L’appello di oltre 230 organizzazioni: «Basta armi a Israele»
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Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai Governi che fanno parte del programma del cacciabombardiere Joint Strike Fighter «di interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35».
Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai Governi che fanno parte del programma del cacciabombardiere Joint Strike Fighter «di interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35».
«Nonostante tutti i Paesi partner del programma Joint Strike Fighter abbiano l’obbligo legale di fermare le esportazioni di armi verso Israele, i Governi di tali Stati continuano a consentire il trasferimento di parti dei cacciabombardieri F-35 – scrive la Rete Disarmo in una nota – Un movimento globale di cause legali intraprese dalla società civile è dunque cresciuto in tutti i Paesi che partecipano al programma F-35, per evidenziare le responsabilità dei decisori politici (e amministrativi)».
Le organizzazioni firmatarie della lettera congiunta sottolineano come gli ultimi mesi abbiano «dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. È quindi imperdonabile che i nostri Governi continuino a fornire trasferimenti di armi a Israele, implicandosi potenzialmente in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel dicembre 2024 un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, mentre Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”» si legge ancora nella nota.
«Il ruolo dell’Italia come partner di secondo livello nel programma Joint Strike Fighter (e come unico Paese in Europa a ospitare sul proprio territorio un impianto di assemblaggio finale del caccia F-35) desta grande preoccupazione nella società civile italiana impegnata per la Pace» scrive ancora la Rete Disarmo.
Le organizzazioni hanno quindi scritto una lettera congiunta ai Governi, che per l’Italia è stata inviata alla Presidente del Consiglio, al Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale e al Ministro della Difesa.
Per l’Italia hanno sottoscritto la lettera:
- Rete Italiana Pace e Disarmo
- Accademia Apuana della Pace
- Amnesty Internationl Italia
- ARCI-Italy
- Ass. Adl Zavidovici
- Associazione Percorsi di pace
- Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani aps
- AssoPacePalestina
- Beati i costruttori di pace (Blessed Are the Peacemakers)
- Center for Research and Elaboration on Democracy (CRED)
- Centro Studi Sereno Regis
- CIPAX Centro interconfessionale per la pace
- Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA)
- COSPE NGO
- Diritto Diretto
- Emmaus Italia
- Fondazione Finanza Etica
- Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
- MIR (Movimento internazionale della Riconciliazione)
- Movimento Nonviolento
- Scuola di Pace del Comune di Senigallia
- Un Ponte Per
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ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO – XIII EDIZIONE
La XIII edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo rivela quali sono le vere cause delle tante (troppe) guerre in corso ed è intitolato Il pianeta gioca a risiko. Nel volume approfondimenti e riflessioni sulle origini dei maggiori conflitti in corso, sugli attori in gioco e sulla corsa al riarmo, che non riguarda solo i paesi in guerra ma coinvolge la maggioranza degli Stati.

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Sono oltre 30 le guerre in corso sul Pianeta. Gli Stati si affidano alle armi per trovare soluzioni, mentre sarebbe urgente investire sull’emergenza climatica, sui diritti umani, sulla democrazia. Crocco e Giordana invitano a guardare il Mondo con occhi differenti, abbandonando le logiche armate della geopolitica a favore di una “geografia dei diritti umani”, che ponga al centro delle relazioni tra Stati la cooperazione e il rispetto dei diritti. Non si tratta di un approccio teorico o ideale, è semplicemente realistico, forse l’unico che può fermare questa pericolosa corsa alle armi.