Refugees Welcome Italia vuole infatti diffondere sul territorio nazionale una modalità di accoglienza che sia non solo più familiare, ma anche piu’ umana, piu’ calda e solidale rispetto ai meccanismi esistenti. E per farlo si utilizza la tecnologia: e’ grazie al sito webwww.refugees- welcome.it, attivo da questa mattina, che e’ possibile infatti creare la rete tra soggetti ospitanti, rifugiati, associazioni e tutor che agiscono da facilitatori sul territorio. La piattaforma si compone di diverse sezioni che garantiscono piena assistenza e una guida al processo di accoglienza. Chi decide di accogliere, non deve fare altro che iscriversi al sito e presentare una descrizione della stanza libera che può mettere a disposizione per un periodo che va da tre a sei mesi. Per il pagamento della quota d’affitto, ci pensa l’organizzazione attraverso microcampagne di crowfounding.
Una volta fatto questo primo step, lo staff di Refugees Welcome approfondisce la conoscenza con il soggetto ospitante cercando di capire lo stile di vita che conduce, ma anche e soprattutto che cosa si aspetta dall’esperienza di accoglienza.
“Alla base di questa idea – spiega Germana Lavagna, presidente di Refugees Welcome Italia, – importata dalla Germania e adattata al sistema di welfare italiano, ben diverso da quello tedesco, c’è la volontà di risvegliare il senso civico presente in ciascuno di noi. Anni fa sono venuta a conoscenza dell’associazione tedesca e mi sono resa conto di come l’accoglienza potesse essere semplice e ho pensato che anche il mio paese avesse bisogno di fare un percorso del genere”.
Il tema di cui si occupa l’associazione, e’ oggi centrale più che mai se si pensa alla dimensione e alla portata del fenomeno migratorio, ma sopratutto alle risposte, spesso inadeguate, date dalle istituzioni a partire da quelle europee: l’UNHCR ha registrato oltre 60 milioni tra sfollati, rifugiati e richiedenti asilo nel mondo; nel 2014 i 28 paesi dell’Unione Europea hanno registrato 570.000 domande d’asilo, il 44% in più rispetto al 2013. Se si fa riferimento alla situazione italiana, i numeri parlano chiaro ma smentiscono anche lo stereotipo, strumentalizzato da alcuni, dell’emergenza umanitaria che minaccia il nostro paese: gli arrivi sono stati più di 170.000, ma le persone che hanno fatto domanda d’asilo sono poco più di 63.000, ciò significa che arrivano e se ne vanno.
Matteo Bassoli, presidente di Refugees Welcome Italia insieme a Germana, suggerisce di partire da se stessi: “Facciamoci una domanda: chi e’ il colpevole dell’aumento dei gas serra? Insieme ad altri, lo sono anch’io che utilizzo la macchina per andare al lavoro e l’aereo per raggiungere le conferenze in giro per il mondo. Lo stesso vale per i rifugiati: sono sempre io il colpevole. In che modo? In tanti modi: tenendo i soldi in una banca che finanzia le guerre o facendo finta di non vedere i barconi che arrivano. E’ da questa consapevolezza che ciascuno di noi ha trovato la sua forza per dare vita al gruppo”.
A raccontare la prima esperienza di accoglienza domestica, Maria Cristina Visioli che alla domanda del perché abbia deciso di accogliere ha risposto in modo semplice “Perchè no? Ho pensato da subito che lo spazio in più in casa potesse essere d’aiuto a qualcuno. Il percorso che ho intrapreso con mio marito accogliendo Mahamadou Niakate non mi ha mai spaventato anche perché Refugees Welcome mi è sempre stata vicino e ci ha inserito in un percorso di conoscenza reciproca.”
Mahamadou Niakate, il giovane ragazzo del Mali, spiega la sua esperienza con poche parole “Vivendo con Cristina e suo marito ho trovato degli amici”.
Ed è proprio questo il senso. Raggiungere la piena integrazione facendo leva sulle relazioni, quelle relazioni che rendono più facile oggi trovare un lavoro, imparare la lingua, stringere amicizie, formare una famiglia per poi sentirsi a casa nel mondo.