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Aspartame: un’epidemia senza clamore

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Lo si trova in quasi tutti i prodotti «light» o «senza zucchero», in polvere o sotto forma di pasticchine viene usato da molti al posto dello zucchero, nuovi studi lo legano a linfomi e leucemie.
U n tempo era elencato dal Pentagono tra gli agenti biochimici nocivi, oggi è consumato quotidianamente da milioni di adulti e bambini. Praticamente lo si trova come ingrediente in quasi tutti i prodotti «light» o «senza zucchero» in polvere o sotto forma di pasticchine viene usato da molti al posto dello zucchero. È presente in più di 6mila prodotti alimentari, ma non solo: dolcificanti in bustine o pasticche, yogurt magri, caramelle, gomme da masticare, bevande frizzanti, cibi dietetici e per diabetici, marmellate, dolci, cereali, ma anche integratori vitaminici, dentifrici, sciroppi e antibiotici – sopratutto quelli per bambini. Rappresenta il 62 per cento del mercato degli agenti dolcificanti: solo nel 2004 nel mondo ne sono stati prodotti 16mila tonnellate. Viene ingerito regolarmente dai due terzi della popolazione adulta e dal 40 per cento dei bambini. Il suo grande successo si deve alla elevata capacità di dolcificare accompagnata da una scarso contenuto calorico, peccato che sempre più studi ne mettono in luce i preoccupanti effetti collaterali. Tanto da spingere la deputata Verde Luana Zanella a chiederne il ritiro dal commercio.
Dell’aspartame abbiamo già parlato su queste pagine cinque anni fa (La grande truffa dell’aspartame, Aam Terra Nuova, novembre 2000) e torniamo sull’argomento perché l’allarme sulla sua tossicità in questi mesi è cresciuto come confermano le ricerche condotte dal prestigioso Istituto Ramazzini di Bologna, che legano l’aspartame a linfomi e leucemie nei ratti, anche a dosi più basse di quelle raccomandate per l’essere umano.
«Come riconosciuto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Oms – si legge nel comunicato stampa dell’Istituto – i risultati di bioessay condotti sui roditori (ratti e topi) sono alti premonitori di rischio cancerogeno per gli umani. Alla luce di questo fatto, i risultati del nostro studio sull’aspartame richiedono una urgente riconsiderazione dei regolamenti sul suo uso come dolcificante artificiale in modo da proteggere la salute pubblica, in particolare quella dei bambini». Oltre il danno anche la beffa, i test di laboratorio hanno anche evidenziato che «l’aggiunta di aspartame al cibo induce una diminuzione dell’assunzione di cibo correlata con la dose del composto, senza però determinare una differenza del peso corporeo tra gli animali trattati e non trattati».
Insomma tanti i rischi e pochi i vantaggi per chi ricorre all’aspartame nella speranza di conservare la linea.
La replica dei produttori è sempre la stessa: «L’aspartame è un ingrediente sicuro». Chissà come mai, allora, in America la Coca Cola sta già lanciando una campagna promozionale su un altro dolcificante artificiale, Splenda, come sostituto dell’aspartame.
Venduto commercialmente come NutraSweet e Canderel (E-951), l’aspartame è costituito da: acido aspartico, fenilalanina e metanolo. Il legame chimico tra queste tre molecole è molto debole, di conseguenza si scinde con facilità: è sufficiente il contatto con un liquido, un prolungato immagazzinamento, l’esposizione a temperature superiori ai 30 °C o la semplice ingestione. A loro volta, i tre ingredienti base si scompongono facilmente in altri sottoprodotti tossici: formaldeide, acido formico e aspartilfelinalanina dichetopiperazina.
I produttori di aspartame affermano che l’instabilità dell’aspartame è irrilevante, dal momento che i suoi costituenti si trovano naturalmente in molti cibi. Questo è vero solo in parte, perché tale affermazione non tiene conto del fatto che nei cibi, tali sostanze sono legate alle proteine e quindi vengono rilasciate molto lentamente. Un esempio tra tutti, il metanolo, presente normalmente nella frutta, è legato ad una pectina e ad un co-fattore: l’etanolo, che neutralizza alcuni dei suoi effetti collaterali. Tali meccanismi di compensazione non sono presenti nell’aspartame e quindi la sua instabilità chimica diventa particolarmente nociva per l’organismo.
