«Non saremo in piazza a Roma»: la dura critica di comitati e associazioni
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Sono numerosi i comitati, le organizzazioni e le associazioni che hanno annunciato che non saranno in piazza sabato 15 marzo a Roma per la manifestazione lanciata da Michele Serra su un quotidiano nazionale, soprattutto all’indomani del voto al Parlamento Europeo sul piano di riarmo da 800 miliardi.
Sono numerosi i comitati, le organizzazioni e le associazioni che hanno annunciato che non saranno in piazza sabato 15 marzo a Roma per la manifestazione lanciata da Michele Serra su un quotidiano nazionale, soprattutto all’indomani del voto al Parlamento Europeo sul piano di riarmo da 800 miliardi.
L’Arci nazionale afferma: «Destinare 800 miliardi di euro ai paesi membri per sostenere lo sviluppo e la produzione militare non è investire su un sistema di difesa comune. Utilizzare i fondi della coesione sociale per riarmarci, è un attacco all’Europa dei diritti, della sicurezza comune e della pace». L’Arci non ci sarà perché «oggi quella piazza non riesce ad essere la nostra piazza fino in fondo e lo diciamo con grande serenità e rispetto». «Crediamo che la priorità oggi sia un’altra: contrastare con una grande partecipazione europea il Piano europeo ReArm e sconfiggere conseguentemente quell’idea che si è imposta nel tempo nel nostro continente: “La Fortezza Europa”». E aggiungono: «Vogliamo costruire un ponte con chi, fuori o dentro quella piazza, condivide lo stesso impegno, per una Europa del disarmo e della sicurezza comune, umana, sociale ed ecologica. Non esserci per noi significa impegnarci da subito a garantire un ponte, senza annacquare differenze, a fare in modo che rimanga aperto un canale di comunicazione tra diverse sensibilità».
Anche Emergency ha annunciato che non ci sarà. «La Commissione con la maggioranza dei governi europei ha deciso di affrontare il cambiamento epocale che ha di fronte con un riarmo massiccio per 800 miliardi di euro, attingendo anche a fondi destinati alla coesione sociale. È l’ultimo atto di anni di politiche che hanno sconfessato una dopo l’altra le ragioni su cui l’Europa è stata fondata. Emergency ha a che fare quotidianamente con le conseguenze di queste scelte. Siamo convinti che – se vuole rappresentare una vera alternativa nel contesto internazionale – l’Europa debba cambiare profondamente: investendo sulla diplomazia, sugli organismi internazionali, sul welfare, sulla praticabilità dei diritti».
Sono poi decine e decine le sottoscrizioni all’appello diffuso sul sito di Peacelink che annuncia che diserterà la piazza del 15 marzo: «Non possiamo accettare un’Europa che alza il budget militare cancellando le vere conquiste europee: il primato dell’ambiente, la centralità della sanità, il finanziamento della cultura e della scuola, il welfare che difende i più deboli e che assiste i più fragili, gli anziani. Tutto questo sarà compromesso, se non cancellato, dal programma di riarmo che le istituzioni europee stanno promuovendo […]. Scendere in piazza per questa Europa con l’elmetto significherebbe rinnegare non solo i nostri ideali pacifisti ma anche quelli di tanti uomini di pace […]. Non possiamo scendere in piazza per sostenere un’Unione Europea che si allontana dai suoi valori fondanti e si piega alla logica del riarmo».
Il Coordinamento nazionale No Nato critica duramente la scelta sul piano del riarmo europeo: «Miliardi di euro utili a foraggiare l’economia di guerra che, in parole povere, significa aumento del carovita, chiusura delle aziende che non producono direttamente o indirettamente per foraggiare la Terza guerra mondiale, diminuzione di diritti e tutele per i lavoratori, erosione dei salari». Dura la critica anche riguardo alla manifestazione del marzo a Roma che, secondo il Coordinamento, «sostiene nei fatti la promozione della Terza guerra mondiale e il coinvolgimento del nostro paese nella spirale di guerra».
Anche la Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna fa sapere che non sarà a Roma il 15 marzo.
«La guerra, per la quale questa Europa si sta preparando e che sta, sostanzialmente, invocando, è il male assoluto – scrive Reca – Non porta solo morte e distruzione delle opere dell’uomo, ma devasta l’ambiente, rilasciando quantità inimmaginabili di inquinanti di ogni genere e contaminando il territorio rendendolo inospitale per le future generazioni e sottrae risorse che dovrebbero essere usate per garantire la vera sicurezza di cui i cittadini europei hanno bisogno: un welfare equo, una sanità disponibile a tutti, un ambiente sano e che non pregiudichi la salute, un’energia pulita e a prezzi sostenibili, la tutela del territorio dagli eventi estremi – vera minaccia alla sopravvivenza e all’economia di intere popolazioni – e la mitigazione dei drammatici cambiamenti climatici in atto.».
Anche la “Rete No Rigass No Gli” e “Per Il Clima Fuori Dal Fossile” hanno annunciato che non parteciperanno alla manifestazione. «Siamo contro le armi, figuriamoci i riarmi – scrivono – Non andremo a Roma il 15 marzo a sostenere la versione bellicista che ci offre ora l’Europa che insensatamente fa un’assurda quanto patetica chiamata alle armi, quelle vere, quelle che uccidono. Un Paese come il nostro, che, ricordiamo, nella sua Costituzione, all’art. 11 recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” non può rincorrere la cieca voglia di sangue che ha spinto a fomentare lo scontro Russia – Ucraina gettando nel fuoco della guerra il combustibile degli armamenti ed ora si vorrebbe trasformare in una nuova edizione della guerra fredda con un demenziale sfoggio muscolare. La guerra aumenta l’uso dei fossili e immette una quantità enorme di CO2; a cosa serve parlare di transizione energetica oltre il fossile e poi riarmarci ? Chi come noi ha deciso di dedicare il proprio impegno a difendere l’ambiente e la salute delle persone non può schierarsi con chi è disposto a distruggere il mondo per contendersi minerali il cui uso e abuso sta portanto il Pianeta verso il disastro irreversibile. Chi difende ambiente e salute non può giustificare l’escalation nucleare spacciata come difesa della civiltà. Chi come noi difende ambiente e salute non può assecondare la spesa militare a discapito di quella dedicata a sanità o istruzione. Chi come noi difende ambiente e salute invita anche coloro che intendono aderire a questa manifestazione a riflettere e comprendere su quale sua il mulino, quello della guerra, al quale inconsapevolmente porteranno acqua».
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Sono oltre 30 le guerre in corso sul Pianeta. Gli Stati si affidano alle armi per trovare soluzioni, mentre sarebbe urgente investire sull’emergenza climatica, sui diritti umani, sulla democrazia. Crocco e Giordana invitano a guardare il Mondo con occhi differenti, abbandonando le logiche armate della geopolitica a favore di una “geografia dei diritti umani”, che ponga al centro delle relazioni tra Stati la cooperazione e il rispetto dei diritti. Non si tratta di un approccio teorico o ideale, è semplicemente realistico, forse l’unico che può fermare questa pericolosa corsa alle armi.