Rapporto Gimbe: «Sanità pubblica, i numeri del collasso»
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La Fondazione Gimbe ha pubblicato il settimo rapporto sulla sanità pubblica e ne esce un quadro di assoluta emergenza: deficit di decine di miliardi, i costi a carico dei cittadini aumentano e 4 milioni e mezzo di persone rinunciano alle cure, il personale sanitario abbandona il servizio pubblico.
Lo scenario indica una situazione prossima al non ritorno: gap complessivo di 52,4 miliardi di euro; crisi motivazionale del personale che abbandona il Servizio sanitario nazionale; boom della spesa a carico delle famiglie (+10,3%); quasi 4,5 milioni di persone nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici; diseguaglianze regionali e territoriali; migrazione sanitaria e disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati. «I princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate» dice Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe.
Definanziamento cronico
«La grave crisi di sostenibilità del SSN – afferma Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi, che hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente». Nel periodo pre-pandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro tra tagli e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati. Negli anni 2020-2022 il Fondo sanitario nazionale è aumentato di 11,6 miliardi di euro, ma la cifra è stata interamente spesa per il COVID-19, quindi il SSN non è stato rafforzato nella sua struttura e le Regioni non hanno mantenuto in ordine i bilanci. Per gli anni 2023-2024 il FSN è aumentato di 8.653 milioni: tuttavia, nel 2023 1.400 milioni sono stati assorbiti dalla copertura dei maggiori costi energetici e dal 2024 oltre 2.400 milioni sono destinati ai rinnovi contrattuali del personale. «Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: infatti, secondo il Piano Strutturale di Bilancio deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei Ministri, il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027» spiegano da Gimbe.
Crescita del peso sulle famiglie
Rispetto al 2022, nel 2023 i dati ISTAT documentano che l’aumento della spesa sanitaria totale (+ 4.286 milioni di euro) è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (+ 3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (+ 553 milioni). «Le persone – spiega Cartabellotta – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie, con pesanti ripercussioni sui bilanci familiari». La spesa out-of-pocket – ovvero quella pagata direttamente dai cittadini – nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% (+ 3.806 milioni) in un solo anno. «Una cifra enorme – commenta il Presidente – e largamente sottostimata». Secondo l’ISTAT nel 2023 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: lunghi tempi di attesa, difficoltà di accesso, problemi economici. E per motivi economici nel 2023 hanno rinunciato alle cure quasi 2,5 milioni di persone (4,2% della popolazione), quasi 600.000 in più dell’anno precedente.
Crisi del personale sanitario
«La sanità pubblica – commenta Cartabellotta – sta sperimentando una crisi del personale sanitario senza precedenti. Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non ritorno». Secondo la Fondazione ONAOSI, tra il 2019 e il 2022 il SSN ha perso oltre 11.000 medici per licenziamenti o conclusione di contratti a tempo determinato e ANAAO-Assomed stima ulteriori 2.564 abbandoni nel primo semestre 2023. «Ma la vera crisi – continua Cartabellotta – riguarda il personale infermieristico: nonostante i crescenti bisogni, anche per la riforma dell’assistenza territoriale, il numero di infermieri è largamente insufficiente e, soprattutto, le iscrizioni al Corso di Laurea sono in continuo calo, con sempre meno laureati». Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media OCSE (9,8).
Livelli Essenziali di Assistenza e divario Nord-Sud
Rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) – le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket – nel 2022 solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud. «Siamo di fronte – commenta Cartabellotta – ad una vera e propria frattura strutturale Nord-Sud nell’esigibilità del diritto alla tutela della salute. A questo quadro si aggiunge la legge sull’autonomia differenziata, che affonderà definitivamente la sanità del Mezzogiorno, assestando il colpo di grazia al SSN e innescando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti che avrà conseguenze devastanti per milioni di persone».
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