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Allarme carenza vitamina D

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Vita sedentaria, allarmismi sui raggi solari e i boom dei filtri protettivi hanno innescato una carenza cronica di vitamina D, sostanza utilissima per la salute, sia sul fronte della prevenzione che della cura.
“L’aumento della vita sedentaria in casa, l’incremento della speranza di vita media globale e le propagande contro l’eccessiva esposizione ai raggi solari per evitare i rischi di invecchiamento precoce e cancro della pelle hanno favorito l’utilizzo di creme solari con protezione pari o superiore a 15, di fatto annullando l’apporto di vitamina D che fino a qualche tempo fa era a disposizione del nostro metabolismo in modo naturale. Se dunque, da un lato, questi fattori hanno posto un freno ai rischi d’invecchiamento cutaneo e dei tumori connessi, dall’altro non possiamo non riflettere sulle correlazioni che indicano, con quantità adeguate di vitamina D, una minor incidenza di tumori a prostata, colon e seno”. Così il professor Angelo Azzi, docente presso la Tufts University di Boston, esperto di alimentazione e nutrizione clinica, intervenendo a margine del ‘Workshop on Vitamin D’, organizzato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Cosa accade, dunque? Accade che trent’anni di propaganda e allarmi contro la luce solare aprono oggi un mercato immenso per gli integratori.
La vitamina D è importante per l’organismo, è efficace per prevenire non solo le fratture, ma anche molte altre patologie. Quindi, i deramtologi hanno talmente tanto insistito perchè le persone si esponessero sempre meno al sole, che ora per garantire un sufficiente apporto di questa importante sostanza ci si rivolge agli intergratori.”Ma è solo attraverso studi clinici con un gran numero di partecipanti, dell’ordine delle migliaia di persone, si potrà avere la prova provata che le correlazioni di cui oggi parliamo sono sperimentalmente confermate. Così come si potrà capire meglio quale sia la quantità migliore da fornire in base all’efficacia che essa dovesse presentare in termini di prevenzione, da sola o in correlazione con altre sostanze.  Sono già in corso nel mondo una decina di trials clinici su campioni numerosi, per verificare che l’assunzione abbia un’efficacia reale e per capirne i limiti. Al workshop del Campus Bio-Medico, tuttavia, è stato confermato che recettori in grado di utilizzare la vitamina D esistono non solo, come si sa da tempo, sulla parete dell’intestino, per favorire l’assorbimento del calcio e garantire una maggior densità ossea (utile specie alle donne in menopausa), ma che ne dispongono anche altre cellule dell’organismo. Un dato che confermerebbe le funzioni benefiche della vitamina D per la salute di altri tessuti dell’organismo. Un livello adeguato di questa sostanza sarebbe alla base, ad esempio, della diminuzione del rischio d’incidenza di malattie del sistema cardiocircolatorio, di ictus, ma anche della demenza senile. E ancora: recettori di questo ormone sono presenti pure nei cosiddetti Linfociti-T, le cellule deputate a favorire la risposta immunitaria dell’organismo. Ed è stata notata una significativa carenza di vitamina D nelle persone con diabete di tipo 2 (quello acquisito) e, soprattutto, negli obesi.Anche per questo sono gli Usa, il Paese-simbolo del problema dell’obesità, ad avere il maggior interesse a comprendere fino a che punto questa vitamina può incidere sulla prevenzione di tali problemi. La gran parte delle ricerche, infatti, proviene proprio dagli Stati Uniti, cheattraverso i Nih investono ogni anno ingenti fondi in questo settore. Inoltre, gli Usa, un Paese  di 250 milioni di abitanti tutti con una spiccata attenzione per l’igiene e la corretta alimentazione, hanno visto crescere negli ultimi 6 anni il mercato dei prodotti a base di vitamina D da 50 a 600 milioni di dollari.
Informazioni provenienti anche dall’agenzia Dire

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