«La chiave degli effetti dannosi dell’aspartame sul cervello – afferma il neuroscienziato Russell
Blaylock – risiede proprio nella facilità con cui avviene la scomposizione dei suoi componenti». Come il glutammato di sodio e la L-cisteina, l’aspartame è classificato come eccitotossina. «Un neurotrasmettitore che – a parlare è sempre Blayblock – anche in un solo minuto di iperconcentrazione porta le cellule cerebrali ad eccitarsi al punto di bruciare e morire».
Blayblock controbatte all’affermazione dei produttori circa l’impossibilità dell’aspartame a raggiungere il cervello, precisando che tale barriera è resa più porosa da diversi fattori: tra i quali l’esposizione a pesticidi, malattie autoimmuni (come lupus e diabete), ipoglicemia, alzeimer, parkinson, infarti (inclusi quelli silenziosi) e tutta una serie di farmaci. In queste condizioni, ingerire prodotti contenenti aspartame può causare un picco del livello di eccitotossine, che possono raggiungere direttamente il cervello, aumentando il rischio di effetti nocivi per la salute.
L’aspartame è stato collegato ad una moltitudine di malattie devastanti a carico del sistema nervoso centrale.
«Quando nel 1981 ne venne approvato l’uso – afferma il Dottor H. J. Roberts, direttore del Palm Beach Institute for Medical Research – non avevo motivo di dubitare della decisione della Food and drug administration (Fda). Ma il mio atteggiamento è cambiato dopo aver riscontrato ripetutamente nei miei pazienti reazioni preoccupanti che sembravano collegate all’aspartame». Venti anni dopo, Roberts ha iniziato addirittura a parlare di «malattia da aspartame» per descrivere l’ampia gamma di effetti nocivi registrati tra i pazienti che consumavano regolarmente aspartame.
«Centinaia di migliaia di consumatori, più verosimilmente milioni – afferma Roberts – soffrono correntemente di importanti reazioni ai prodotti contenenti aspartame.
Oggi, per un medico non è raro incontrare i sintomi che fanno pensare a una vera e propria «malattia da aspartame», specialmente in quei pazienti con patologie non diagnosticate o difficili da trattare».
Come guida per altri medici, Roberts, esperto in «diagnosi difficili», ha pubblicato recentemente un’ampia casistica: La Malattia da Aspartame: un’epidemia ignorata (Sunshine Sentinel Press), in cui descrive meticolosamente il trattamento di 1.200 individui sensibili all’aspartame. Seguendo la proce dura medica utilizzata per individuare le intolleranze alimentari, Roberts ha eliminato l’aspartame dalla dieta dei suoi pazienti. In quasi i due terzi delle persone «sensibili», i sintomi hanno registrato un significativo miglioramento già pochi giorni dopo e tali miglioramenti sono continuati per tutto il tempo dell’esclusione dell’edulcorante dalla loro dieta.
I casi studiati da Roberts corrispondono in gran parte a quanto riportato nel rapporto della Fda sulle reazioni avverse all’aspartame, che spesso si rivela attraverso malattie del sistema nervoso centrale e la compromissione del sistema immunitario. La tossicità da aspartame può mimare i sintomi di parecchie malattie e/o peggiorare patologie come: sclerosi multipla, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, fibromialgia, artrite, sensibilità chimica multipla, sindrome da affaticamento cronico, sindrome da carenza di attenzione, sindrome da panico, lupus, difetti di nascita, linfoma, malattia di Lyme, ipotiroidismo, depressione e altri disturbi psicologici, diabete e complicanze.
Molte delle patologie elencate da Roberts rientrano nella categoria di «malattie misteriose» prive di una chiara eziologia e di una cura efficace. Mentre nessuno indica l’aspartame come la sola causa di tali malattie, la ricerca di Roberts suggerisce che alcune persone a cui sia stata diagnosticata, per esempio la sclerosi multipla, la sindrome di Parkinson o l’affaticamento cronico, possono finire in un regime di medicine potenzialmente nocive che avrebbero potuto evitare smettendo semplicemente di ingerire prodotti contenenti aspartame.
