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Tsunami 5G, quattro città d’America lo rifiutano. E sulla cancerogenesi è scontro tra scienziati

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Negli Stati Uniti sul 5G e le radiazioni elettromagnetiche conseguenti è in atto un vero e proprio scontro istituzionale. In alcune città il 5G partirà dall’1 ottobre, mentre in altre sono i vertici degli enti locali stessi a contrastare nei tribunali la sua avanzata. E non mancano gli scontri anche tra i ricercatori…
America dei controsensi: dall’1 ottobre il 5G sarà regolarmente funzionante a Houston, Indianapolis, Los Angeles e Sacramento, ma c’è pure chi s’è sfilato e ha detto no.
Se a Doylestown (Pennsylvania) da più d’un anno i funzionari rimbalzano tra le aule dei tribunali statali e federali per opporsi alla massiccia invasione di mini-antenne di quinta generazione, dopo le città di San Anselmo e Ross, anche il comune di Mill Valley (sempre in California) ha deciso di fermare il 5G: troppo inquinamento elettromagnetico, esiste un fondato pericolo per la salute pubblica!
Ricevute le protesta dei cittadini, i municipi hanno infatti bloccato l’installazione del wireless del 5G per salvaguardare “la salute e la sicurezza della comunità”. Lo stesso è accaduto a Palm Beach (Florida): i maligni sostengono perché lì risiede nientemeno che il Presidente Donald Trump (pare non gradisca vivere in un groviglio di radiofrequenze pulsate senza eguali!).
Fatto sta che, numeri alla mano, solo in fase sperimentale oltre l’Atlantico sono già quattro le città che faranno (volentieri) a meno dei 20 Gigabit al secondo in download. Perché, come ricorda anche l’AgCom dalle linee guida pubblicate dall’International Communication Union, aderire al 5G significa garantire infrastrutture tecnologiche in grado di sostenere fino ad 1.000.000 (un milione!) di dispositivi connessi contemporaneamente per chilometro quadrato. Tradotto: irradiazioni di microonde millimetriche ovunque, non più solo dalle stazioni radio base sui tetti dei palazzi (in Italia già 60.000!) ma dai vecchi pali della luce riconvertiti in ubiquitari Wi-Fi, uno ogni poche decine di metri, ovunque (Enel X ne ha annunciati poco meno di 2milioni su 3.300 comuni d’Italia). Con quali effetti per la salute?

Evidenze preoccupanti

“Le prime evidenze che stanno venendo fuori dalla sperimentazione del 5G sono abbastanza preoccupanti. Sono state segnalate alterazione dell’espressione genica, effetti sulla cute, effetti sulla proliferazione cellulare, sulla sintesi di proteine, sui processi infiammatori”, ha affermato Agostino Di Ciaula, presidente ISDE-Italia che ha reiterato al Governo Conte una richiesta di moratoria (inascoltata).
“Partiamo da dati di fatto ormai consolidati” – ha proseguito Di Ciaula in una recente intervista – “il primo è che le onde elettromagnetiche ad alta frequenza causano effetti biologici soprattutto in termini di plesso ossidativo che lei sa è alla base di numerose patologie croniche e dello stesso cancro. Poi causa danno all’estensione del genoma, causa rischi in termini di fertilità, conseguenze neurologiche. Ci sono numerosissime evidenze che documentano danni nello sviluppo, comportamentali, persino danni metabolici”. E infine, sull’ipotesi di revisione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla cancerogenesi da elettrosmog, il vertice italiano dell’ISDE ha detto: “Il cancro è una evenienza che sembra molto probabile ma è soltanto la punta dell’iceberg!”

