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Le Combattenti per la Pace scrivono ai ministri del G7

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Rana Salman ed Eszter Koranyi, co-direttrici per Palestina e Israele del movimento Combattenti per la Pace, hanno inviato un appello per la fine del conflitto ai ministri degli esteri presenti al G7 del 25 e 26 novembre a Fiuggi.

Le Combattenti per la Pace scrivono ai ministri del G7

Rana Salman ed Eszter Koranyi, co-direttrici per Palestina e Israele del movimento Combattenti per la Pace, hanno inviato un appello per la fine del conflitto ai ministri degli esteri presenti al G7 del 25 e 26 novembre a Fiuggi.

«Il nostro movimento Combattenti per la Pace è stato fondato nel 2006 per iniziativa di ex militari israeliani ed ex detenuti palestinesi che a un certo punto hanno deciso di unire le forze per co-resistere con metodi nonviolenti all’occupazione, in vista di un futuro migliore per entrambi i nostri popoli – spiegano le due portavoce – Come ex combattenti che hanno avuto un ruolo attivo nell’uso della violenza siamo consapevoli delle motivazioni che determinano il protrarsi del conflitto, e come attivisti per la pace siamo in grado di vedere come un cambiamento sia possibile mediante la nonviolenza. Grazie alle tante iniziative condivise messe in atto, sappiamo che israeliani e palestinesi non sono condannati a restare nemici, e che le tensioni nella nostra regione non sono un’inevitabile fatalità: nell’arco di vent’anni abbiamo toccato con mano la possibilità di una terza via, ma è necessario che anche voi, nel vostro ruolo di leaders del pianeta, troviate il coraggio e l’unità per intervenire».

«Il 21 novembre la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo Ministro Netanyahu, l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Deif. Vi esortiamo a usare la vostra autorevolezza come decisori per rispondere con azioni concrete a queste accuse di crimini di guerra. Sono in gioco le nostre vite e quelle dei nostri figli – si legge ancora nell’appello – Da più di 416 giorni siamo in guerra. Troppe vite innocenti sono state stroncate dalle armi che continuate a inviare nella nostra regione. Invece di investire in armi, abbiamo bisogno del vostro sostegno e del vostro investimento nelle organizzazioni della società civile che come noi lavorano per la costruzione della pace. Inoltre, mentre gli occhi del mondo sono soprattutto puntati su Gaza, la violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania contro i civili palestinesi è cresciuta a ritmo esponenziale. Questi atti criminali non devono continuare impunemente. Chiediamo che vengano imposte sanzioni contro la violenza dei coloni».

«Ogni giorno continuiamo a chiedere un cessate il fuoco, uno scambio di ostaggi e prigionieri, la fine dello spargimento di sangue, ma come attivisti pacifisti di lunga data, sappiamo che un cessate il fuoco non è sufficiente: abbiamo bisogno di una soluzione politica che ponga fine all’occupazione e fornisca sicurezza, libertà e uguaglianza a tutti coloro che vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo -prosegue l’appello – Il nostro lavoro bi-nazionale sottolinea una verità cruciale: il cammino verso la pace è irto di sfide, ma non  impossibile. Promuovendo la comprensione e il parternariato, noi ex combattenti dimostriamo che la pace non è solo un ideale lontano, ma un obiettivo tangibile che può essere raggiunto. Ci auguriamo che il nostro lavoro di Combattenti per la Pace possa essere un esempio di ciò che è possibile fare nella nostra regione e che, invece di continuare a promuovere l’intervento militare e l’esportazione di armi, tutti Voi vi adoperiate per dare voce a voci come la nostra, nella consapevolezza che una soluzione militare non sarà mai garanzia di pace o sicurezza per nessuno. Vi invitiamo dunque a unirvi alla nostra visione della nonviolenza e a contribuire per una soluzione politica giusta per la nostra regione e per l’intero Medio Oriente».

Fonte: Pressenza

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LETTURE UTILI

LA NUOVA CHIAMATA ALLE ARMI

Sono oltre 30 le guerre in corso sul Pianeta. Gli Stati si affidano alle armi per trovare soluzioni, mentre sarebbe urgente investire sull’emergenza climatica, sui diritti umani, sulla democrazia. Crocco e Giordana invitano a guardare il Mondo con occhi differenti, abbandonando le logiche armate della geopolitica a favore di una “geografia dei diritti umani”, che ponga al centro delle relazioni tra Stati la cooperazione e il rispetto dei diritti. Non si tratta di un approccio teorico o ideale, è semplicemente realistico, forse l’unico che può fermare questa pericolosa corsa alle armi.

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Rete Disarmo: «Basta fornire armi a zone di guerra, si proteggano i civili»

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