest e
Mediterraneo. Ha lavorato come inviato di guerra, è autore di libri e documentari.
Emanuele Giordana, giornalista e asiatista, già docente di Cultura indonesiana, direttore di Ecoradio e del mensile Terra, insegna giornalismo ed è cofondatore di Lettera 22. È presidente dell’associazione Afgana e ha scritto saggi, curato collettanee di geopolitica. Scrive per diverse testate ed è direttore editoriale del sito atlanteguerre.it.
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