Coronavirus: sui media campeggiano persone con mascherine, intimorite, preoccupate; i termoscan negli aeroporti, i titoli sui contagi, le invocazioni di misure drastiche. «Stiamo parlando di una sindrome influenzale, non c’è nulla di nuovo in ciò che sta accadendo. E l’allarmismo che c’è è esasperato e ingiustificato» spiega Tom Jefferson della Cochrane Collaboration.
A intervenire sull’allarme Coronavirus dalla Cina è Tom Jefferson, medico epidemiologo, Senior associate tutor del Centre for Evidence Based Medicine dell’Università di Oxford e noto per gli studi sull’influenza e sulle sindromi influenzali che ha condotto per la Cochrane Collaboration.
«Premetto che sono un epidemiologo e non un virologo; detto questo, non posso non lanciare un appello al buon senso, al senso critico e alla misura! Sono primo autore di revisioni Cochrane sugli interventi per fermare la trasmissione dei virus respiratori1 e lavoro da molti anni sulle sindromi influenzali. Posso dire che rimango perplesso dall’allarmismo che sta circolando e che i mass media nutrono ogni giorno con titoli e immagini a effetto».
«È stato scatenato il panico»
«Oggi ciò a cui siamo di fronte è un agente di sindrome influenzale – prosegue Jefferson – Eppure è stato scatenato il panico, una caccia all’untore che non ha ragion d’essere. Teniamo presente che quando vediamo per strada una persona con i sintomi del raffreddore, potremmo trovarci di fronte a un soggetto che può avere contratto uno di almeno 200 agenti noti che danno quei sintomi, più quelli a noi non ancora noti (come lo era fino a poco tempo fa il 2019 nCoV). E quando a un medico o a un infermiere si presenta un paziente che ha i sintomi della sindrome influenzale, cioè febbre, tosse, naso bloccato, dolori articolari, spossatezza e via dicendo, da un punto di vista clinico non ha modo di capire quale agente ha di fronte, a meno che non vengano eseguiti esami diagnostici, impensabili da attuare a tappeto sulla popolazione sintomatica. Peraltro, anche quando si riesce a fare una diagnosi risulta poi inutile, perché non ci sono farmaci da utilizzare e generalmente dopo 2-3 giorni il paziente migliora e guarisce dopo una settimana».
I dati di mortalità complessivi in Cina
«Nel caso a cui si è di fronte ora, la diagnosi è importante per identificare i casi e seguirne e isolare i contatti. Ma di solito questa procedura si attua solo in casi di estrema contagiosità o gravità. Dobbiamo comunque inserire la questione del coronavirus nel suo corretto contesto – prosegue Jefferson – In Cina ogni anno muoiono 8 persone ogni mille per tutte le cause che, moltiplicate per un miliardo e mezzo di abitanti fanno un numero impressionante di morti. Le cause principali2 sono i tumori (28%), i problemi di cuore (21%), le malattie cerebrovascolari (11%) e via via a scendere fino alle morti per malattie infettive che rappresentano, complessivamente, lo 0,9% delle morti. A oggi i morti per il coronavirus sono 493 in totale; quindi di cosa stiamo parlando? Peraltro, come tutte le epidemie, non ha origine nel nostro paese e proviene da un continente dove c’è promiscuità tra uomini e animali. Benché ciò non giustifichi affatto questa sinofobia o xenofobia che si è innescata; va semplicemente fatta una constatazione di fatto e di buon senso».
«Un confronto con la grande pandemia influenzale del 2009 è interessante. Nel maggio del 2009 vi erano stati 5.337 casi di influenza AH1N1 che rappresentavano il 21.2% delle persone con sindrome influenzale testate. Si erano verificati 97 decessi con un tasso di mortalità del’1.8%3. Ad oggi il tasso di mortalità per il coronavirus del 2019 è alto a Wuhan (4,9%) ma più basso in tutta la Cina (2%). Per ora e’ incalcolabile perché troppo basso nel resto del mondo. Queste stime sono destinate a cambiare perché sono calcolate in corso di epidemia. Il tasso di infettività è ancora da accertare in maniera definitiva4».
«Si fa mercato della paura»
«Purtroppo oggi più che mai si fa mercato della paura, che viene amplificata dai media. Se dovessi fare raccomandazioni ai cittadini direi loro di non fumare, di non bere bevande gassate e zuccherate e di prestare grandissima attenzione a quando attraversano la strada, soprattutto se vivono e si muovono nelle metropoli».
«Non facciamoci spaventare quando leggiamo che un paziente è stato ricoverato all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, perché è giusto così in quanto lì hanno un livello altissimo di competenze nelle pratiche di isolamento dei malati infettivi e hanno già predisposto tutto per attuare le pratiche di contenimento che consentono a tutti noi di stare più tranquilli. Nel nostro paese e in Europa siamo efficacemente organizzati per il contenimento delle epidemie, quindi il fatto che scattino determinate misure dovrebbe tranquillizzare la cittadinanza, non creare allarme!».
«Peraltro le sindromi influenzali si possono prevenire tutto l’anno, almeno in grande parte, indipendentemente dall’agente causale. Si prendono le misure efficaci, come il lavaggio mani, l’isolamento dei malati, e l’uso di barriere. Sappiamo che queste misure funzionano come il nostro lavoro di sintesi anche di studi condotti durante l’epidemia di SARS del 2003 dimostra (1). Circa il 40% delle sindromi influenzali non ha una causa nota, addirittura alcuni casi potrebbero non essere infettivi. Ci sono prove interessanti da studi fatti in ambienti chiusi con ventilazione scarsa che ci dicono che anche l’inquinamento ambientale può causare sindromi influenzali. Ma non ne parla nessuno, perché non c’è business immediatamente associabile».