In realtà, la vicenda dell’aspartame è parte di un problema molto più vasto: in Europa e negli Usa circolano almeno 3000 prodotti chimici di largo consumo dei quali solo la metà è stato sottoposto a test di tossicità e meno del 20 per cento è stato testato per studiarne l’effetto sui bambini. Sembra proprio che nella società occidentale si stia conducendo un esperimento su larga scala direttamente sulla gente, usando i bambini come cavie. L’attuale legislazione parte dal presupposto che i prodotti chimici siano innocui ed è solo anni dopo, quando finalmente vengono fatti studi appropriati, che ci si rende conto dei rischi reali. Nel frattempo le aziende produttrici hanno avuto tutto il tempo di recuperare gli investimenti, smaltire le scorte e inventarsi un sostituto, la cui tossicità sarà poi provata solo dopo qualche decennio.
Un circolo vizioso da cui sembra non esserci via d’uscita. Almeno fino a che qualche ricercatore coraggioso non decide di cantare fuori dal coro.
«Noi non studiamo agenti presupponendo che siano pericolosi – precisa Morando Soffritti, direttore scientifico del Ramazzini – ma perché sono stati largamente diffusi senza che ci siano alcuni dati che confermino la loro sicurezza o meno, o perché ci sono studi che non sono stati condotti adeguatamente».
La storia dell’aspartame è anche la storia del trionfo degli interessi delle grandi aziende sul rigore scientifico. Ed è una buona occasione per riflettere sulle procedure arcaiche che sono ancora alla base dei processi di autorizzazione degli additivi alimentari, la cui approvazione non tiene conto della dieta corrente delle persone, delle possibili interazioni con altri additivi e con lo stile di vita – come per esempio, il danno neurologico causato dall’ingestione o l’esposizione a pesticidi.
La maggior parte degli studi sull’aspartame sono esperimenti su animali, che per i produttori e gli organi di controllo rappresentano un’arma a doppio taglio: se una ricerca su animali non trova evidenze di effetti nocivi, il produttore può usarlo per appoggiare il suo caso; se d’altra parte dimostra degli effetti nocivi, il produttore si sente libero di rivoltare la frittata con l’argomentazione che gli esperimenti su animali sono inconcludenti in relazione agli esseri umani. Un motivo in più per dare ragione a chi si batte contro l’utilizzo di animali nei test di laboratorio.
«Si consideri solo questo» precisa Fiorella Belpoggi, vice-direttore scientifico e direttore del dipartimento di patologia del Ramazzini, «non c’è un composto trovato cancerogeno nell’animale che poi nel tempo non sia stato trovato cancerogeno anche nell’uomo e non c’è composto cancerogeno trovato epidemiologicamente nell’uomo che poi non sia stato dimostrato cancerogeno nell’animale… Naturalmente stiamo parlando di ricerche indipendenti, con standard di qualità elevate: un altro conto è fare della ricerca sponsorizzata, con i risultati già «pianificati», perché quando si cominciano a sacrificare gli animali dopo quaranta settimane, che è come ammazzare un uomo a 25 anni, è difficile che si trovi un tumore. Sarebbe come dire, per non vedere un’incidenza così alta di tumori nella popolazione anziana, ammazziamoli tutti prima.»
La storia dell’aspartame è interessante anche per il gran numero di persone che hanno rifiutato il mantra «se è approvato dal governo deve essere sicuro».
L’aspartame non è un farmaco salvavita. Non è neanche un prodotto dietetico efficace, come dimostra la diffusione dell’obesità in Occidente e le stesse prove effettuate all’Istituto Ramazzini.
Fino a che le numerose riserve sul conto dell’aspartame non saranno verificate con ricerche approfondite direttamente sugli esseri umani, indipendenti dalle multinazionali, randomizzati, su larga scala, a lungo termine, a doppia mandata e a prova di placebo, il buonsenso dovrebbe consigliarne di sospenderne il consumo. Cosa fanno invece le autorità che dovrebbero vigilare sulla nostra salute? I risultati delle ricerche effettuate all’Istituto Ramazzini sono stati comunicati già lo scorso aprile al Ministero della salute, all’Istituto superiore di sanità, all’Agenzia europea per la sicurezza alimentare e al National Cancer Institute americano. Per ora al direttore dell’istituto non è pervenuta nessuna risposta: l’aspartame continua ad essere consumato, nel silenzio più assoluto degli organi preposti, ogni giorno dai due terzi della popolazione adulta e dal 40 per cento dei bambini.

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