Troppe cose non dette

Tra l’imbarazzante silenzio di amministratori locali, istituzioni regionali, politica e Governo nazionale, non a caso anche mainstream e stampa faticano ad informare l’opinione pubblica sullo scontro (titanico!) in atto tra i massimi organismi di controllo sanitari del mondo, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dovrà esprimersi sulla richiesta di revisione nella classificazione della radiofrequenze tra gli agenti cancerogeni; sarà un terremoto pel business 5G se accolta al rialzo da Classe 2B a Classe 2A o Classe 1, ovvero da ‘possibile’ a ‘probabile’ se non addirittura a ‘certo’ cancerogeno.
Dopo il silenzio post-2011 (all’epoca della cosiddetta ‘svolta IARC) la partita s’è infatti riaperta in questi giorni, depositati i risultati degli studi americani del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini di Bologna, bollati però come “non convincenti” dalla Commissione Internazionale per la Tutela dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP), che li ha definiti “studi che non forniscono un corpus di prove coerenti, attendibili e generalizzabili che possano essere utilizzate come base per la revisione delle attuali linee guida sull’esposizione umana. Sono necessarie ulteriori ricerche”. Non s’è fatta attendere la risposta degli scienziati chiamati in causa, spartiacque in un’invisibile lotta tra negazionisti e precauzionisti che già in passato s’è macchiata di anomalie, scandali e conflitti d’interesse (anche all’interno dello stesso ICNIRP), un’ombra che ancora oggi grava sulla tesi di quanti – anche davanti l’evidenza negli aggiornamenti e del numero degli elettrosensibili in crescita – si ostinano a considerare solo gli effetti termici (escludendo danni biologici da elettrosmog!)

La cancerogenicità e gli studi del Ramazzini

I nostri studi sono stati “ben eseguiti e senza pregiudizi sui risultati. Contribuiranno certamente all’onere delle prove che lo IARC e le altre agenzie di sanità pubblica dovranno considerare per la rivalutazione della cancerogenicità”, ha commentato Fiorella Belpoggi, direttrice della ricerca pel Ramazzini, la più importante al mondo (finanziata non da lobby del wireless né da privati, ma da enti pubblici, è durata 10 anni) condotta su cavie uomo-equivalenti (riscontrati gravi tumori maligni su cervello, cuore e infarto).
“L’ICNIRP non è un’agenzia di sanità pubblica che valuta abitualmente agenti cancerogeni”, ha detto Belpoggi, “siamo scienziati, il nostro ruolo è di produrre prove solide per la valutazione dei pericoli e dei rischi. La sottostima delle prove dei biotest sui cancerogeni e i ritardi nella regolamentazione hanno già dimostrato molte volte di avere gravi conseguenze, come nel caso dell’amianto, del fumo e del cloruro di vinile. Questa posizione di ICNIRP rappresenta la propria responsabilità nei confronti dei cittadini e della salute pubblica”.
La partita, dunque, resta aperta come la possibilità di partecipare al dibattito. Infatti, chiunque voglia esprimere la sua, ha tempo fino al 9 ottobre per inviare proprio all’ICNIRP note e commenti sulla bozza (consultabile on-line) delle nuove linee guida sulla limitazione dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
 

Ecco il manuale per difendersi dall’elettrosmog

Il libro “Manuale di autodifesa per elettrosensibili” (Terra Nuova Edizioni) è un manuale di inchiesta fondamentale per una corretta informazione e per chiedere ai cittadini e alle istituzione una presa di coscienza dei rischi dell’elettrosmog in nome del Principio di Precauzione.

L’elettrosmog è un pericolo per la salute? «Non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per dimostrarlo». Il libro confuta quest’assioma stereotipato, fondato su ricerche superate di dubbia indipendenza, e offre una panoramica dei rischi prodotti dai campi elettromagnetici dei più moderni strumenti tecnologici.
L’autore indica i confini e le linee guida dell’elettrosensibilità, una nuova forma di malattia ambientale altamente invalidante e tipica dell’Era Elettromagnetica, patita da un numero sempre più grande di cittadini invisibili, costretti alla fuga da città e modernità.
Nel libro sono raccolte le testimonianze dei malati, le storie di suicidi e dell’insorgenza di patologie tumorali, e le sentenze shock che stabiliscono il nesso telefonino=cancro; vengono raccontati i lati oscuri dell’elettrosmog e svelate le incongruenze, le distorsioni metodologiche e i conflitti d’interesse alla base del cosiddetto fronte negazionista. Capitoli molto importanti sono inoltre dedicati alle più efficaci terapie elettrodesensibilizzanti, che vengono in aiuto per cercare di ridurre l’impatto dei campi elettromagnetici sugli esseri umani.

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