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Giancola: «Implantosofia, la nuova scienza per la cura dei denti»

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«I nostri denti sono collegati con il resto del corpo attraverso vie umorali, neurologiche e meridiani energetici» spiega il dottor Franco Giancola, esperto in materia riconosciuto a livello internazionale. «Per questo ho dato impulso a una nuova scienza, l’implantosofia».
Giancola: «Implantosofia, la nuova scienza per la cura dei denti»
«I nostri denti sono collegati con il resto del corpo attraverso vie umorali, neurologiche e meridiani energetici. Per questo ho dato impulso a una nuova scienza, l’implantosofia»: a spiegarlo è il dottor Franco Giancola, teramano con un retaggio di studi in nord Europa, odontoiatra e implantologo, esperto di omeopatia, medicina rigenerativa e medicina tradizionale cinese.
«Il dente è un organo all’interno di un organismo complesso e il nostro obiettivo è curare una malattia, non solo la sua conseguenza – prosegue Giancola – Avere questa visione olistica ci porta non solo a curare, ad esempio, la carie come cavità nel dente da pulire e tappare, ma come malattia evitando che colpisca nuovamente la persona. Occorre dunque conoscere il paziente nella sua interezza, conoscere le sue abitudini alimentari, gli stili di vita, eventuali patologie sistemiche, per poter prevenire oltre che curare le patologie orali. L’odontoiatria olistica intende la prevenzione e la cura orale come qualcosa che comprende non solo la bocca, ma tutta la persona».

Nuove strade nell’implantologia

«Oggi anche nell’implantologia dentale si possono imboccare strade nuove e più salubri» spiega ancora il dottor Giancola. «Occorre un approccio bio-logico, cioè biocompatibile e basato sulla più che logica asserzione che occorre garantire la salute complessiva del paziente. La persona deve avere un buon terreno, va migliorato il metabolismo osseo, occorre assicurarsi che abbia adeguati livelli di vitamina D, anche somministrando integratori. Poi va preparato dal punto vista immunologico, magari con l’utilizzo di antibiotici naturali, come gli estratti ai semi di pompelmo e la propoli. La tecnica chirurgica deve essere meno traumatica possibile; quando si può, non vanno aperti i lembi delle gengive, basta praticare un piccolo foro procedendo con la tecnica flapless; i tessuti reagiranno molto meglio. Andrebbero inoltre evitate le frese, che rovinano l’osso; meglio l’apparecchio piezoelettrico, che non danneggia nervi e vasi sanguigni, rispetta la struttura dell’osso e permette una riparazione dei tessuti più veloce».

Per questi motivi, Giancola ha dato impulso a una nuova scienza che è stata definita implantosofia.

Una valutazione olistica del paziente

«L’implantosofia e’ una scienza non-lineare che non vede solo una mandibola da “trapanare” e un impianto da “avvitare” – aggiunge Giancola – Purtroppo attualmente l’odontoiatria istituzionale deriva da un retaggio culturale odontotecnico. L’implantologo tradizionale si preoccupa della quantità di osso disponibile per inserire un impianto in titanio che dovrà servire da ancoraggio per la protesi, sempre in metallo. Tutto lo sforzo del professionista è indirizzato alla tenuta temporanea e locale del manufatto, dimenticando il paziente. La riabilitazione della bocca è basata sull’utilizzo prevalente di strutture metalliche. L’implantosofia analizza  invece il perché della perdita del dente e ricostruisce scrupolosamente  il vissuto del paziente. Vengono analizzate le predisposizioni genetiche, gli stili di vita e le eventuali disfunzioni o patologie sistemiche. Esistono correlazioni energetiche e umorali bidirezionali tra organi e denti  che l’implantosofo ricerca per stabilire un percorso terapeutico piu’ congruo».

Il paziente è responsabilizzato

«In questa nuova scienza il paziente viene responsabilizzato e partecipa in modo proattivo nella diagnosi corretta del problema, nelle scelte terapeutiche e nella gratificazione dei risultati ottenuti. Nel predisporre un percorso terapeutico viene sempre tutelato il paziente, rispettati i tessuti e scelti i materiali più idonei. Operativamente si predilige una chirurgia minimamente invasiva con tecnica flapless, piezochirurgia e terapia rigenerativa autologa. Tutto ciò per ridurre i disagi post-intervento, velocizzare i tempi di guarigione ed evitare il dolore.
Nell’approccio al paziente il medico tiene sempre in mente le 5 “r”: ricercare, riequilibrare, risanare, rigenerare e riabilitare. Nello studio e nella terapia vengono, inoltre, coinvolte tutte le branche mediche naturali quali omeopatia, agopuntura, medicina quantistica, ozonoterapia, ossigenoterapia iperbarica, nutraceutica, psicocibernetica e medicina rigenerativa autologa».

Un sano rapporto medico-paziente

«Con questo approccio il paziente diventa co-attore del processo di guarigione, si prende in carico e condivide le responsabilità – è sempre Giancola – Viene riscoperto un sano rapporto medico-paziente e ogni scelta ponderata. L’impianto deve essere “accettato” prima di essere posizionato e il sorriso ritrovato una gratificazione».
«La diagnosi inizia con un colloquio per valutare le aspettative e conoscere il paziente. Viene successivamente eseguita una visita odontoiatrica accurata, fatte delle foto e prese delle impronte. Successivamente vengono prescritte delle indagini diagnostiche ed eventuali esami di laboratorio. Solo dopo uno studio accurato si propone un percorso terapeutico analitico che verrò discusso con il paziente. La terapia si inizia solo se il paziente ha superato le eventuali perplessità e condivide le scelte».
«Nella mia trentennale esperienza di chirurgia implantare ho avuto modo di valutare gli esiti in funzione dei vari approcci terapeutici – prosegue il dottor Giancola – Tutti i pazienti che hanno seguiti un percorso “implantosofico” hanno avuto sempre dei  risultati positivi. In quei pochi casi di insuccessi locali (perdita dell’impianto) non è stato visto come un fallimento ma come una scelta da rivedere.  Utilizzando tecniche minivasive, materiali altamente biocompatibili e la medicina rigenerative (fattori di crescita piastrinici e cellule staminali proprie) non si provoca alcun danno. Ogni intervento è sempre migliorativo. L’odontoiatra  deve tornare a essere medico, avere una visione globale e non nuocere alla salute.  E il paziente deve capire che non può delegare tutto  l’esito delle sue cure al suo dentista ma essere partecipe nel percorso terapeutico».
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