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Quando gli antibiotici non funzionano più

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La terapia antibiotica a volte non riesce a debellare i batteri. Non esistono solo quelli resistenti agli antibiotici, ma anche quelli persistenti, che restano allo stato dormiente e si risvegliano successivamente
Da qualche anno si segnala la presenza di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici che mietono milioni di vittime ogni anno in tutto il mondo, dovute in larga misura all’abuso di antibiotici, non solo nelle prescrizioni mediche, ma anche per l’uso sconsiderato che se ne fa negli allevamenti a scopo cosiddetto preventivo. In proposito, segnaliamo il dossier pubblicato da Terra Nuova che si può richiedere anche in formato digitale, dal titolo “Un antibiotico ci seppellirà?”.
Gli scienziati però rilevano un altro fenomeno insidioso che riguarda i batteri: quello dei cosiddetti “batteri persistenti”, ossia quegli agenti patogeni che non hanno sviluppato una resistenza ma non vengono comunque attaccati dai trattamenti antibiotici, restando silenti in uno stato d’inattività che tuttavia può mutare più avanti nel tempo, quando poi si risvegliano e infettano l’organismo che li ospita. Comprendere come trattare questo tipo di batteri diviene dunque altrettanto fondamentale quanto trovare una soluzione ai batteri resistenti per poter salvare le persone che ne sono vittime.
In questa direzione una speranza arriva da una nuova ricerca in cui si è scoperto il meccanismo mediante cui alcuni batteri sono in grado di sopravvivere ai trattamenti antibatterici – o antibiotici. La scoperta è stata fatta dai ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme: un lavoro che potrebbe aprire la strada a nuovi modi per controllare e combattere tali batteri.
Fino a oggi si sapeva di una connessione tra questo tipo di batteri e una tossina naturale, detta “HipA”, che si trova nei batteri. Tuttavia, gli scienziati non erano a conoscenza di quale fosse il bersaglio cellulare di questa tossina e come la sua attività inneschi la dormienza dei batteri.
A colmare questa lacuna ci hanno pensato il prof. Gadi Glaser della Facoltà di Medicina e la prof.ssa Nathalie Balaban dell’Istituto di Fisica Racah che hanno condotto questo studio in merito.
I risultati della loro ricerca, di cui dà notizia l’università stessa, hanno mostrato che quando gli antibiotici attaccano questi batteri, la tossina HipA interrompe il processo chimico di “messaging” necessario alle sostanze nutritive per costruire le proteine. Questo fattore è interpretato dai batteri come una specie di “segnale di fame” che li induce a uno stato inattivo (o dormienza) in cui essi sono in grado di sopravvivere fino a che il trattamento antibatterico non sia cessato, e possono in seguito riprendere la loro attività dannosa.
Compreso questo meccanismo, vi è la possibilità concreta di poter agire su di esso facendo sì che questi batteri non restino inattivi fino a un momento successivo e diventino pertanto suscettibili ai trattamenti antibiotici in modo che possano essere debellati.
Fonte: La Stampa

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