Si è conclusa domenica 26 novembre con un’assemblea all’Università La Sapienza la due giorni romana lanciata dal movimento Non Una di Meno e inaugurata nella giornata contro la violenza sulle donne con una manifestazione nazionale lungo le vie della capitale.
Migliaia di persone si sono date appuntamento per riportare l’attenzione sulla violenza maschile sulle donne e di genere come pratica strutturale e non emergenziale, che investe ogni ambito della società in cui viviamo. Il corteo era tempestato di palloncini rosa con la scritta #Lacasasiamotutte, in solidarietà con la
Casa internazionale delle donne di Roma, oggi a rischio di sfratto.
“Al grido di
Non Una di Meno, mutuato dalle sorelle argentine, da più di un anno è ormai esploso, a livello globale, un nuovo movimento femminista: non una donna ammazzata o maltratta di più, certo, ma non ci basta! Vogliamo tornare a occupare lo spazio pubblico, riappropriarci della decisione sui nostri corpi e le nostre vite, riaffermare la forza politica delle donne”. (1) Recita il documento collettivo che cerca di riassumere le innumerevoli sfumature e proposte di una realtà che fa della trasversalità una delle sua caratteristiche, a partire da una soggettività
queer (2) che vorrebbe trascendere il concetto di genere stereotipato dalla nostra struttura sociale. Secondo il movimento infatti il femminicidio non è che la punta di iceberg di un problema molto più vasto, che affonda le sue radici nell’organizzazione propria del sistema capitalista e patriarcale, basato sullo sfruttamento di rapporti di forza diseguali. Ecco perché al motto di
Abbiamo un piano! il movimento propone alternative valide molto pragmatiche all’inefficacia delle politiche istituzionali preventive e di contrasto alla violenza in ogni aspetto della nostra vita. In ambito lavorativo per esempio le istanze sono rivolte al superamento della precarietà e indirizzate al mutualismo e alla solidarietà, per un welfare più adeguato “ai bisogni e agli stili di vita contemporanei e capace di liberare dalla coazione al lavoro sfruttato e sottopagato” (la pratica dello sciopero globale delle donne inaugurata lo scorso 8 marzo da
Non Una di Meno muove proprio da qui), mentre in campo sanitario le richieste promuovono l’autodeterminazione, attraverso la difesa della legge 194 sulla libertà di interrompere la gravidanza; svincolando l’accesso alla copertura sanitaria dall’obbligo di residenza per le migranti senza documenti oppure rivendicando la libertà di scelta delle donne sulla loro salute riproduttiva, richiedendo “la promozione della cultura della fisiologia del parto, del puerperio e dell’allattamento”.
La violenza sul copro della donna è associata inoltre anche a quello sui territori, in una visione del mondo che rifiuta ogni abuso ambientale come forma di disprezzo della vita, e guarda al superamento di un modello antropocentrico e razzista, basato sui concetti di dominio e proprietà.
Concetti che vanno prima di tutto veicolati attraverso il linguaggio, che a ben guardare non è mai neutro, ma che può essere portatore di una nuova narrazione, che non releghi le donne nel ruolo di vittime passive, ma che racconti la loro forza e la loro capacità di solidarietà.
(1) Tutte le citazioni sono prese dal dossier informativo distribuito da Non Una di Meno, Abbiamo un piano!, Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e violenza di genere.
(2) queer : (Dall’inglese strano, bizzaro). Termine che mira all’inclusione trasversale, considerando l’identità sessuale non in quanto realtà oggettiva, ma come terreno mutevole e transitorio.